Il continente

Mi ha sempre fatto impazzire il fatto che gli svedesi si riferiscano a Copenaghen come “continente”, quando la capitale Danese è posta su un isola, mentre la Svezia è parte di una penisola che, del continente Europeo, fa parte sul serio.

La recente visione di un documentario (in svedese) del 2006 sul dialetto scanico, mi ha permesso di capire veramente il modo di pensare degli Svedesi. Il documentario (purtroppo non ho trovato sottotitoli di alcun tipo) è davvero interessante, e porta avanti una tesi importante per cui il “confine continentale” non sarebbe quello marino dello stretto di Öresund, ma andrebbe invece identificato all’interno del territorio svedese.

Immagine presa dal documentario della tv di stato Svenska dialektmysterier
Immagine presa dal documentario della tv di stato Svenska dialektmysterier

Ci sono alcune differenze fondamentali che, ancora oggi, separano lo Skåne dal resto della Svezia. Le più evidenti sono nella lingua e nell’architettura, ma anche in certe situazioni pubbliche.
Il giornalista autore del servizio fa infatti notare come nei caffè e nelle Konditori del sud si venga talvolta ancora serviti ai tavoli, cosa che gli Svedesi associano allo stile di vita continentale. Nel resto del paese bisogna portarsi da soli cibo, caffè e tazze dal banco o da grosse tavolate appositamente predisposte.
Ed effettivamente, a pensarci, anche la mia pasticceria preferita di Svezia, la suggestiva ed elegante Sundbergs a Stoccolma, è basata sul “self service”.

Sulla lingua ho già fatto qualche accenno in passato: gli svedesi trovano ostico il dialetto skånska, le cui due peculiarità principali sono la erre arrotolata (presente anche nel danese e di origine francese) e i particolari dittonghi (minuto 17:40 del documentario). Questi ultimi sono invece una caratteristica unica condivisa solo con i danesi dell’isola di Bornholm, la sola zona in cui si parla ancora il “danese orientale” che è alla base, appunto, dello skånska.

Ma è con l’architettura che le cose si fanno più interessanti anche per chi non coglie le sfumature del parlato: uno degli elementi simbolo dei panorami svedesi sono infatti le celebri case di legno colorate in Rosso Falun, diffusissime in tutta la nazione. Tutta la nazione tranne lo Skåne.

Da Wikipedia - foto di Susann Schweden. Licenza Creative Common
Da Wikipedia – foto di Susann Schweden.
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Abitazione a Mullhyttan
Abitazione a Mullhyttan

Qui nel sud è infatti molto più tipico il mattone con intelaiatura a traliccio (Korsvirke in svedese), in forme simili a quelle molto diffuse, appunto, nel continente e Inghilterra (le cosiddette “case Tudor”).
Abitazioni di questo tipo sono molto frequenti nelle campagne, ma se ne trovano spesso anche in città, come nel caso di Lilla Torg a Malmö, o di buona parte del centro storico di Ystad.

Case in korsvirke ad Ystad
Case in korsvirke ad Ystad
Da Wikipedia – foto di Jorchr.
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Lilla Torg
Lilla Torg

I motivi di queste differenze sono soprattutto storici e geografici. Lo Skåne apparteneva infatti alla Danimarca fino al 1658, anno in cui, durante una delle molte guerre del periodo, l’esercito Svedese marciò dalla Polonia fino alla Danimarca del sud per poi attraversare (a piedi e cavallo!) i tratti di mare ghiacciato del Piccolo e del Grande Belt, arrivando a sopresa alle porte di Copenaghen. Nonostante le promesse iniziali, secondo cui l’allora Danimarca dell’Est avrebbe conservato lingua e leggi originali, ci fu una spietata assimilazione, con il divieto di parlare danese e il rogo di tutti i testi che non fossero in svedese. Quello che resta di questa operazione di pulizia è, appunto, lo skånska, la versione svedesizzata del vecchio danese dell’est.
Ma anche la geografia ha avuto il suo ruolo: la Scania è situata nella penisola Scandinava, ma è, in realtà, separata dal resto della Svezia da paesaggi aspri e fitte foreste che rendevano piuttosto complicati gli scambi, mentre lo stretto di Öresund poteva, invece, essere percorso agevolmente da imbarcazioni. Insomma, la cultura continentale riusciva ad arrivare piuttosto facilmente a Malmö e dintorni, ma si fermava sulle foreste che separano lo Skåne dal resto della Svezia.

Il giornalista di SVT ha fatto un semplice esperimento: è risalito lungo le campagne da Malmö per cercare il punto in cui le case in korsvirke vengono rimpiazzate da quelle in legno rosso. Lo ha trovato (minuto 21:07) in Örkelljunga, cittadina in cui le due tipologie abitative coesistono.
A fare da controprova, l’area di diffusione dei dittonghi dello svedese del sud coincide, più o meno, con lo stesso territorio.
La conclusione del servizio è quindi che il confine fra il “continente” e un non specificato “non continente” (il “Nord”?) sia da trovare proprio a Örkelljunga e nei paesi che fanno parte della stessa fascia.

Personalmente, non so come reagire a questo tipo di pensiero. Devo dire che il sud è la zona del Regno che ho visitato per prima, e quindi, per me, è quasi naturale associare questo tipo di architettura alla Svezia. Per mia moglie, invece, non è proprio così: sin dalla prima volta che siamo scesi assieme al sud non ha mai mancato di farmi notare come tutto per lei fosse “danese” o, appunto, continentale. Ed, effettivamente, le sensazioni ambientali che ricevi da una città come Lund sono decisamente diverse da quelle che hai da Uppsala, giusto per citare due località paragonabili: lo Skåne è sicuramente il ponte culturale che unisce la Svezia alla Danimarca, così come la Danimarca è il ponte fra il Nord e la Mitteleuropa. Pur con questo assunto, devo dire, però, che trovo davvero difficile pensare che il continente finisca ad Örkelljunga…

Il partito del sorriso

Si è parlato spesso in Italia, e lo si rifarà, degli Sverigedemokraterna, l’anima svedese del populismo nazionalista. Ora, come molti abitanti di Malmö, ricevo regolarmente nella casetta della posta, senza che lo abbia mai richiesto, materiale informativo dei Democratici. La prima cosa che salta agli occhi, sfogliando le pubblicazioni, è l’immagine stessa del partito, assolutamente lontana dagli stereotipi che uno potrebbe associare ai tipici movimenti di estrema destra. Il simbolo dei Demokraterna è un bel fiore (gialloblù, ovviamente), l’impaginazione e le foto lasciano grande spazio al bianco, le persone rappresentate sorridono in maniera serena, a lasciare intendere un messaggio positivo e solare.

Nulla, quindi, che faccia pensare ad una forza politica che si pone “contro” qualcosa, e una bella differenza rispetto agli inizi, quando prevalevano un’immagine decisamente più guerresca e una simbologia più tipica dell’estrema destra.

Questo cambiamento è da imputarsi alle politiche di moderazione imposte dai leader che, a partire dalla seconda metà degli anni ´90, hanno guidato il gruppo: prima l’ex centrista Mikael Jansson, poi il giovane Jimmy Åkesson hanno cambiato profondamente il partito, sconfessando le origini neo-naziste, bandendo l’uso delle uniformi e del simbolismo estremo, accettando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, estromettendo gli estremisti e chi propagandava idee razziste. La politica degli Democratici Svedesi di oggi è una politica nazionalista, che sconfessa pubblicamente il razzismo ma si dichiara contraria alle politiche di immigrazione, che si pone contro l’Islam e a favore della conservazione dell’identità tradizionale svedese. In sostanza, qualcosa di molto simile alla nostra Alleanza Nazionale prima maniera e, per altri versi, ad una certa parte della Lega, pur mancando – ovviamente – la componente separatista. Questa scelta di intraprendere una strada moderata e “rispettabile” ha permesso ai Demokraterna di conquistare consensi anche fra chi non avrebbe mai accettato un partito apertamente razzista e di costruirsi, in particolare, una roccaforte a Malmö e nello Skåne, l’area in cui la presenza dell’immigrazione è più massiccia, inserita nel tessuto cittadino e meno confinata alle cosiddette “aree ghetto”, come invece a Stoccolma. Nonostante questo processo, e la crescita di consenso, i Democratici restano una forza ostracizzata nel panorama politico nazionale: se, da un lato, bisogna ricordare che gli Svedesi non hanno mai vissuto la forte contrapposizione politica tipica di quello che è il dualismo storico all’Italiana fra (centro)destra e (centro)sinistra, e nessuno si è mai scandalizzato se una persona vota l’altra fazione, dall’altro il partito di Åkesson resta tabù e i suoi simpatizzanti vengono automaticatamente, a volte a torto a volte a ragione, bollati come razzisti (se poi lo siano o no, è davvero difficile capirlo: è rarissimo che gli svedesi parlino di politica, e, sicuramente, i primi a non esporsi sono proprio i simpatizzanti democratici). Anche dopo le ultime elezioni, che hanno visto il primo ingresso dei Demokraterna in parlamento, nessun altro partito del Riksdag, sia di destra che di sinistra, ha ufficialmente aperto un dialogo con la forza di estrema destra. Il fatto è che, secondo molti, il rinnovamento dei Demokraterna è stato solo un’operazione di marketing di facciata, e, dietro il doppiopetto, continuerebbero a nascondersi un’anima profondamente razzista e una cultura neonazista, pronta a manifestarsi al momento giusto. Non aiutano, certo, alcuni incidenti in cui sono stati coinvolti rappresentanti del partito, come il caso che ha visto tre di loro (di cui due parlamentari) insultare una donna e un immigrato ubriaco, per poi armarsi con spranghe prima dell’arrivo della polizia. Curiosamente, l’intera scena era stata filmata proprio da uno dei tre politici, e solo dopo un paio d’anni è entrata in possesso del tabloid liberale Expressen, che l’ha resa pubblica. In seguito allo scandalo scoppiato, i due parlamentari sono stati costretti ad abbandonare le posizioni di vertice in seno al partito, pur conservando l’iscrizione allo stesso e, soprattutto, il seggio in parlamento. Un altro degli elementi curiosi di questa storia è che una delle persone coinvolte è l’ebreo Kent Ekeroth: la comunità ebraica svedese ha sempre condannato apertamente i Demokraterna, considerandoli dei nazisti in borghese, ma il fatto che il figlio di un’ebrea polacca abbia avuto un ruolo importante nel partito fa sicuramente pensare. D’altronde il “nemico” principale odierno dei Demokraterna è sicuramente, se non l’islam in sè, l’islamizzazione della Svezia, e allora ecco che anche il “compromesso” filo-ebraico, come già successo per Alleanza Nazionale in Italia, diventa improvvisamente accettabile anche per chi ha radici di estrema destra. Come ovunque in Europa, peraltro, la questione islam sembra essere diventata una prerogativa della destra, con la sinistra che tollera tutto nel nome del multiculturalismo: se lo volete conoscere, il mio pensiero al riguardo è riportato perfettamente qui. Alla resa dei conti, questi Sverige Demokraterna non sembrano quindi assimilabili a movimenti estremisti come Alba Dorata e Casa Pound. Quando la notizia del loro ingresso nel Riksdag, nel 2010, fece scalpore in Italia, mi veniva da sorridere: forze equivalenti erano già al parlamento, e al governo, nel Bel Paese da una ventina d’anni. Anzi, personaggi politici decisamente discutibili che in Italia la fanno da padrone con atteggiamenti apertamente razzisti, senza perdere la propria posizione, non avrebbero vita facile con un Åkesson che prova ad eliminare (o a nascondere, secondo molti) il marcio che ancora emerge fra i Demokraterna. Allo stesso modo mi fanno sorridere anche i commenti di questi giorni riguardo all’ingresso nel governo norvegese del “partito di Breivik”: l’Italia, in queste cose, è decisamente all’avanguardia. Ma quindi, dietro il partito del sorriso e la sua facciata “rispettabile”, si nasconde davvero un’anima razzista? In tutta sincerità, non mi interessa neanche troppo saperlo: qualunque sia la situazione, i Demokraterna restano distantissimi dalle mie idee e non prenderanno mai il mio voto. Anzi, spero proprio di non doverla scoprire mai, un’eventuale anima oscura nascosta…

Di battesimi e viaggi a Stoccolma

A inizio gennaio ho potuto assistere al mio primo battestimo secondo i crismi della Svenska kyrka, per il primogenito di una coppia di amici stoccolmesi.

Come già notato per altri riti religiosi, la prima cosa che salta all’occhio è il livello di “pompa” decisamente minore rispetto al rito cattolico.
Anche in questo caso, il prete, che qui ha più libertà nel preparare la cerimonia (concordandone i passaggi assieme ai familiari), ha avuto un atteggiamento decisamente meno formale, più lieve ed “umano”, durante la celebrazione, rispetto al tipico celebrante italiano.
Il tutto visto dall’esterno, l’impressione è quella che i credenti abbiano più a che fare con un “compagno” di culto, che non di una qualche forma di autorità.

Due le note particolari: la prima riguarda l’impostazione della cerimonia che, come detto, è stata ancora una volta piuttosto informale, alternando alle preghiere e ai canti religiosi anche momenti laici. La famiglia del bimbo ha avuto modo di eseguire dal vivo un brano scritto dal papà (musicista professionista) per il bimbo, senza alcuna tematica sacra. Nulla di strano, se penso che, l’anno scorso, ho assistito ad un matrimonio religioso conclusosi, per la musica che accompagnava l’uscita degli sposi, sulle note di Don’t Stop Me Now dei Queen!

La seconda nota riguarda il prete stesso, ovvero la classica persona che, dalla Chiesa Cattolica, verrebbe definito come un “peccatore”. Non che abbia in qualche modo parlato di certe sue preferenze, ma la cosa era palese a tutti, senza che, peraltro, questo fosse un problema. La Chiesa Svedese non discrimina infatti i preti omosessuali, e permette anche loro di sposarsi con compagni dello stesso sesso.
Eva Brunne è salita qualche anno fa agli onori della cronanca per essere la prima vescova (si dice così?) apertamente omosessuale del mondo cristiano. Per carità, resistenze al riguardo esistono anche qui, ma permettetemelo: quanta ipocrisia in meno!

Attenzione, però: non è che un rito meno pomposo e formale implichi una minore ufficialità o serietà della cerimonia. Il bimbo è stato accolto ufficialmente come nuovo arrivato nella Chiesa Svedese e il fatto di avere musica o altri momenti “non sacri” non sminuisce mai il valore liturgico.

Dopo la cerimonia, nei locali stessi della chiesa, si è tenuta l’immancabile fika con i convenuti.

Altra considerazione, che vale anche per i matrimoni: i regali, qui, sono decisamente più semplici, meno sfarzosi e, soprattutto, sono economici. Niente abbondanza di oggetti in oro, niente somme importanti, niente liste nozze o battesimo o altro. Il regalo è spesso un piccolo pensierino piuttosto semplice, in cui, spesso, si bada più a fare qualcosa di personale che non a cercare di “non fare brutta figura”. Anche questo è un tipo di semplicità che, personalmente, apprezzo molto.
E se proprio lo volete sapere, non esistono neanche le bomboniere: un’intera industria che, qui, non ha ragione di esistere. 😀

Il viaggio mi ha anche dato l’occasione di rivedere brevemente Stoccolma, e qui non nascondo di avere provato un po’ di nostalgia. Gli splendidi panorami acquatici, il mio amato Pub Anchor, la lingua comprensibile, la neve abbondante che copriva tutto (nel frattempo si è sciolta anche lì, ma rispetto alle sputacchiate del brutto e umido inverno scanico è tutta un’altra storia) hanno sicuramente sollecitato il mio animo più malinconico. Per quanto apprezzi Malmö, è Stoccolma la città di cui mi sono veramente innamorato e che mi ha fatto, a sua volta, innamorare della Svezia. Chissà, forse un giorno torneremo a vivere lì…

La chiesa di Boo, vicino a Stoccolma
La chiesa di Boo, vicino a Stoccolma

…e anche la neve!

Nello Skåne la neve è decisamente meno presente, durante l’anno, che in altre parti della Svezia. Devo dire che l’anno scorso mi sono mancati parecchio gli inverni di Upplands Väsby e Stoccolma, con grandi cumuli bianchi ai bordi della strada.
Nel weekend i fiocchi bianchi sono arrivati anche qui: probabilmente la coltre non durerà a lungo, ma devo dire che, in questi giorni, Malmö e Lund sono ancora più belle!

Tutte le foto di questo blog sono © Daniele Purrone

Di ospedali e sanità

Se in passato le mie esperienze con l’apparato sanitario svedese non erano state pienamente soddisfacenti, questa volta non posso che parlarne benissimo.
Senza entrare troppo nei dettagli, qualche settimana fa una persona a noi cara ha avuto un grave problema, di quelli per cui si rischia la vita o gravi problemi. Il panico, per noi, è stato totale, ma la risposta dell’apparato ospedaliero di Malmö è stata davvero incredibile sotto ogni punta di vista.
Già la struttura del Pronto Soccorso è qualcosa per cui vale la pena spendere qualche parola: un suggestivo e luminoso edificio futuristico a pianta circolare, ben organizzato sotto ogni punto di vista… ma, per una volta, è del personale che voglio parlare: tutto lo staff si è dimostrato molto umano e sensibile, oltre che notevolmente efficiente dal punto di vista professionale.
Ci siamo sorpresi più volte a vedere come medici ed infermieri venissero a parlarci anche solo per consolarci, con un calore che non ci saremmo aspettati. Forse conta qualcosa l’essere nella trevlig Malmö piuttosto che nella scontrosa Stoccolma, dove, generalmente, si limitano a una più cordiale professionalità e nulla più.
Anche dal punto di vista dell’efficienza, la macchina dell’ospedale ha funzionato alla perfezione: tutte le cure giuste sono state date con la massima tempestività, al punto che il problema era completamente risolto già poche ore dopo, e, nei giorni successivi, gli effetti della malattia si sono completamente riassorbiti.
Al momento la persona è ancora seguita con controlli regolari, gestiti molto bene dal punto di vista organizzativo.

L'ospedale di Malmö, foto di Jochr da Wikipedia

Di una cosa, però, ho avuto conferma in questa esperienza: di come in Svezia si deleghino molte più cose allo staff paramedico, infermieri in particolare. È un male? Visto come hanno funzionato le cose, direi proprio di no. Il medico fa le sue cose specifiche e si concentra solo su quelle, per le altre cose ci può pensare personale che, comunque, è preparato per il suo compito: lo scetticismo tutto italiano ci porta a pensare che ci sia qualcosa che non va se non è il medico (meglio ancora se il primario) persino a cambiarti la flebo. Qui, dalle visite di base alle chiacchierate su malattia, decorso, cure da seguire, si passa soprattutto per gli infermieri. Infermieri che, comunque, ti danno sempre l’impressione di sapere il fatto loro. Molti Italiani, quando arrivano nei paesi del Nord, restano inconsciamente scioccati da queste procedure. La domanda, tenuta per sé o esplicita, è sempre quella: “Ma è possibile parlare con un medico?”. Forse non ce n’è sempre bisogno?

Il pronto soccorso di sera

Il pericolo nell’oscurità

Una cosa che mi ha decisamente sorpreso nel passaggio da Drottningtorget (la zona della nostra prima casa in Malmö) a Triangeln (la zona della “city” in cui viviamo ora) è il gran numero di ciclisti, incuranti di pioggia, freddo e vento.

Un promessa doverosa: il centro di Malmö non è particolarmente dotato di piste ciclabili, quantomeno se paragonato a Stoccolma o altre città del nord.

In Italia i ciclisti si riversano sui marciapiedi, qui sono più civili e vanno in strada.

Il problema è il come: vanno noncuranti di tutto nell’oscurità più totale (anche se non ai livelli di Stoccolma, in questo periodo le ore di buio non mancano), spesso con lumini flebili e altrettanto spesso senza alcuna forma di illuminazione frontale, senza giubbotti ad alta visibilità e il più delle volte vestiti addirittura di nero.

Vederli è il più delle volte davvero un’impresa e, visto che raramente si fermano o rallentano agli incroci, mi sono trovato spesso a dover inchiodare all’ultimo momento per evitare il peggio.

Forse è solo una questione di abitudine da parte mia, ma mi sorprende davvero non poco notare come nella “sicura” Svezia non si prendano provvedimenti davvero elementari in termini di sicurezza. Basterebbero un corpetto e delle luci adeguate per ridurre parecchio i rischi…

E qui ci sono almeno le luminarie...

Berit

Ieri ci è venuta a trovare Berit.
Berit è la più grande tempesta che abbia colpito la Svezia da parecchi anni a questa parte: sabato la parte principale del ciclone (noto anche come Xavier) ha colpito il Norrland e la Norvegia, mentre domenica sera la “sorella minore” Berit Junior ha pensato bene di fare visita nello Skåne e sulla costa ovest (Göteborg e dintorni).
Venti gelidi con velocità simili a quelle della Bora, grande pioggia, chiuso il ponte di Öresund verso la Danimarca (ma non ai treni), sospensione quasi totale del traffico ferroviario (ma non sulla tratta Malmö-Copenaghen, per l’appunto), le autorità che invitavano la gente a chiudersi in casa e non uscire per nessun motivo.

Indovinate chi stava provando a fare un trasloco nel bel mezzo di tutto ciò?

Ci sono stati danni ingenti, con circa 50.000 persone isolate senza corrente e servizi, ma nulla di neanche lontanamente paragonabile alle recenti alluvioni che hanno colpito Liguria, Toscana e Sicilia. In Svezia, per motivi storici, geografici e di popolazione, non esiste il dissesto idrogeologico che tanti problemi sta causando in Italia.
Per quanto riguarda noi, a parte il fatto che il vento è riuscito a rovesciarci in strada una scatola piena di posate e a parte qualche palla dell’albero di Natale che ha letteralmente preso il volo direttamente dal furgone, non abbiamo avuto problemi enormi. Escludendo, appunto, la quantità d’acqua che ci siamo presi e una gran fatica.
Helena, che non è per nulla abituata a queste cose (l’area di Stoccolma è molto più misurata dal punto di vista metereologico, e questa era anche una situazione straordinaria), era letteralmente terrorizzata. Io, che sono abituato a certe tempeste genovesi, l’ho vissuta in maniera più normale, anche se alcune scene sono state sicuramente impressionanti.
Il gatto, nel caso vi interessi, sta bene e ha patito stress solo all’inizio delle operazioni.

Sto iniziando a soffrire il tardo autunno/inizio inverno dello Skåne, che è decisamente più antipatico di quello di Stoccolma. Mentre lì ci sono temperature molto basse, neve (ma gli ultimi due anni sono stati eccezionali, in tal senso) ma anche poco vento e umidità, con situazioni meteorologiche decisamente più misurate (lagom)
qui ci sono grandi correnti d’aria, più pioggia, forti tempeste e si patisce decisamente di più. Penso proprio che l’inverno di Stoccolma mi mancherà parecchio, quest’anno…

Treni e mezzi pubblici

Il treno appena arrivato

Uno dei primi paragoni che mi viene da fare fra Stoccolma e il sud è quello relativo ai mezzi pubblici.
Nonostante sia affidato a società diverse (nella capitale, la potente Storstockholms Lokaltrafik, qui Skånetrafiken, che coordina compagnie differenti), il servizio dei treni offre un livello qualitativo simile: la maggior parte dei convogli è in orario, non è infrequente qualche leggero ritardo (la Svezia non è la Svizzera), mentre più rari, e generalmente legati a guasti o intoppi seri, sono i ritardi superiori ai 5 minuti o le cancellazioni. Le corse, soprattutto sull’asse Malmö-Lund sono comunque talmente frequenti da mettere generalmente, al riparo da situazioni antipatiche, quantomeno se non ci si aspetta di arrivare all’ultimo secondo.

L'Öresundståg è il treno che porta in Danimarca, ma è anche molto utilizzato sulle tratte locali.

Fa sempre piacere notare la cura delle vetture: confortevoli, ci sono sezioni specifiche per biciclette, per chi ha bisogno di viaggiare con animali, e ci sono anche sezioni “mute” per chi si vuole godere il viaggio in silenzio, senza essere disturbato dal chiacchierio altrui o dallo squillare dei cellulari.

Pur viaggiando sempre in ora di punta, non mi è ancora capitato di restare in piedi: persino nei giorni del Malmöfestivalen, che attira sempre tante persone in città, ho sempre trovato il posto a sedere.

 

Il "4" a Lund, in un normale giorno lavorativo: completamente vuoto o quasi!
Per gli autobus la situazione cambia di poco: generalmente poco affollati, frequenti e comodi, offrono ben altra qualità del servizio rispetto ai loro cugini italiani. Curiosamente, però, qualcosa di strano succede sul numero 4 che mi porta dalla Stazione Centrale di Lund al lavoro e viceversa: se al mattino il servizio è sempre puntuale, al pomeriggio non ha mai rispettato una volta l’orario previsto, e l’arrivo in stazione per il rientro è sempre un’incognita. Nulla di cui lamentarsi, visto che l’autobus è sempre vuotissimo e quindi comodissimo, e comunque i treni per il ritorno a Malmö non mancano.
Insomma, nulla a che vedere con le peripezie cui sono sottoposti i pendolari italiani, a partire dalla puntuale e tragicomica segnalazione “il treno taldeitali non è stato effettuato” (ovviamente annunciata sempre all’ultimissimo minuto, anche quando l’informazione avrebbe dovuto essere disponibile da tempo).

Tutto il sistema, è, come dicevo, coordinato da Skånetrafiken, che si occupa anche di biglietti ed abbonamenti: il costo di questi ultimi è un forte elemento di differenziazione rispetto a Stoccolma. Mentre nella capitale si paga una quota fissa (690 corone) per girare in tutta l’estesa contea, qui il sistema è modulare, e si può andare dalle 310 corone (una zona) alle 1060. Io pago esattamente come a Stoccolma, ma sono più limitato nei movimenti, visto che posso utilizzare l’abbonamento solo ed esclusivamente nelle 6 zone che riguardano il mio percorso.
Fino a giugno si potevano comprare i biglietti direttamente sull’autobus, ma ormai vale la regola del kontantfritt: si può salire sul mezzo solo avendo già un biglietto, che si può comprare presso certi rivenditori, via sms, oppure utilizzando le carte prepagate ricaricabili JoJo (che offrono uno sconto del 20%). Se viaggiate con un parente o un amico, potete acquistare i biglietti Duo, che permettono di avere ulteriori sconti. In giro per Malmö ci sono persino le pubblicità che ti invitano a trovare un compagno di viaggio direttamente in stazione, al fine di risparmiare soldi (soprattutto in caso tu vada a Copenaghen, visto che il costo non è proprio irrisorio)! In compenso, ottima cosa durante l’estate: per due mesi, dal quindi giugno al quindici agosto, si viaggia in tutto lo Skåne per 450 corone complessive, un prezzo davvero irrisorio rispetto al resto dell’anno.

Un treno "non effettuato" può capitare anche qui... ma è raro!