Svezia: Inferno e Paradiso

Finalmente, dopo che ne avevo assaggiato alcuni spezzoni su YouTube, io e mia moglie ci siamo messi a guardare la versione integrale di Svezia, Inferno e Paradiso, storico documentario shock italiano che, alla fine degli anni ´60, contribuì ad alimentare una serie di assurdi luoghi comuni sulla Svezia.
Il documentario ottenne un buon successo in Italia e all’estero, creando miti assurdi e (pare) favorendo il turismo sulle tratte aeree che conducono a Stoccolma.

Innanzitutto viene da chiedersi come mai Luigi Scattini abbia deciso di infamare proprio la Svezia, fra tutti i paesi in cui c’era un livello di emancipazione differente rispetto a quello Italiano. I fattori devono essere molti: sicuramente il fascino esercitato dalla donna bionda svedese che arrivava in Italia e che si mostrava in giro senza essere accompagnata da padre o marito (cosa spesso inconcepibile ancora nell’Italia degli anni ’60), che si permetteva di bere in pubblico o di agire in maniera indipendente.

Una spinta devono anche averla data film come Io Sono Curiosa – Giallo di Vilgot Sjöman o Monica e il Desiderio di Ingmar Bergman che, con le loro scene di nudo e/o argomenti sensuali, avevano creato un’immagine certamente distorta della società svedese.
Ovviamente, la legalità della pornografia era un altro elemento a favore del mito del svensk synd (il “peccato svedese”)…

Fatto sta che Scattini si deve essere divertito con gran gusto ad inventarsi situazioni talmente assurde dal far scompisciare dal ridere: lo sapete che le ragazze svedesi fanno tutte le sauna assieme e poi vanno a correre nude sulla neve? Che se provi a fermare un malvivente che ti sta rubando la macchina sarai arrestato, mentre lui potrà proseguire indisturbato nella sua opera? Che le ragazze non possono girare in periferia perchè saranno inevitabilmente stuprate da gang di biker? Lo sapete che l’arcipelago di Stoccolma offre una vista paradisiaca di ninfette che prendono sempre e rigorosamente il sole come mamma le ha fatte (strano che abbiano il segno del costume addosso!)? Che le vigilesse sono delle stronze insensibili che ti fanno la multa anche se sgarri di un minuto al parchimetro, e poi vanno a posare nude negli studi pornografici? Che le donne svedesi sono in realtà sempre depresse anche quando pensano di essere felici? Che i giovani abbandonano le famiglie e lasciano i genitori a morire da soli in un “cimitero degli elefanti”? Che il maschio latino non andava già più di moda negli anni ´60, ma che ogni ragazza del periodo si concedeva senza alcuna esitazione al primo africano che passava da quelle parti? Che i professori insegnano l’educazione sessuale utilizzando testi che in qualunque altra nazione porterebbero ad arresti di massa? Che le coppie svedesi non vogliono avere bambini se il momento non è quello giusto? Che le ragazze hanno le prime esperienze sessuali all’età di cinque anni e ne parlano in televisione senza alcun problema (in realtà, per chi conosce lo svedese, la ragazza dice di avere avuto il primo accenno di educazione a quell’età, ma la narrazione, sia in Italiano che in Inglese, trasforma il tutto in “prima esperienza”). Che gli svedesi non hanno alcun futuro perchè finiranno inevitabilmente suicidi o alcolizzati?

Il tutto è narrato sempre con un tono estremamente moralista e scandalizzato, aggiungendo puntualizzazioni gratuite spesso assolutamente spiazzanti.
Ovviamente il film non fu accolto molto bene in Svezia: fu trasmesso dalla televisione nazionale nell’ambito di una serie di programmi del tipo “come ci vedono”, ma fu anche pesantemente tagliato perchè molte delle persone riprese non avevano dato alcun consenso ad essere immortalate. Il giorno dopo la trasmissione, le proteste furono molto accese.

A guardarlo oggi, fondamentalmente, ci si fa del gran ridere. Si capisce chiaramente l’intento scandalistico del regista e la sua voglia di fare cassa esponendo più carne femminile possibile e presentando storielle in grado al tempo stesso di fare scalpore ed allupare il buon vecchio maschio latino. Mia moglie lo ha preso a metà fra il ridere e l’incazzatura (“Come si permette questo di infangare il mio paese in questa maniera”?), ma alla resa dei conti la conclusione è una sola: con tutto quel falso moralismo, e con l’esposizione di quelle che, di fatto, sono solo sue fantasie, alla fine la figura peggiore la fa proprio il regista.

Visione consigliata? Se volete sì, ma prendetelo appunto per quello che è: una divertente sequenza di vaccate con qualche pizzico di verità e tanta, tanta fantasia un po’ malsana…


Piccolo aggiornamento: nella recensione mi sono dimenticato un commento per la bella colonna sonora, composta di brani jazzy originali di Piero Umiliani (fra cui la versione originale di quel Mahna Mahnà reso celebre dei dei Muppets) e gioiellini pop del periodo. Sicuramente la cosa migliore del documentario!

Donne nude (in televisione)

La televisione la guardavo pochissimo in Italia, e la guardo poco anche in Svezia, magari giusto per qualche partita di calcio o quando mia moglie guarda qualcosa che interessa a lei.

Qualche tempo fa, durante una trasmissione calcistica svedese, ho notato un particolare che mi ha lasciato colpito: la donna che era presente in trasmissione era vestita di tutto punto, con una maglietta girocollo, non ammiccava, stava rigorosamente dietro una scrivania e parlava con una certa competenza (almeno a quello che ho potuto intuire) dell’argomento tecnico/tattico insieme ai suoi colleghi maschi. E non è perché, lo dico solo a scanso di equivoci, non fosse una bella donna.

La cosa mi ha portato a riflettere profondamente sull’uso della sensualità esasperata, nella televisione italiana; mettere tette e culi in bella mostra, il tutto per fini di audience.
Sia chiaro, certe cose le so già da me, ho anche visto Videocracy e mi sono incazzato abbastanza al riguardo, però il confrontarsi con la quotidianità di certe situazioni alla fine ti offre veramente una visuale differente.

Prendiamo un esempio semplice: gli spot pubblicitari. Qualche giorno fa mi è capitato di vedere questo spot italiano, che accompagna la Serie A 2010/2011: Spot TIM.
Ecco: mi starò svedesizzando, ma mi ha davvero dato fastidio, l’ho trovato davvero gratuito e grossolano.

Spot del genere, qui, non mi è capitato di vederne. Il che non vuol dire necessariamente che non ci siano, non lo metto in dubbio, però in Italia sono la norma.

Per carità, non si può dire che manchi l’elemento sensualità, però il tutto è sempre fatto in maniera diversa, più aggraziata e, spesso, con vera ironia (niente boiate alla Christian De Sica, per intenderci).
Uno spot come quello della Tim, qui non solo non raggiungerebbe il suo scopo, ma darebbe sicuramente molto fastidio e, probabilmente, metterebbe in imbarazzo chi dovesse proporlo.
Qualche giorno fa ho raccontato a mia moglie del caso che ha visto protagonista Bruno Vespa e la scollatura della vincitrice di un colloquio letterario, e lei mi ha detto che in Svezia uno così perderebbe immediatamente il posto.

Nel cinema il discorso non pare essere molto diverso. Prendiamo i film comici svedesi, anche i blockbuster locali: l’esibizione gratuita della carne-merce, alla stessa maniera dei cinepanettoni, nei film che ho visto, non esiste.

Ma, sia chiaro, non c’è assolutamente nulla contro il nudo. Quando serve viene mostrato: se c’è la necessità di essere sensuali, si può fare. La differenza è che non c’è l’ostentazione gratuita.

Non solo: il nudo “non sensuale”, qui non scandalizza nessuno. Qualche tempo fa ho parlato della serie per bambini Ronja: ecco, in quella serie c’è una scena, assolutamente comica ed esilarante, in cui una dozzina di uomini barbuti vengono costretti dalla mamma della protagonista a lavarsi al freddo nella neve. Completamente nudi e senza alcuna censura, perché non c’è alcun intento sessuale nell’esposizione dei genitali maschili in quel contesto. Era semplicemente una cosa divertente. Ribadisco che Ronja è una miniserie per bambini.

Di più: lo scorso natale mi è capitato di vedere un programma/documentario (originario della televisione norvegese) in cui una famiglia faceva il bagno immergendosi in un lago ghiacciato, dopo avervi aperto un buco. C’erano due ragazzine (età circa 12 e 16 anni, direi) che restavano in mutande e si immergevano nel buco senza null’altro addosso. Potete immaginare cosa sarebbe successo in Italia se la televisione pubblica avesse trasmesso una cosa del genere, assolutamente naturale e senza alcun intento deviato?

La verità è che in Italia ci sono situazioni malate, anche se nessuno sembra volersene accorgersene: si censurano e nascondono cose completamente innocue che dovrebbero essere naturali, si ostenta in maniera deviata tutto il possibile quando serve a vendere qualcosa.

La colpa è sicuramente di chi ha avuto in mano il sistema televisivo per trent’anni, ma, non nascondiamoci dietro un dito, anche del retroterra socio-culturale che l’ha permesso.