No, la scuola svedese non torna al 1950

Da ieri leggo diverse idiozie su come la Svezia abbia deciso di buttare i tablet nelle scuole, e tornare a carta, penna e calamaio. Esultano conservatori e neoluddisti italiani che, senza capire un tubo, dicono: “visto? avevamo ragione noi!”

Ovviamente, la notizia, messa in questi termini, è una clamorosa bufala.

Il solito giornalismo italiano di “qualità” condiviso in maniera acritica sui social network.

Quello che è successo è semplicemente questo: qualche tempo fa, Skolverket (l’agenzia indipendente che si occupa di pianificare l’educazione) ha fatto una proposta per un piano di digitalizzazione per il 2023-2027, proposta che prevede una spinta sempre maggiore verso la tecnologia e l’introduzione del digitale nella scuola per l’infanzia.

La ministra della scuola Lotta Edholm e il ministro dell’educazione Mats Persson (entrambi liberali) considerano il piano troppo affrettato e hanno chiesto di rivederlo, prendendo in considerazione più pareri, inclusi gli esperti di ricerca cognitiva. La Edholm ha anche chiesto che le scuole non manchino di stanziare fondi per libri “fisici”, carta e penna.

Punto.

Nessun tablet è stato buttato via, e l’utilizzo delle tecnologie digitali in Svezia resta assolutamente elevato. Sin dalle elementari, ogni alunno ha a disposizione un laptop, e continuerà ad averlo. Una parte consistente dell’educazione viene tuttora, e continuerà ad esserlo, impartita per via digitale.

Che poi ci sia una discussione sul fatto che il livello di alfabetizzazione dei bambini svedesi sia calato, è vero. Ma non ci sono conclusioni definitive su quale sia la causa di questo calo, che peraltro è stato registrato anche in paesi che utilizzano molto poco le tecnologie digitali a scuola. E il livello di alfabetizzazione dei bambini svedesi resta fra i più alti in Europa.
Che ci sia un dibattito serio al riguardo, e che eventualmente si decida di rallentare aspettando dati scientifici e pareri di esperti è solo una cosa positiva.

Chi, però, ha atteggiamento da tifoso esultante di fronte ad una bufala dimostra solo una cosa: l’educazione che quella persona ha ricevuto non è stata adeguata a farle capire una notizia o, in caso di malafede da parte degli organi di stampa, di ricercare fonti serie che spieghino come stia esattamente la questione.

No, non è un complotto

Questo articolo del Post spiega ottimamente perché le politiche svedesi sul Coronavirus non stiano funzionando. Il pezzo racconta molto bene come, a paragone dei paesi vicini (gli unici cui si possa paragonare, per questioni demografiche, culturali e sociali), la Svezia stia andando malissimo.

Ovviamente, le reti sociali sono però ovviamente strapiene di rincoglioniti che immaginano complotti inesistenti, che si inventano giornalisti al soldo di Conte per certificare la validità delle scelte del governo italiano e denigrare la libera Svezia.

Uno dei video che gira più spesso è quello di un presunto giornalista di un sito complottaro che paragona la curva del grafico svedese a quella italiana. Peccato che il tipo non consideri assolutamente due fattori e non sia assolutamente in grado (o non abbia intenzione di farlo) di capire i numeri svedesi.

Esattamente come per la prima fase, la seconda ondata è arrivata in ritardo rispetto all’Italia. Ed è arrivata sul serio.

Il secondo fattore è che in Svezia i numeri arrivano spesso in deciso ritardo, e che quindi non si possono considerare attendibili quelli degli ultimi 10-15 giorni.

Questa animazione fatta la scorsa primavera mostra come la curva dei decessi tenda, in in un determinato momento, ad apparire molto più piatta di quanto non sia in realtà. Una volta che i numeri siano arrivati e siano stati inseriti nel giorno giusto (fenomeno che qui si chiama eftersläpning, ovvero rilascio ritardato), ecco che la situazione per lo stesso giorno apparirà molto diversa.

Chi, come il sottoscritto, ha guardato i numeri quasi quotidianamente sa che in determinati periodi l’inattendibilità dei dati è arrivata a quasi tre settimane.

Dire che non c’è una seconda ondata, perché si guardano i dati delle ultime due settimane e sembrano piatti è semplicemente incapacità di guardare i dati conoscendo il loro contesto. O malafede.

Con queste premesse, è molto probabile che una proiezione credibile dei dati attuali dei decessi sia quella di questo grafico.

Per quanto riguarda la psichiatra italiana che lavora a Stoccolma, vorrei ricordare quegli “illustri” medici italiani che parlavano di virus clinicamente morto, o stupidate del genere. Non commento.

L’articolo di Expressen sulla seconda ondata mostra una situazione decisamente più tragica e realista. Fatevi un favore, usate Google Translate e leggetelo. Il link è questo.

Se poi pensate che i giornali italiani siano al soldo di Conte, devo dedurne che dobbiate pensare la stessa di cosa di quelli svedesi, ogni volta che appare una dura critica alla strategia locale. La lunga mano del Presidente del Consiglio ha dell’incredibile!

Per diversi mesi Folkhälsomyndigheten e l’epidemiologo di stato Anders Tegnell hanno detto di non credere ad una seconda ondata. Ora crescono il numero dei morti e la pressione sulla sanità, mentre la capacità di fare test ha raggiunto il limite in diverse parti del paese. Responsabili della sanità e politici ritengono cue gli errori di valutazione dell’autorità abbia influenzato la loro capacità di essere preparati e la volontà degli svedesi di seguire le restrizioni.


La strategia svedese non protegge i più deboli


La strategia svedese non regge più.


Critica contro la Svezia. Tattica sbagliata – ci sono stati più morti


Insopportabile, poi, leggere da parte di chi la Svezia l’ha vista solo col cannocchiale, celebrazioni di una sanità che è in realtà molto carente (scarso accesso ai medici, personale sovraccarico di lavoro, pochissimi letti d’ospedale, pochissimi esami preventivi) e del senso civico degli svedesi, quando ancora adesso nessuno è in grado di quantificare esattamente quanti non seguano le raccomandazioni di FHM (ancora di recente ho visto girare da parte di medici cifre a caso fra il 20 e il 50%), dato che non esiste alcun numero attendibile al riguardo.

Quindi, per tutti quelli che si augurano una strategia alla svedese in Italia, una bella domanda: se una strategia si rivela la peggiore possibile in una regione (il nord Europa) dove, per questione demografiche, culturali e sociali, è più “facile” contenere il virus… quanto bisogna essere cretini per pensare di poter proporre la stessa strategia in una regione in cui è più complicato farlo?

(e, sia chiaro… tutto questo senza esprimere alcun giudizio di merito su quanto si sta facendo in Italia)


Nota: questo articolo vi è stato offerto da un assegno pagato dal Presidente del Consiglio Conte.

E anche il Fatto Quotidiano…

… si inventa una rivolta di 300 anti-islamici che non c’è mai stata.
Complimenti a Michela Danieli per il fantagiornalismo!

Per sapere come sono andate le cose, vi rimando ovviamente a Tarquini e Repubblica lo fanno di nuovo

Sia chiaro: tutto questo senza volere sminuire i problemi legati all’estrema destra. Ma la verità non si inventa!

Tarquini e Repubblica lo fanno di nuovo

Una notizia semplice semplice:

  • Un provocatore svedese, invitando un noto provocatore danese, organizza un rogo pubblico del Corano nel quartiere “ghetto” di Rosengård
  • La polizia non dà l’ok a fare la cosa lì, ma la permette in una zona più tranquilla della città (cosa che non si può impedire, per via della libertà d’espressione)
  • In ogni caso, cercano di sabotare l’iniziativa bloccando l’ingresso nel paese del provocatore danese
  • I sostenitori dell’iniziativa vanno avanti lo stesso e bruciano* il Corano. È una piccola manifestazione con quattro gatti, ognuno di loro un perfetto imbecille.
  • 300 musulmani teste calde, per protesta, mettono a ferro e fuoco parte della città (peraltro condannati dalle associazioni islamiche locali).

Un buon riassunto in inglese si trova su The Local.

Ora, cosa si inventa Tarquini?

Si inventa che quelli che hanno messo a ferro e fuoco la città sono gli scandinavi di estrema destra. Non vi linko l’articolo su Repubblica, perché certa rumenta non se lo merita.

Ovviamente il luminare delle bufale viene sbugiardato da tutti i connazionali che lo accusano giustamente di avere scritto stronzate, e lui cosa fa?

Li accusa di essere di estrema destra.

Se non l’avessi visto, non ci crederei.

Ho il serio sospetto che qualcuno risponderà così:

Fino a quando Repubblica permetterà di pubblicare cose così vergognose, e a tollerare un simile atteggiamento da parte dei suoi giornalisti? Non lo sappiamo proprio!


* correzione. Alla fine lo avrebbero “solo” preso a calci.

Sceneggiate

Premesso, sono da qualche decennio un lettore di Repubblica, un tempo della versione cartacea, poi di quella web. Sono anche da tempo abbonato pagante di REP.

Posso dire senza problemi che Repubblica è il primo giornale italiano che leggo quando ho un attimo di tempo, e quello che leggo più spesso.

Proprio per questo motivo, per il mio essere un affezionato cliente pagante, mi aspetto che il giornale che acquisto rispetti gli standard di quella che dovrebbe essere la missione sacra del giornalismo: la ricerca della Verità.

Nel caso della copertura della gestione svedese della crisi da covid-19, questa ricerca non c’è stata: sono stati pubblicati articoli che hanno disinformato, con notizie false e dati incorretti, e la sensazione di una totale mancanza di oggettività da parte di chi li ha scritti.

Probabilmente Repubblica non è stata la sola ad agire così: se me la sono presa con loro, e non con altri giornali, è perché quegli altri giornali li leggo molto meno spesso, e quindi noto meno certi errori.

Fatto sta, che la situazione non poteva non saltare all’occhio, ed ora ha iniziato a fare scalpore.

In Svezia, la giornalista Jennifer Wegerup ha attaccato su Expressen i servizi della stampa italiana, Repubblica e Corriere in primis. I due quotidiano vengono descritti, in generale, come esempi di buon giornalismo, ma non in questo caso specifico.

Voglio essere chiara, io non prendo posizione contro o a favore della linea svedese di questa crisi. Ce l’ho invece con il giornalismo di parte e menzognero.

In una prospettiva più grande è importante in questo momento il fatto che noi giornalisti dei media tradizionali abbiamo una responsabilità molto più grande. Dobbiamo avere un atteggiamento critico sì, ma obiettivo, in un’epoca in cui le bufale abbondano. E non si tratta più solo di agenti solitari, ma di forze più grandi che vogliono destabilizzarci e creare divisioni fra le nazioni.

L’atteggiamento di certa stampa è stato notato anche nello stivale da parte di Giap, che ha pubblicato un pezzo a titolo Gli eretici di Stoccolma. Come e perché la stampa italiana disinforma su Svezia e coronavirus. Se pure non mi sento di condividere con certezza le conclusioni finali, i fatti riportati sono comunque corretti.

Infine l’ambasciata. Sì, si è dovuta scomodare persino l’ambasciata di Svezia in Italia che ha dovuto critica Repubblica e Corriere con questo comunicato su Facebook:

Come l’ha presa l’eroe di Repubblica che ha scritto i pezzi incriminati?

Lo ha fatto attaccando la sua collega svedese (“filogovernativa”), l’ambasciata svedese (“verità ufficiali di odore sovietico”) e tutti gli italiani in Svezia che gli hanno fatto notare l’inaccuratezza dei suoi post (“non ebbi paura in prigioni comuniste a Praga nè a Bucarest sotto i cecchini della Securitate, voi e le verità ufficiali svedesi non mi fate paura”) e sempre ripetendo ad nauseam il mantra “Repubblica fa informazione, le parole di Löfven sono state riportate in maniera corretta”.

Talmente corretta, che, alla faccia del presunto “Mea Culpa” ieri Löfven ha ribadito il suo supporto alla strategia svedese: “sta tenendo”.

La disinformazione di Repubblica

Scrive Andrea Tarquini su Repubblica:

CLAMOROSA e vergognosamente tardiva autocritica del premier svedese, il socialdemocratico Stefan Löfven, sull’emergenza coronavirus. “Non abbiamo fatto abbastanza”, ha detto il capo del governo della potenza egemone del Grande Nord all’emittente Svt.

Beh, o Andrea Tarquini utilizza un traduttore automatico o scrive volontariamente delle falsità.

Stefan Löfven ha detto tutt’altro:

“Beredskapen har inte varit tillräckligt bra”

Ovvero: ha detto che la Svezia non era sufficientemente preparata (dal punto di vista delle leggi, dei processi e delle risorse) ad affrontare grandi crisi. Crisi di qualunque tipo, e non necessariamente questa nello specifico.

Ha anche detto che il governo ha quindi dovuto iniziare un percorso per essere più pronti nel futuro, in termini di leggi, protezione civile e difesa totale, ed è soddisfatto del fatto che si stia trovando un largo consenso politico per lavorare a questo percorso.

Nessun “mea culpa”, di “clamoroso e vergognoso” c’è solo la falsità e la cialtroneria di certa informazione.


Aggiornamento:

In un mondo ideale, un giornalista che venga corretto da chi ne sa più di lui su un argomento, farebbe, lui sì, un mea culpa e pubblicherebbe una smentita.

Il signor Andrea Tarquini non accetta invece le critiche al suo articolo che sono arrivate da diversi italiani in Svezia e da svedesi. Critiche nel merito della traduzione e dei dati forniti.

Ecco i commenti su Twitter:

Ed ecco le meravigliose risposte:

Notare le due chicche:

  1. Lui l’ha letto su qualche agenzia di stampa è quindi è sicuramente vero. Sono “menzogne” quelle di chi, sapendo lo svedese, gli dice che la traduzione è sbagliata. Perché le agenzia sono infallibili e, ovviamente, un giornalista non deve andare a verificare alla fonte.
  2. Le minacce al direttore. DOVE CAVOLO SONO LE MINACCE AL DIRETTORE? Cos’è questo vittimismo da due soldi, in un contesto in cui non c’entra nulla? Chi, in questo post, o nei commenti su Twitter ha minacciato il direttore?

Se poi ce la si prende con chi dice che c’è o incompetenza o malafede (un sospetto in tal senso viene dal chiaro bias del tono dell’articolo, ma possiamo soprassedere): impari a fare il suo lavoro! Vada alle fonti, non si limiti a copincollare, faccia le necessarie verifiche, e non mischi fatti ed opinioni personali. Se non fa così, l’unico a dire menzogne è lei.

Sono bufale!


La Svezia è un paese che genera una quantità enorme di bufale sulle reti sociali e sugli organi di informazione italiani. Oltre a quelle, invero più dannose, dell’estrema destra che, a seconda della convenienza, immaginano il paese devastato dall'”ideologia gender” o dall’islamismo più radicale (come se le due cose fossero compatibili), non mancano anche gli esempi di bufale sognatrici, quelle che immaginano la Svezia come un paradiso dove si lavora poco e niente e dove tutto è spesato dallo stato.

Negli ultimi anni, leggendo link italiani, ho scoperto, fra le altre cose, che:

  • in Svezia si lavora solo sei ore
  • un’ora è dedicata al sesso
  • c’è l’ora di sport obbligatoria
  • i nonni vengono pagati 700 euro al mese per prendersi cura dei nipotini

In tutti questi casi si va da esempi di disinformazione a bufale vere e proprie. Si tratta di volta in volta di proposte di legge strampalate mai prese seriamente in considerazione, di ipotesi, di piccole sperimentazioni locali o di iniziative prese da specifici privati. Nel caso dei nonni stipendiati, poi, la bufala è totale.

Ad onor del vero, in molti casi, gli organi di informazione specificano poi la verità nel testo dell’articolo, ma il titolo acchiappa-clic resta volutamente equivoco e in bella evidenza, con il risultato di contribuire a condividere leggende metropolitane sempre più incredibili. Anche perché, e lo sappiamo benissimo, una buona parte dei lettori si limita, appunto, a leggere il titolo sulle reti sociali. E anche i presunti organi di informazione seri non rinunciano a questo trucchetto!

Perché succede questa cosa? Probabilmente, perché è dai tempi di Inferno e Paradiso che la Svezia fa notizia in questo senso e, nel mondo di internet in cui ogni clic è un dono da riportare urlando di gioia alle agenzie pubblicitarie, questi articoli sono una vera e propria manna: per molti lettori che si fermano, come detto, solo al titolo, ce ne sono tanti che una cliccata la danno comunque!

Posso solo dirvi che mi piacerebbe davvero tanto lavorare solo sei ore al giorno ogni settimana, dedicandone una al sesso, una allo sport, una a leggere un libro, una a mangiare a surströmming e una a dormire, non dovendo al tempo stesso preoccuparmi di mia figlia avendola affidata alle sapienti cure retribuite della suocera. La verità, purtroppo, è un’altra.

Personalmente, vi direi sempre di partire con questa forma mentale: se leggete una notizia troppo bella (o assurda) per essere vera, probabilmente non lo è. Poi, approfondite, leggete, e cercate di capire come stiano davvero le cose. La cosa vale per tutto, ma, a quanto pare, per la Svezia ancora di più.

I giornalisti italiani e l’ “Europa del Nord”

Un’idiozia che vedo ripetere spesso sui giornali italiani, è quella per cui paesi come Germania o Austria sarebbero l'”Europa del Nord”. L’ultimo a riproporla è Maurizio Ricci che, su Repubblica, scrive apertamente:

paesi che, in questi anni, hanno imparato a vedersi come “duri e puri”: Olanda, Germania, Belgio, Lussemburgo e Austria. L’Europa del Nord, insomma.

Ora, chiunque abbia un minimo di nozioni di storia e geografia sa benissimo che quella parte di Europa non può essere in alcun modo chiamata “Nord”. E il fatto che sia più a nord dell’Italia o che sia la parte dell’Europa più ricca (secondo l’approssimativa e spesso errata equazione ricco = nord) non cambia la cosa.

Basta una semplice occhiata alla cartina dell’Europa e alle sue suddivisioni storiche, per rendersi conto di quanto questa sia una fesseria:

Le suddivisioni dell'Europa. Immagine da Wikimedia su licenza Creative common.
Le suddivisioni dell’Europa. Immagine da Wikimedia su licenza Creative common.

Non c’è alcuna giustificazione che tenga. La Germania è sempre stata talmente fiera del proprio ruolo di faro centrale dell’Europa (anche prima dell’Unione Europea), che il termine più usato per descrivere la sua area geopolitica, è un termine tedesco: Mitteleuropa. Ed è così che l’insieme dei paesi citati da Ricci nel suo articolo dovrebbe essere chiamato: la Mitteleuropa o l’Europa Centrale. Al limite, si può aggiungere che il BeNeLux fa storicamente parte dell’Europa Occidentale… ma di sicuro non dell’Europa del Nord!

E, peraltro, i paesi dell’Europa del Nord, quella vera, non si identificano a tutti i costi nelle politiche germaniche: basti pensare all’euroscetticismo diffuso che ha portato alla conservazione le valute nazionali.
Inoltre, come già detto in passato, l’Europa del Nord è un’entità geopolitica ben definita, con tanto di proprio Consiglio internazionale.

Provate poi a dire ad un austriaco o un tedesco che è un nord-europeo e, nel migliore dei casi, lo vedrete mettersi a ridere.

Ho provato a contattare Ricci su Twitter (in maniera sarcastica, lo ammetto) e tutto quello che ho ottenuto è una clamorosa arrampicata sugli specchi.
Ricci Twitter

Capito, quindi? La Germania è al centro dell’Europa solo se (forse) vista dalla Svezia. Qualcuno lo dica alla Merkel!

Un pessimo giorno (anche) per la stampa svedese

Se in passato non ho mancato di elogiare la correttezza della stampa scandinava, oggi sono davvero critico e arrabbiato.
L’esempio più clamoroso viene da Dagens Nyheter, uno dei giornali più importanti di Svezia.

Homepage
Homepage

Articolo principale
Articolo principale

Né nella homepage, né nell’articolo principale viene raccontata appieno la storia dietro l’attentato di Parigi. Non vengono menzionate apertamente le vignette contro Maometto, né il fatto che l’attentato sia a probabile matrice islamica. Islam e musulmani non vengono nominati.

È vero, in questi giorni ci sono stati, in Svezia, attentati contro le moschee, ed è il caso di tenere la tensione al minimo.
Sono il primo a sostenere la necessità di un’informazione moderata e corretta, che faccia distinzione fra appartenenti ad una confessione e terroristi, ma quando si scende nell’autocensura totale non ci siamo proprio. Qui la si dà vinta agli attentatori. Qui si va contro la libertà.
Altri giornali sono più o meno sulla stessa linea, con magari qualche concessione in più alla realtà dei fatti.

Il mio pensiero lo esprimo qui.

#JeSuisCharlie
#JeSuisCharlie

Giornalismo scandinavo

Due articoli (anzi, tre) mi hanno colpito parecchio in questi ultimi giorni, ad evidenziare le differenze fra il giornalismo italiano e quello di queste parti.

Ultimamente, una truffa telefonica ormai classica, quella di chi ti telefona spacciandosi per un tecnico di Microsoft, al fine di carpire informazioni personali o fare installare sul tuo PC software malevolo, ha iniziato a colpire la Danimarca con chiamate provenienti dal prefisso +39.
Ora, noi sappiamo tutti che quel prefisso rappresenta l’Italia, lo sanno probabilmente molti danesi e sicuramente tanto la polizia quanto i giornalisti che hanno scritti i pezzi… eppure, in nessuno di questi due articoli danesi, in cui la Politi invita a non fornire informazioni personali e ad ignorare le richieste di queste persone, l’Italia viene nominata neanche di striscio.

Politiet advarer borgerne mod at give personlige oplysninger til fremmede over telefonen

Politi: Tag ikke telefonen, hvis nummeret begynder med +39

Se il messaggio della Politi è sicuramente un po’ eccessivo (“vi consigliamo di non rispondere e di non richiamare se il numero inizia con +39”), e rischia di creare problemi a chi fa chiamate lecite dall’Italia, è sicuramente positivo il fatto che il nostro paese non venga mai menzionato. In fondo questa è un’organizzazione internazionale che utilizza diverse teste di ponte sparse per il mondo, e l’Italia, in sé, non c’entra nulla: inutile, quindi, seminare potenziale odio verso il paese.
La stampa italiana, sicuramente, non ricambierebbe la cortesia.

Migranti dall'Europa (C) Skånskan
Migranti dall’Europa
(C) Skånskan
E poi, questo articolo, questa volta svedese. Il titolo dice che, in vista dell’arrivo della tempesta Alexander, a Malmö il comune ha “aperto un luogo di riparo per i migranti provenienti dall’Europa”. Se il titolo può lasciare nel dubbio, aprendo l’articolo si legge chiaramente “i migranti dell’unione europea che vivono in diversi accampamenti di tende”. Ora, chi siano questi migranti è chiaro a tutti ma non viene mai nominata l’etnia delle persone. Posso immaginare che la stampa italiana, invece, sguazzerebbe nella situazione, come fa regolarmente: certi argomenti controversi vendono copie e clic. Sono piccoli accorgimenti, basta la scelta meditata di evitare termini e riferimenti che possano scatenare gli istinti più bassi delle persone peggiori, e le cose cambiano parecchio.

Peraltro, qui, il fenomeno di questi “migranti”, in questi termini, è assolutamente nuovissimo: sono arrivati nell’ultimo periodo, per lo più proprio dall’Italia (e, sicuramente, aiutati da organizzazioni criminali che li sfruttano), dove non riuscivano più a tirare avanti.
In Svezia, come in quasi tutti i paesi dell’europa occidentale, i campi nomadi lager all’italiana non esistono, e gli appartenenti alle varie etnie romaní vivono il più delle volte in normali abitazioni.
Onestamente, però, è stata un’esperienza quasi surreale l’essere approcciati più volte in italiano nell’ultimo anno, da parte di questuanti che non avevano alcun modo di conoscere la mia nazionalità d’origine.

Ma, tornando alla stampa, pur essendoci comunque delle grandi differenze fra quella svedese e quella danese, in particolare nei riferimenti alle nazionalità di chi commette i crimini, mi sembra che i giornalisti scandinavi non abbiano quella tendenza a scrivere articoli che facciano emergere fra i lettori il lato peggiore dell’umanità… una tendenza che trovo invece spesso nei loro colleghi italiani, anche quelli che esprimono posizioni progressiste.
E, sinceramente, apprezzo molto di più l’approccio nordico.

D'altronde... (da kotiomkin.it)
D’altronde…
(da kotiomkin.it)

Grammar nazi

E, per una volta, un plauso alla Gazzetta per averlo scritto giusto.
E, per una volta, un plauso alla Gazzetta per averlo scritto giusto.
Per la serie “problemi da primo mondo”, romperò le scatole all’infinito ai giornalisti italiani finché non si decideranno a usare Malmö FF (o anche solo Malmö) per indicare la squadra di calcio svedese, al posto dell’orribile Malmoe.

Cito da Wikipedia:

Note that unlike the O-umlaut, the letter Ö cannot be written as “oe”. Minimal pairs exist between ‘ö’ and ‘oe’ (and also with ‘oo’, ‘öö’ and ‘öe’). Consider Finnish eläinkö “animal?” (interrogative) vs. eläinkoe “animal test” (cf. Germanic umlaut). In the case the character Ö is unavailable, O is substituted and context is relied upon for inference of the intended meaning.

Che si decidano a capire che lo svedese non è il tedesco.

Isolette sperdute

E dopo il villaggio sperduto di pescatori, scopriamo grazie al Corriere che Agnetha “Faltksog” (ovviamente i due puntini “si possono ignorare“) vive su un’isoletta sperduta.

Ora… è vero che Helgö non arriva a 50 ettari ed è una zona residenziale scarsamente abitata, ma è comunque parte di un comune di 10.000 abitanti (dalla cui parte principale è separata solo da un ponte) ed è a mezz’ora di macchina da Stoccolma.

Sicuramente una generalizzazione meno grave di quella su Kalmar ma, non so voi, io per “isoletta sperduta” mi immagino altro.

L’impressione è che, per i media Italiani, in Svezia sia tutto piccolo, tutto sperduto, tutto caratteristico come il più banale dei luoghi comuni.
A questo punto, aspetto con trepidazione il giorno in cui leggerò del Vänern come di un piccolo laghetto sperduto…

Villaggi sperduti di pescatori

Secondo l’allenatore Gianni De Biasi, Kalmar sarebbe “un villaggio sperduto di pescatori in Svezia“.
Tenendo conto che stiamo parlando di una cittadina di 35000 abitanti (60.000 contando l’area municipale), capoluogo di una contea che conta 230.000 residenti, nonché importante località storico-culturale, mi chiedo cosa dovremmo dire di Sarmede, il comune italiano di 3000 anime da cui proviene De Biasi.
Un bel complimenti, quindi, alla cultura del commissario tecnico della nazionale albanese e al giornalista che ha riportato le dichiarazioni senza battere ciglio.

Prodotti italiani tarocchi?

Qualche giorno fa, mia mamma mi ha segnalato un delirante servizio di Striscia La Notizia tutto dedicato a fare vedere quanto sono cattivi gli svedesi che taroccano i prodotti italiani.
Avrei voluto scrivere qualcosa sull’argomento subito, ma mi è mancato il tempo: vedo che il buon Boffardi ha già provveduto a rispondere adeguatamente ad un servizio superficiale e decisamente stupido. Vi rimando quindi al suo articolo, che vale la pena leggere.
In particolare sottoscrivo la questione dell’utilizzo della parola “salami”, in cui l’inviato fa una figura barbina: anche in Italia assorbiamo parole estere e le storpiamo e non mi risulta che nessuno ci prenda per i fondelli perché diciamo “bistecca” al posto di “beef steak”.

A quanto detto, vorrei aggiungere un paio di considerazioni:

  • il Cambozola non è “il gorgonzola tarocco”. È il nome commerciale di un formaggio vero e proprio, decisamente buono, che viene prodotto in Germania da oltre cento anni. Ha caratteristiche che fanno pensare ad un incrocio fra Camembert e Gorgonzola (e il nome commerciale proposto fa sicuramente riferimento a questi due prodotti, non lo nega nessuno) ma è comunque un formaggio apprezzato con caratteristiche proprie. Nei paesi anglofoni è noto come Blue Brie (la famiglia dei “formaggi blu” è quella dei formaggi “muffosi”, e ne fa parte anche il gorgonzola). Nessuno svedese pensa di comprare gorgonzola quando acquista Cambozola: qui si sa benissimo che sono cose differenti. L’inviato di Striscia, invece di essersi informato al riguardo, ci rimedia una bella figura da ignorante.
  •  Il salame “Toscana” che hanno fatto vedere non è Svedese, ma il prodotto di una compagnia danese (bastava leggere la confezione e guardare la bandierina). Sicuramente un’operazione discutibile, e anche le associazioni di consumatori svedesi sono contrarie a questa pratica. Cito Sveriges Konsumenter i Samverkan:

    chiamare Toscana qualcosa che viene dalla Danimarca, non è solo trarre guadagno dal nome italiano, ma anche imbrogliare!

Sono poi il primo a pensare che si debbano evitare abusi, facendo riferimento a prodotti che non c’entrano nulla con quanto venduto e chi mi legge dall’inizio ricorderà il mio post sul Ciaùscolo svedese (che, per inciso, ha poi dovuto cambiare nome in Santoreggia, con la constatazione “per chiamarsi Ciaùscolo deve essere prodotto nelle provincie italiane di Ancona, Macerata ed Ascoli Piceno: il nostro è prodotto a Linköping”).
Un conto, però, sono certi abusi, un conto scandalizzarsi per un fatti che sono, semplicemente, normalissimi e accadono anche in Italia. A questo punto mi aspetto un servizio di Striscia La Notizia contro qualunque ristoratore italiano che proponga paella…

Dal Dagens Nyheter

Zitto!
Stiamo tenendo un minuto di silenzio per tutti quelli
che riprendono a lavorare oggi dopo le vacanze!

Questa la vignetta che ha accolto il mio ritorno in ufficio la prima settimana di agosto. La rilancio per tutti quelli che, in Italia, rientrano al lavoro oggi. 😀