Vi fa inorridire la pizza con l’ananas?

Sappiate che dalle mie parti c’è una pizzeria che propone la “Pizza Flygande Jakob”, basata sul piatto omonimo fatto con banane, pollo, curry, arachidi e, sempre lui, l’immancabile ananas.

Il Giacobbe Volante

Il Flygande Jakob è una della folli invenzioni degli anni ‘70, quando l’accesso a nuovi ingredienti portò gli svedesi ad ogni tipo di sperimentazione culinaria e nella versione classica del piatto, invece di curry e ananas, ci sono panna e pancetta.

All’epoca la portata divenne molto popolare, ma oggi sono molti, soprattutto fra le nuove generazioni, a considerarla disgustosa.

Ma se pensate che sia finita qui, non vi illudete!

  • la numero 34 (“Cinque”) è una pizza con champignon, cozze, gamberi e… ananas.
  • la numero 42 contiene filetto di maiale, pomodori freschi, salsa bernese e champignon e… ananas.
  • in un incrocio internazionale ai massimi livelli c’è una “Kebab messicano” (41) con carne di kebab, jalapeño, salsa tacos, aglio pressato e condimento per tacos

Nota: tutte le suddette pizze sono salsa di pomodoro e “formaggio”, un mix generico di formaggi che non sono mozzarella. Sì, mettono le cozze sopra a questo mix. E, ovviamente, il tutto viene servito con l’insalata per pizza!

Il menù pizze completo

Resta la grande domanda: ma qualcuno ordinerà e mangerà davvero queste pizze, o il ristoratore le mette lì solo per fare scena, avere un’offerta molto ampia ed, eventualmente, fare parlare di sé? Sinceramente… non voglio proprio saperlo!

Di scorte alimentari e periodi di crisi

Da queste parti è una raccomandazione ufficiale del governo quella di avere scorte di cibo non deperibile (e altre cose di prima necessità), in caso di “guerra o crisi improvvisa”.

Le raccomandazioni per cibo e acqua (in inglese)

A maggio 2018 il governo ha infatti ripreso un’abitudine che aveva sospeso con la fine della guerra fredda, quella di fare circolare un opuscolo a titolo Om kriget kommer (“Se arriva la guerra”) che conteneva informazioni su cosa fare per essere pronti in caso di necessità improvvisa.

Pur essendo incentrata comunque sull’aspetto della difesa militare, la versione del 2018 è stata ribattezzata Om krisen eller kriget kommer per aggiungere anche il riferimento a crisi improvvise di altro tipo.

L’opuscolo è scaricabile online in diverse lingue (a partire da, ovviamente, svedese e inglese).

Erano appunto dal maggio 2018 che continuavo a pensarci e rimandare. Ora, finalmente, ho provveduto. A Genova ci piace dire maniman

Leggendo delle polemiche su quello che succede in Italia, in tutta sincerità, non mi sento scemo per averlo fatto. Mi sento scemo per non averlo fatto fino ad ora.

Surströmming

Il surströmming (aringa acida o, ancora meglio, andata a male) è uno dei piatti tipici nel nord della Svezia, con origini antiche. Evidentemente, in tempi in cui non c’erano né grande varietà di cibo né molte alternative per conservarlo, qualcuno scoprì in qualche modo che lasciare l’aringa a fermentare e imputridire non la rendeva comunque immangiabile.

Il piatto è oggi un elemento tipico della cultura norrländska, ma è generalmente schifato dallo svedese medio, che lo ritiene una cosa fra l’imbarazzante e il disgustoso.

Il vero problema del surströmming non è il gusto quanto l’odore: aprire quella latta equivale, secondo qualcuno, ad aprire le porte dell’inferno. Molte compagnie aeree vietano esplicitamente di imbarcare il prodotto perché un’accidentale “esplosione” della latta dovuta a sbalzi di pressione comporterebbe l’impestazione dell’intera cabina. E, oggettivamente, ci sono delle precauzioni da prendere quando lo si apre: rigorosamente all’aperto (perché altrimenti l’aria diventa irrespirabile) e facendo attenzione a proteggere i vestiti e le cose da schizzi che lascerebbero la puzza per giorni. C’è anche chi preferisce aprire la latta dentro un secchio d’acqua, per evitare il diffondersi del fetore.

In rete si trovano diversi video di persone che aprono la latta fra scene apocalittiche di facce disgustate, conati, vomito vero e proprio, e così via. Onestamente, penso che la stragrande maggioranza di questi video sia esagerata, se non una vera e propria messa in scena. L’odore di marcio è sicuramente forte e malefico, ma non a quel punto. È anche vero, però, che, più che altro per non volete aspettare, ho aperto per due volte il prodotto nel primo anno di fermentazione, mentre gli estimatori più oltranzisti preferiscono aspettare il secondo, quando la latta diventa deformata ed “esplosiva”. Sicuramente ci proverò in futuro.

Questa era per me la seconda volta e, come potrete vedere, è andato tutto liscio, senza alcuna scena drammatica.

Il surströmming si mangia tradizionalmente a partire dal terzo giovedì di agosto e si consuma avvolgendolo in una sorta di piadina, assieme a patate novelle ed erba cipollina (o cipolla vera e propria). Lo si accompagna generalmente con brännvin (liquore da fermentazione, generalmente di patate) e/o latte.

Fa così tanto schifo, il surströmming? Personalmente lo apprezzo! È chiaro che non si tratta di un piatto di alta cucina, ma è del buon pesce salato con un un sapore particolare. Capisco però, che la consistenza viscida possa essere un problema per molti.

Curiosamente, la stessa sera di questi video, abbiamo potuto assaggiare, per cortesia di una vicina, un altro piatto dalla reputazione “leggendaria”, l’Hákarl islandese (squalo fermentato). Bene, personalmente trovo che non ci sia paragone: il surströmming è decisamente più putrido e “forte”, e vince la sfida degli stomaci forti!


AGGIORNAMENTO:
Lo abbiamo appena mangiato (o annusato) fuori dall’ufficio con i colleghi e ho visto reazioni decisamente più scomposte (comunque sempre entro certi limiti) di quelle di cui sopra. Chissà, forse è una questione di sensibilità. 😀

 

Cose che non vorresti mai vedere

La popcorn pizza

Il problema del pesto all’estero (ma anche in Italia)

Hanno fatto scalpore in Italia alcuni articoli britannici che, riprendendo i risultati di una ricerca, hanno identificato il pesto in vendita nel Regno Unito come “cibo spazzatura” poco salutare. 

Fra i commenti più comuni letti in giro c’è il tipico:  “sono inglesi, il pesto che fanno loro fa sicuramente schifo!”

Ecco, il problema è proprio questo: in genere il pesto venduto all’estero, non lo fanno “loro”. Lo facciamo “noi”. Ovvero, lo producono aziende italiane senza pudore che realizzano prodotti di bassa qualità e lontani dalla ricetta del vero pesto, per rivenderlo all’estero (ma anche in Italia) direttamente o attraverso un marchio locale. 

Gli inglesi se la prendono soprattutto con la Saclà, il marchio più diffuso da quelle parti… in Svezia ce ne sono di vari (incluso quello della stessa azienda italiana), ma il concetto non cambia. 

Il consumatore locale vede “prodotto in Italia” e si convince che il vero pesto sia davvero rappresentato da queste orribili salse verdi dai sapori improbabili con ingredienti assurdi come anacardi, limone e olio di semi di girasole. 

Queste aziende italiane contribuiscono quindi ad infangare il nome di quella che è un’eccellenza alimentare nazionale (ok, regionale), e meritano quindi di prendersi tutte le colpe per ogni sbeffeggiamento che può arrivare dall’estero.

Anche qui abbiamo la “fortuna” di avere il pesto Saclà, anche se non è fra i più diffusi.

Il Pesto Ecologico Zeta, “ispirato alla ricetta classica genovese”, con anacardi, olio di semi di girasole, polvere di latte…

Il Pesto Matilda, prodotto in Liguria con concentrato di basilico, amido di mais e aceto

Il pesto al limone ICA, ovviamente prodotto in Italia (con le direttive EU attuali non è più obbligatorio indicare l’azienda o l’indirizzo esatto)

E l’immancabile Barilla, da sempre sinonimo di pesto fatto con ingredienti discutibili.

È difficile trovare cannoli in Svezia…

…ma ad Elsimburgo mi sono imbattuto nella Pasticceria Cucco, l’unica konditori italiana di cui sia a conoscenza. Ottimi cannoli, appunto, eccellente caffè e tante altre paste invitanti. Perché, per quanto le adori, non si può vivere di sole fika svedese e prinsesstårta.

E bisogna dire che il bolognese David e sua moglie Nadia sono davvero persone squisiste e cordiali!

Pappaledig

Questa sera (o, meglio, lunedi… ma domani è festa e venerdi è “ponte”) inizia il mio periodo di “paternità”, che mi vedrà fuori dall’ufficio fino al 31 agosto a godermi la bimba.

La pappaledighet vedrà il mio salario (sulla base di quanto guadagnato negli ultimi 12 mesi) pagato all´80%* Försäkringskassan, con Qlik che aggiungerà il 10% del mio stipendio (scelta volontaria dell’azienda, non c’è alcun obbligo).
Non entro troppo nel dettaglio della cosa adesso (magari lo farò in un prossimo futuro), ma in Svezia entrambi i genitori hanno il diritto/obbligo di congedo parentale: si può trasferire una parte dei propri giorni pagati a cifra “quasi piena”, ma restano comunque 60 giorni feriali che ogni genitore NON può trasferire.

Toccherà quindi ora a me il compito di nutrire Aurora con le prelibatezze locali!

Spaghetti Carbonara
Spaghetti Carbonara
Spaghetti al "ragù"
Spaghetti al “ragù”
Lasagne: ora ancora più buone!
Lasagne: ora ancora più buone!

* ho scoperto poi di essere stato piuttosto ottimista al riguardo dell’80%, dato che sforo il tetto massimo di un po’… ma va bene lo stesso, ne vale comunque la pena!

Attenti alla data!

Stoccolma, Upplands Väsby, Malmö… In questi cinque anni e mezzo, non importa il posto, non importa la catena o il singolo negozio, mi è capitato regolarmente di trovare prodotti scaduti al supermercato. A volte anche scaduti da qualche settimana!
Sinceramente, non ricordo proprio una simile situazione in Italia: per le mie esperienze passate, il trovare un prodotto scaduto era cosa rara, e sicuramente rarissima se la data era passata da più giorni. Ricordo male io?
Mi sembra proprio che in Svezia ci sia molta meno attenzione, da questo punto di vista. Qualche anno fa ci fu un grosso scandalo relativo ad una delle catene più grandi, che ordinava ai suoi impiegati di aprire i formaggi scaduti, tagliare le eventuali parti andate a male, e reimpacchettare il tutto in confezioni senza marca, con una nuova data di scadenza. Situazione, questa, confermatami personalmente da persone che hanno lavorato per quella catena.

Io, quando trovo i prodotti scaduti, li tolgo dal frigo e li mollo da qualche parte, per evitare che qualcuno li possa comprare per sbaglio. Gli addetti dei supermercati mi odieranno. 🙂

Semlor

Mi rendo conto solo ora di non avere mai parlato dei semla, una delle mie delizie preferite di Svezia.
Come in Italia, anche qui non mancano i dolci stagionali, quelle prelibatezze che, chissà perché, si mangiano solo in un certo periodo dell’anno.
Se nel Bel Paese febbraio è il mese delle bugie (o chiacchiere), qui domina, per l’appunto, il semla. Impossibile andare in giro senza vedere offerte di konditori e caffè che fanno di tutto per invogliarti a rinunciare alla tua dieta.

Un semla al naturale
Un semla al naturale

A prima vista, il semla sembra essere la versione gigante di un bignè alla panna (quello che a Genova chiamiamo “cavolino“), ma ci sono alcune differenze fondamentali: la pasta è decisamente meno morbida di quella di un bignè e, sotto la panna, c’è un delizioso strato di pasta di mandorle.
In Svezia ci sono due distinte ideologie su come il semla vada mangiato: al naturale (la forma più diffusa) o hetvägg, ovvero in un piatto fondo riempito di latte caldo. In genere, chi apprezza un modo disprezza l’altro.
Personalmente non mi faccio troppi problemi, anche se devo dire di preferire decisamente la versione calda: in questo modo, il bulle si ammorbidisce e diventa ancora più buono!
Purtroppo (o, per fortuna, visto l’impatto sulla mia dieta) febbraio sta per finire: io direi un bel “basta!” a queste usanze stagionali… mangiamo semla tutto l’anno!
Un semla "hetvägg" ("hetvägg" non vuol dire "muro caldo", come molti svedesi stessi pensano, ma "brioche calda")
Un semla “hetvägg”

(non “muro caldo”, come molti svedesi stessi pensano,
ma “brioche calda”)

Stessa procedura dell’anno scorso?

Dopo due capodanni passati a feste da amici e due in Italia, ieri ho provato per la prima volta l’ebbrezza del semplice capodanno in famiglia alla Svedese, a casa di mia suocera.
Come per il Natale, ma in tono minore, c’è un piccolo rituale televisivo che è diventato parte della tradizione: la visione dello sketch teatrale inglese Dinner For One, qui conosciuto come Grevinnan och betjänten (La contessa e il maggiordomo).
Questa è un usanza condivisa con tutta l’Europa del Nord e parte di quella centrale, e ha avuto origine in Germania negli anni ’60. Nonostante lo sketch sia inglese, e trasmesso sottotitolato, è praticamente sconosciuto nel paese natio: gli albionici cascano regolarmente dalle nuvole ogni volta che incontrano un tedesco o un nordico che cita il tormentone “Same procedure as last year?”.

La trama è molto semplice: Miss Sophie continua a celebrare il suo compleanno con i vecchi amici ormai defunti. Tocca al maggiordomo James il compito di impersonarli e, soprattutto, di bere durante la cena al posto loro.

Curiosamente, quella che viene trasmessa in Svezia (ma anche in Svizzera e Norvegia) è una versione alternativa dello sketch che viene mostrato negli altri paesi: più breve e con un tasso alcolico minore. In origine, lo sketch era stato lasciato in sospeso per sei anni prima di essere approvato dalla tv di stato, proprio per questioni legate all’alcolismo.
La versione originale si riconosce immediatamente perché la tovaglia è bianca.

Dopo la visione dello sketch ci siamo seduti a tavola per la cena tradizionale. La versione classica del pasto di capodanno alla svedese non ha le dimensioni epocali del cenone all’Italiana, ma è deliziosa: aragosta per antipasto, filetto di manzo con patate per piatto principale e dessert.

Dopo la cena, siamo andati in piazza. A Malmö l’evento principale si tiene di fronte allo splendido edificio dell’Opera, il principale teatro musicale della città, dedicato alla lirica ma anche a musical ed eventi vari.
Qui è stato allestito un palco su cui si sono esibiti artisti di tipo differente, a fare un riassunto di quanto mostrato nell’anno passato (di recente ho assistito ad una spettacolare rappresentazione di Miss Saigon) e a dare un anteprima per il futuro.

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Dopo il conto alla rovescia, l’esplosione di fuochi d’artificio, davvero spettacolare: a quelli “ufficiali” si uniscono quelli privati, con un risultato mozzafiato.
Il capodanno è, peraltro, una delle poche occasioni in cui la Polizia chiude un occhio sulla bevuta in pubblico, quindi è normale vedere la gente arrivare con bottiglie di spumante o altre bevande “da festa”.

Finiti i fuochi, la piazza si è svuotata piuttosto in fretta, con tipico ordine svedese. A quel punto, visto anche che caldo non faceva, ci è rimasto solo da andare a casa, e preoccuparci per i nostri gatti.

Kanelbullens dag

Kanelbullar
Kanelbullar

Come sa chi mi legge da tempo, in Svezia ci piace festeggiare “ufficialmente” i dolci. Oggi, 4 ottobre, si celebra il Kanelbullens dag, dedicato ai rollini di cannella. A differenza che per altre tradizioni, come il vaffeldagen, non ci sono storielle particolari da raccontare al riguardo, se non il fatto che la “festa” è stata istituita il 4 ottobre 1999 dalla responsabile di Hembakningsrådet, un ente che si occupa di promuovere la panificazione casalinga.
La data scelta, il 4 ottobre, coincideva con quella che era, nel 1999, la Giornata dell’Infanzia in Svezia.

La cosa ha preso piede e, attualmente, questo è il giorno in cui le konditori, i forni, i distributori di benzina e i supermercati promuovono con orgoglio il kanelbulle, magari con offerte speciali.
Questo pomeriggio sono arrivate in ufficio, offerte dall’azienda, le delizie di cui sopra, per una deliziosa fika cui non si può proprio resistere!

È arrivato un furgone carico di…

Chiunque sia stato in Svezia per un certo periodo, magari non proprio in qualche centro cittadino, è rimasto prima o poi sorpreso dal sentire in strada una musichetta vagamente simile alla celebre “Dance Of The Cuckoos” di Stanlio e Ollio.
Io stesso, nei primi tempi a Bromma, mi chiedevo cosa significasse quella curiosa melodia. Solo col tempo la rivelazione: si tratta del jingle che accompagna l’arrivo del furgone del gelato (confezionato)!

Le Hemglassbil è ormai un pezzo di storia della cultura svedese. Mi si dice che, un tempo, l’arrivo del furgone scatenava l’entusiasmo dei bambini della zona, ed era motivo di orgoglio che il furgone si fermasse regolarmente sotto la casa di qualcuno. Oggi, per quello che ho potuto verificare, l’entusiasmo è decisamente più contenuto, ma la Hemglass continua a consegnare regolarmente i suoi prodotti.
La Hemglass (Hjem-IS in Danimarca e Norvegia, Kotijäätelö in Finlandia) è stata fondata in Svezia nel 1968. Da tempo è stata acquisita dalla solita Nestlé ed ha ora sede in Danimarca.

Il suo fondatore, Eric Ericsson, si era ispirato sia alle compagnie americane che consegnano prodotti a domicilio, sia ai celebri furgoncini del gelato soft, sempre americani.

Da sempre, la Heimglass annuncia in maniera sonora l’arrivo dei propri furgoni. Dapprima la cosa veniva fatta con una campana (è ancora così in Danimarca e Norvegia) suonata a mano dall’autista; a partire dal 1980, ha preso invece piede la sopracitata melodia, composta da Robert Sund e diventata in fretta uno dei jingle più conosciuti in Svezia.

Non tutti, però, sembrano apprezzare la musichetta: nel corso degli anni la Hemglass è stata denunciata a più riprese per disturbo della quiete pubblica, inquinamento acustico, pericolo per la salute ed altro ancora da parte di svedesi che non la possono proprio sopportare. In una petizione ad un ministero, la melodia è stata persino paragonata alla tortura cinese con gocce d’acqua: una è innocua, ma l’esposizione prolungata farebbe saltare i nervi. Fino a questo momento, però, tribunali e organi giudicanti hanno sempre dato ragione alla compagnia. Il jingle della Hemglass (che è coperto da copyright e non può essere usato dai concorrenti) sembra quindi destinato a risuonare a lungo nelle strade svedesi.
Personalmente, sarà che non faccio turni di notte o non sono particolarmente stressato, la cosa mi fa anche piacere…

Quando le aziende italiane si adattano… un po’ come capita!

Makaroner
I makaroner sono un tipo di pasta piuttosto diffuso nella cucina svedese. Il loro utilizzo più tipico è quello di contorno, in sostituzione dell’altrimenti onnipresente patata, talvolta con l’accompagnamento del (pronti ad inorridire?) ketchup.
A questo prodotto è dedicato spazio in abbondanza negli scaffali dei supermercati svedesi, con le marche locali a farla da padrone.

I makaroner non sono altro che le nostre lumachine, pastina utilizzata soprattutto per minestre.
Non sorprende che una grande azienda italiana decida di mettere sul mercato svedese la propria versione di un prodotto qui così utilizzato (che siano le nostre lumachine è testimoniato dal fatto che il codice identificativo è sempre “n.42”). Non sorprende neppure che si decida di non utilizzare il qui sconosciuto nome italiano, anche se dobbiamo ammettere che il vedere una storpiatura di maccheroni utilizzata per un tipo di pasta differente – da parte di una delle aziende italiane più celebri – ci fa senza dubbio sorridere.
Quello che stupisce, però, è la scelta finale: perché non utilizzare Makaroner (o una delle sue varianti nordiche, tutte contenenti la k)? Il Macaroni che si vede sulla scatola è infatti quello tipico dei paesi di lingua inglese! Abbiamo quindi un’azienda italiana che vende in Svezia un prodotto italiano utilizzando un nome anglo-americano. Misteri del marketing internazionale…

Prodotti italiani tarocchi?

Qualche giorno fa, mia mamma mi ha segnalato un delirante servizio di Striscia La Notizia tutto dedicato a fare vedere quanto sono cattivi gli svedesi che taroccano i prodotti italiani.
Avrei voluto scrivere qualcosa sull’argomento subito, ma mi è mancato il tempo: vedo che il buon Boffardi ha già provveduto a rispondere adeguatamente ad un servizio superficiale e decisamente stupido. Vi rimando quindi al suo articolo, che vale la pena leggere.
In particolare sottoscrivo la questione dell’utilizzo della parola “salami”, in cui l’inviato fa una figura barbina: anche in Italia assorbiamo parole estere e le storpiamo e non mi risulta che nessuno ci prenda per i fondelli perché diciamo “bistecca” al posto di “beef steak”.

A quanto detto, vorrei aggiungere un paio di considerazioni:

  • il Cambozola non è “il gorgonzola tarocco”. È il nome commerciale di un formaggio vero e proprio, decisamente buono, che viene prodotto in Germania da oltre cento anni. Ha caratteristiche che fanno pensare ad un incrocio fra Camembert e Gorgonzola (e il nome commerciale proposto fa sicuramente riferimento a questi due prodotti, non lo nega nessuno) ma è comunque un formaggio apprezzato con caratteristiche proprie. Nei paesi anglofoni è noto come Blue Brie (la famiglia dei “formaggi blu” è quella dei formaggi “muffosi”, e ne fa parte anche il gorgonzola). Nessuno svedese pensa di comprare gorgonzola quando acquista Cambozola: qui si sa benissimo che sono cose differenti. L’inviato di Striscia, invece di essersi informato al riguardo, ci rimedia una bella figura da ignorante.
  •  Il salame “Toscana” che hanno fatto vedere non è Svedese, ma il prodotto di una compagnia danese (bastava leggere la confezione e guardare la bandierina). Sicuramente un’operazione discutibile, e anche le associazioni di consumatori svedesi sono contrarie a questa pratica. Cito Sveriges Konsumenter i Samverkan:

    chiamare Toscana qualcosa che viene dalla Danimarca, non è solo trarre guadagno dal nome italiano, ma anche imbrogliare!

Sono poi il primo a pensare che si debbano evitare abusi, facendo riferimento a prodotti che non c’entrano nulla con quanto venduto e chi mi legge dall’inizio ricorderà il mio post sul Ciaùscolo svedese (che, per inciso, ha poi dovuto cambiare nome in Santoreggia, con la constatazione “per chiamarsi Ciaùscolo deve essere prodotto nelle provincie italiane di Ancona, Macerata ed Ascoli Piceno: il nostro è prodotto a Linköping”).
Un conto, però, sono certi abusi, un conto scandalizzarsi per un fatti che sono, semplicemente, normalissimi e accadono anche in Italia. A questo punto mi aspetto un servizio di Striscia La Notizia contro qualunque ristoratore italiano che proponga paella…

Kräftskiva e Malmöfestivalen 2012

Quelli di metà agosto sono tipicamente i giorni delle kräftskiva, le grandi feste a base di gamberoni d’acqua dolce.
Come da tipica usanza, gli svedesi si riuniscono per grandi mangiate in cui degustano il crostaceo, crostaceo che, storicamente, veniva pescato in grandi quantità nei primi giorni di agosto.
Oggi, a causa di problemi ambientali e malattie, il kräfta è un animale protetto in Svezia, e la gran parte di quelli che si mangiano sulle tavole svedesi vengono importati dalla Cina e dalla Turchia.

Come spesso capita, la kräftskiva (che è anche la festa che celebra la fine dell’estate) è accompagnata dagli immancabili bottiglini di snaps (la regola vuole che, per ogni gamberone, se ne debba bere un bicchierino), dalle canzoncine tradizionali (gli snapvisa) e dalle inevitabili patate bollite e aringhe.
Tipici della festa sono anche le decorazioni a forma di luna e i cappellini di carta, spesso decorati con disegni del gamberone.

E proprio “la più grande kräftskiva di Svezia” ha dato il via, come da tradizione al Malmöfestivalen 2012.
Migliaia di persone si sono adunate venerdi sera in Stortorget per l’abbuffata, mentre una fantastica band country alternava, dal grande palco, brani del proprio repertorio a riarrangiamenti di simpatici snappvisor.
Per l’occasione, la solitamente rigida polizia svedese, pur dispiegata in forza, ha ovviamente chiuso un occhio sul consumo pubblico di alcool in piazza, proibito per legge.

Kräftskiva in Stortorget

Il cavallo addobbato

Un “festeggiante” con gamberoni e cappellino

Tutto ciò ha dato il la, appunto, al Festivalen, grande evento cittadino fatto di concerti su concerti (nella tenda dietro l’angolo ti può capitare di trovare una big band swing), bancarelle, eventi culturali, un luna park in mezzo alle case, e tanto altro ancora.

And the band plays on.

Peraltro, questi giorni sono anche graziati da giornate splendide con temperature elevate, al punto da potere girare in maniche corte anche di notte, cosa piuttosto inusuale per un paese in cui, quando finisce la luce del sole, bisogna immediatamente coprirsi.
Malmö, nei giorni del Festivalen, offre proprio il meglio di sé: l’atmosfera è rilassata e festiva al tempo stesso, ed è proprio un piacere gironzolare per le strade, magari mangiando un Lángos ungherese, un kebab di cinghiale o un gyros di alce comprati in uno degli innumerevoli botteghini sparsi per la bella Gustav Adolfs Torg.
Come già scritto l’anno scorso, se mai doveste pensare di farvi un viaggio a Malmö, quelli del Festivalen sono sicuramente i giorni migliori!

In giro per bancarelle