Perché?

Immancabilmente, come ad ogni occasione, ho appena esercitato il mio diritto/dovere di cittadino italiano, imbucando il mio plico elettorale per le elezioni del 4 marzo.
La procedura è sempre la stessa, un rituale complesso e quasi messianico che prevede il giusto incastro di buste, schede e tagliandi per evitare di vedersi invalidare il voto.
Il grosso vantaggio rispetto agli elettori residenti in Italia è che noi delle circoscrizioni estere abbiamo la possibilità di esprimere delle preferenze, e quindi ho potuto scegliere dei candidati che mi rappresentano pienamente (chi mi segue sulle reti sociali sa cosa voto, quindi non vi ammorbo anche qui).

Fra l’altro, questo è un anno particolare, perché mi ritroverò a votare sia per il parlamento italiano che, a settembre, per quello svedese.

Sempre immancabilmente, ad ogni occasione mi arriva la grande domanda: “Perché?”.
“Perché tu che te ne sei andato continui ad interessarti di politica italiana quando le cose che vengono decise non ti toccano?”

La risposta è sempre la stessa:

  • perché sono cittadino italiano,
  • perché quello che fa l’Italia in termini di politica estera ha un impatto anche sulla mia vita,
  • perché devo interagire con i consolati italiani,
  • perché ho proprietà in Italia, e, quindi, quello che decide l’Italia in termini di politiche tributarie ha un impatto sulla mia vita,
  • perché un giorno potrei decidere di tornare a vivere in Italia o perché potrebbe farlo mia figlia,
  • perché semplicemente è un diritto e dovere! 

Quindi, lo scrivo qui e mi riservo di spedire questo link a tutti quelli che mi rifaranno la solita domanda. Buon voto a tutti!

10 pensieri riguardo “Perché?

  1. Una cosa non mi quadra: tu puoi votare per il Parlamento italiano E per quello svedese?
    Io, se prendessi anche la cittadinanza tedesca, potrei votare solo per quello italiano O per quello tedesco (legalmente, che poi è praticamente impossibile controllare che io rispetti la coa). Al momento dell’ottenimento della cittadinanza dovrei dichiarare per quale dei due paesi voglio essere elettore.

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      1. Non me lo disse l’Ambasciata, me lo dissero le autorità tedesche.
        Boh.
        Comunque per ora non è un problema, visto che non ho chiesto la cittadinanza tedesca.

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  2. Io, invece, cittadina italiana residente in italia, ma all’estero per lavoro, per la seconda volta non potró esercitare il mio diritto. Ci sono paesi in cui le ambasciate italiane funzionano, altri in cui funzionano meno, altri in cui proprio non ci sono: quando ero in Sud Sudan, l’ambasciata competente era Addis Abeba (Etiopia), ora che sono in Siria é quella di Beirut (Libano). Quando ero in Kurdistan, paese con ambasciata a Baghdad e consolato ad Erbil, non ho potuto votare perché “la situazione instabile del paese non consente le normali operazioni di voto”. Ora, capisco che non siamo un gran numero, ma gli operatori umanitari lavorano sempre in paesi molto instabili. Siamo quelli che li aiutiamo davvero a casa loro, ma non abbiamo diritto di voto.
    Sicuramente ci sono problemi logistici, ma visto che tutte le missioni all’estero sono approvate e pagate dal Ministero degli Esteri e che questi problemi non esistono mai per i militari, ma solo per gli umanitari, qualosa non mi torna. Il diavoletto sulla mia spalla mi suggerisce “perché sanno benissimo da che parte votate voi e da che parte votano i militari”. Ma sicuramente é una malignitá.

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  3. Io mi trovo nella stessa situazione di italiana all’estero, da ormai 15 anni. Onestamente non voto da qualche anno e mi interesso poco di politica italiana sia per mancanza di tempo sia perché realisticamente quello che succede in Italia ha meno impatto su me e sulla mia famiglia ovviamente che se vivessi in Italia. Anche per questo mi domando se abbia molto senso questo sistema italiano di cittadinanza a oltranza a generazioni che a stento parlano l’italiano.

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    1. Guarda, sfondi una porta aperta. Io sono per limitare lo jus sanguinis a 2 generazioni al massimo (dopo quella dell’emigrato), a meno che una delle persone non torni a prendere la residenza in Italia. E all’introduzione di uno ius soli temperato.

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