Un mondo all’incontrario

Uno degli svantaggi del vivere in campagna è che spesso hai a che fare con persone dalla non troppo ampia apertura mentale e comprensione di ciò che sta succedendo nel mondo. Quello che però non ti aspetti è a che a presentarsi in questa maniera siano le persone che lavorano nel sistema educativo.
Ora, cominciamo con una premessa: l’inizio scolastico di Aurora non è stato dei più fortunati. Proprio in coincidenza dell’apertura dell’anno didattico, mio padre si è malato gravemente, ed è poi venuto a mancare. Quindi, fra viaggio in Italia, quarantena che ci siamo imposti (perché moglie e figlia si sono prese un forte raffreddore al rientro) ed altro ancora, Aurora ha effettivamente perso dei giorni di scuola all’inizio. Ma ha comunque recuperato in fretta (qui si procede molto lentamente, e lei sa già leggere bene), e a scuola va sempre volentieri.
Alla direzione e al personale scolastico, però, questo inizio non è andato bene, e soprattutto non va bene una cosa: Aurora è l’unica bambina a scuola a preoccuparsi di 1) indossare la mascherina 2) cercare di mantenere le distanze. E sia chiaro che non la costringiamo noi: lei è ben felice di portare la mascherina e ci tiene a non avere altri bambini incollati a lei.
All’inizio dell’anno scolastico, ancora, qualcosa per provare ad arginare la pandemia si faceva. La ginnastica si faceva all’aperto, non si faceva la doccia a scuola, le classi pranzavano separate. A nostro avviso era troppo poco, ma comunque meglio che niente. Da metà settembre, nulla di tutto ciò. Ginnastica al chiuso, Aurora obbligata condividere la doccia con un’altra bambina (!), banchi raggruppati ad isola, alunni incoraggiati a suonare a turno lo stesso strumento a fiato (!!), a massaggiarsi (!!!) Insomma: secondo la nostra scuola (che sicuramente seguirà alte direttive), la pandemia non esiste.
Il vero problema, per loro, è la mascherina. Più volte è stata invitata a togliersela dal personale docente (indecente?) perché “non ti sentiamo bene”, “ma perché la porti?”, “se fai la doccia la devi togliere”. Lei, giustamente, si rifiuta.
Poi sia chiaro, ci sono state altre assenze occasionali. Se Aurora un giorno è fortemente raffreddata o ha la temperatura alta, quel giorno non la mandiamo a scuola, in giornata la testiamo (abbiamo comprato i test rapidi salivari, che facciamo a casa) e se tutto è a posto la mandiamo il giorno dopo. Cerchiamo di avere un approccio responsabile.
Ora, da oltre una settimana Aurora ha una febbriciattola che si trascina: nulla di serio (speriamo!) ma stiamo indagando con il vårdcentral per capire cosa sia esattamente, visto che non è la prima volta che succede. La diagnosi sta prendendo più tempo del previsto perché all’inizio non eravamo sicuri che la febbre fosse una conseguenza del vaccino anti-influenzale e poi perché l’ambulatorio non ha accettato (giustamente!) il risultato del test rapido e, prima di visitarla, ha voluto il risultato di un tampone molecolare.
Bene: approfittando di questa assenza, la preside della scuola ha deciso di segnalarci ai servizi sociali. Per le assenze? Anche, ma soprattutto perché “costringiamo la bambina ad indossare una maschera a scuola”. Oggi abbiamo chiamato la responsabile dei servizi sociali per fissare un appuntamento, ma ci ha chiesto subito “ma che maschera è?” E quando le abbiamo spiegato che è una mascherina per evitare il Covid-19 si è messa a ridere, ha risposto “ma io vi capisco!” e ci ha detto che rispedirà la segnalazione al mittente. Qualcuno con cervello, in un mondo all’incontrario, c’è.

Vovve, Volvo, Villa

Si dice che il sogno di ogni famiglia svedese sia di possedere le “tre V”: vovve (cane, nella parlata dei bambini), Volvo (l’auto, ovviamente), villa (la casa indipendente). Noi abbiamo un gatto, una Dacia e una Ford, ma abbiamo appena messo una spunta sulla terza casella.

Ci siamo trasferiti a Smedstorp, comune di Tomelilla, nell’Österlen, a poco più di un’ora da Malmö. Ne parleremo più avanti!

Qual è il posto più noioso in cui abbiate mai guidato?

Per me, ve lo dico subito, quel posto è l’autostrada E4 lungo lo Småland, la provincia storica che sta subito a nord dello Skåne e che è la patria dell’IKEA.

Un’area dove crescono solo conifere, per boschi su boschi che ti fanno affogare nella noia più totale. Se già a salire verso Stoccolma il tratto è davvero pesante, a discendere verso casa la sera è semplicemente un tragitto infinito: da Jönköping ad Örkelljunga (ma poi bisogna aggiungere anche un prolungamento ulteriore in Skåne) sono quasi 200 chilometri dove l’unico brivido può venire da un cantiere stradale o dal breve tratto in cui l’autostrada diventa una statale. Anche lì resta tutto uguale dato che cambiano solo i limiti di velocità, e ci sono passaggi ad una sola corsia.
Il panorama. Non. Cambia.

La verità è una sola: in Småland i chilometri sono più lunghi. Enoncelodicono!

L’Estate

Mentre leggo che da altre parti d’Europa ci si lamenta per il tempo, qui nel Sud della Svezia ci stiamo godendo, da inizio maggio a ora, una delle estati* più belle di sempre.

Giornate calde (ma mai torride), tanto sole e tante ore di luce e una meravigliosa sensazione di pace.
Esserci trasferiti in campagna a Lackalänga è la cosa migliore che potessimo fare: Aurora passa tanto tempo nella piscinetta gonfiabile o a giocare nel prato di fronte a casa e non c’è un solo momento in cui rimpiangiamo l’essere andati via da Malmö!

Finirà, e anche presto probabilmente, ma quest’anno il tempo sta andando davvero oltre ogni aspettativa!

Questa mattina a colazione

Ieri sera dopo cena

Un’ordinaria sera di relax

La nostra veranda dopo il tramonto


* Sì, estati. Perché qui in Svezia l’estate non è definita in base a date fisse, ma sul calcolo delle temperature medie giornaliere. E da inizio maggio, siamo ufficialmente nell’estate meteorologica.

Hej då, Malmö!

Una camicia (almeno all’apparenza) insanguinata abbandonata fuori dal portone di casa a Kirseberg.

Lo avevamo deciso da tempo: a meno di vivere in uno dei quartieri davvero bene, Malmö non è una città in cui crescere bambini. Troppa violenza, troppe sparatorie, troppi accoltellamenti, troppi episodi anche di piccole dimensioni ma che comunque contribuiscono a rendere la città sempre meno vivibile.

Certo, la gente “normale” raramente viene colpita dai delitti più seri, e, nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di questioni interne alle gang, ma la sensazione di mancanza di sicurezza cresce ad ogni giorno di più, ad ogni nuovo episodio piccolo e grande. Tutto questo mentre la Polizia (e con lei lo Stato) sembra essere sempre più impotente, e limitarsi a piccole operazioni di facciata che non risolvono certo il problema alla radice.

ref=”https://insvezia.files.wordpress.com/2017/10/img_1043.jpg”> Alba su Lackalänga[/ca
Per questo, prima dell’estate, abbiamo iniziato a cercare un posto in affitto in campagna per provare come si vivesse e, per fortuna, siamo riusciti a trovarlo quasi subito.
Passati i tempi tecnici, lo scorso fine settimana ci siamo trasferiti in una meravigliosa moderna radhus (casa a schiera) a Lackalänga, piccolo villaggio da idillio alle porte di Furulund, cittadina inclusa nel comune di Kävlinge.
E stiamo alla grande, con la pace, la tranquillità e un ambiente decisamente più salutare.
Solo il tempo ce ne darà conferma, ma al momento sembra davvero improbabile che ci possiamo pentire della scelta.

È difficile trovare cannoli in Svezia…

…ma ad Elsimburgo mi sono imbattuto nella Pasticceria Cucco, l’unica konditori italiana di cui sia a conoscenza. Ottimi cannoli, appunto, eccellente caffè e tante altre paste invitanti. Perché, per quanto le adori, non si può vivere di sole fika svedese e prinsesstårta.

E bisogna dire che il bolognese David e sua moglie Nadia sono davvero persone squisiste e cordiali!

Ramlösa Hälsobrunn

A volte ti capita di finire in un posto quasi per caso, e di rimanerne meravigliosamente affascinato. Mercoledì sera ci siamo ritrovati a passeggiare velocemente per il Brunnpark di Ramlösa, un luogo meraviglioso che sembra essere rimasto fermo nel tempo.
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Ramlösa era una località che oggi è diventata un suggestivo sobborgo di Elsimburgo (Scania), e che è piuttosto famosa nel mondo per l’omonima marca di acqua minerale. Acqua minerale che nasce proprio in questo parco dalla storia particolare: intorno al 1677, mentre la Svezia era impegnata in guerra con la Danimarca, ci si rese conto che i soldati che si dissetavano a Ramlösa si rimettevano in forze riprendendosi da alcuni malanni. In un bosco della località, ad inizio ‘700 fu scoperta, in particolare, una sorgente di acqua ferrosa capace di ottime doti curative, cosa che diede il via a quello che fu un “centro benessere” frequentato da persone di tutto il regno. La fonte fu inaugurata nel 1707 e, pian piano, nuove strutture cominciarono a sorgerle intorno per aiutare e ospitare il crescente numero di pazienti e turisti desiderosi di benessere: persone di tutte le classi sociali si incontravano nel Parco durante i periodi di cura con l’acqua salutare. Ad inizio ‘800 il parco era un gran luogo di villeggiatura e festeggiamenti. Nel 1807 si costruì il primo Grand Hotel, una struttura con grandi sale e venti stanze totali. In seguito ad un incendio, sarà rimpiazzato dalla versione attuale (uno degli edifici in legno più grandi di Svezia) nel 1880. Attorno cominciarono a fiorire splendide ville, un centro termale e anche un “lazzaretto”, finanziato dal Re nel 1835 per permettere anche ai più poveri di potere godere delle acque curative di Ramlösa.  A fine ‘800 alcuni lavori di escavazione portarono alla scoperta di una seconda fonte, questa volta di un’acqua con poco calcare, ricca di minerali e leggermente alcalina. Questa nuova acqua fu molto apprezzata, al punto che si decise di iniziare a imbottigliarla e commercializzarla. Nacque l’acqua minerale Ramlösa, diffusa in tutto il mondo e oggi una parte importante del colosso Carlsberg. Il parco continuò la sua vita, ma dopo l’apice di fine ‘800 e inizio ‘900 (periodo nel quale si installarono brevemente anche delle attrazioni da parco divertimenti), arrivò l’inesorabile declino. Ad Elsimburgo fu costruito un Parco Popolare più adatto ad ospitare la voglia di sfogo dei locali, l’inesorabile accorciamento delle distanze globali portò i turisti a preferire destinazioni più esotiche, mentre le condizioni dei malati furono risolte da scienza e medicina meglio di quanto potesse fare la miracolosa acqua di Ramlösa. Durante la Seconda Guerra Mondiale il Parco fu utilizzato per ospitare 13000 rifugiati, operazione ripetuta a seguito della rivoluzione ungherese del 1956.  Dopo la guerra, mentre si impennava la vendita di acqua minerale, l’area perdette sempre più importanza, rischiando di cadere nelle mani di speculatori che progettavano di abbattere il Grand Hotel per costruire un centro commerciale attorniato da campi sportivi. Per fortuna prevalsero le proteste e il buon senso. Dichiarato come monumento protetto nel 1973, l’intero parco è stato quindi salvato e restituito alla collettività. Certo, il Grand Hotel è oggi sede di uffici e di un centro di riabilitazione, il centro termale è un condominio, le grandi feste e i balli sontuosi non esistono più, ma tutto è ancora bello come un tempo e le splendide ville in legno ottocentesche (di proprietà di privati, ma comunque protette) sono una gioia per gli occhi che ci portano indietro nei tempi. E mi dispiace tanto che non ci sia una Dear Miss Fletcher trapiantata in Svezia che possa immaginare e raccontare le vite delle persone che sono passate per quei prati e per quei viali sterrati!

Il parco oggi…

E ieri…

Kivik, Österlen

L’Österlen, la parte sud est della Scania, è una delle zone turistiche più suggestive e amate di Svezia, grazie al suo clima temperato, al mare, ai frutteti, ai paesaggi suggestivi e ai piccoli borghi idillici che sanno di serenità.
Fra questi, spicca sicuramente Kivik, una frazione di Simrishamn che, nel tempo, è diventata la “capitale” svedese della coltivazione delle mele, oltre che una suggestiva e pittoresca cittadina con nomi di vie speciali quali “Via del Pirata” o “Via del cucù-sette”.

L’abbiamo visitata una prima volta durante l’estate, e ne siamo rimasti affascinati al punto che – per almeno un giorno – abbiamo valutato seriamente l’ipotesi di prendervi casa, prima di arrenderci al fatto che la distanza dal mio posto di lavoro è davvero eccessiva.


Nei dintorni di Kivik c’è anche un monumento importante: la Tomba del Re (Kungagraven), una grande sepoltura risalente all’Età Nordica del Bronzo.

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Ma Kivik è anche e soprattutto sinonimo di mele e di succhi di mele (oltre alla Kiviksmusteri, una delle più grandi aziende produttrici di succhi di frutta, ci sono tanti laboratori artigianali che producono le loro varianti), ed ecco che, ad ogni fine di settembre, viene allestito un importante mercato visitato da tutta la Svezia.
A rendere il tutto più suggestivo, viene costruito ogni anno un gigantesco quadro fatto di diverse varietà di pomi, quadro che viene poi lasciato in prossimità del porticciolo a risplendere illuminato dalla luce del sole (che, la sera, tramonta alle spalle del mare), per un effetto davvero impressionante.
Quello di quest’anno era di 108 metri quadrati e per la sua creazione sono state utilizzate circa 35 mila mele di quattordici varietà differenti.
Per questioni di lavoro ci siamo persi la giornata del sabato, che è la più importante, e siamo arrivati giusto un paio d’ore prima della chiusura della domenica (cosa che ci ha permesso di risparmiare di pagare l’ingresso), ma ne è comunque valsa la pena: ci siamo goduti un giorno caldo e vissuti un’esperienza sicuramente speciale.

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Scoprire cose nuove

10352273_10202940590408347_997573685707094391_nIeri, per cercare di sfuggire alla torrida estate svedese, siamo andati a Skanör, gran bel posto di villeggiatura nel sud dello Skåne.
Mentre mi stavo incamminando lungo il lento declivio marino (temperatura dell’acqua: 23 gradi), mi sono ritrovato completamente circondato da meduse. Tornato a fatica sulla riva cercando di evitare ogni contatto, mi sono chiesto come facessero tutti gli altri a correre, nuotare e giocare a palla senza alcun problema in un mare pieno di meduse.
Ho chiesto e mi hanno risposto: quel tipo di meduse non brucia. Nella mia ignoranza, pensavo che tutte le meduse fossero pericolose, invece queste sono piuttosto comuni qui e non danno fastidio.
Fare il bagno alle sette di sera è stata una cosa meravigliosa: l’acqua era ancora calda ed era un vero piacere stare immersi. Adesso, però, spero sinceramente che le temperature si riabbassino! 😀

La spiaggia di Skanör (foto di questa primavera)
La spiaggia di Skanör (foto di questa primavera)
Il porto di Skanör (foto di questa primavera)
Il porto di Skanör (foto di questa primavera)

In compenso, fra le cose belle da segnalare, c’è il saluto al sole da parte di Malmö.
Da qualche anno a questa parte, nel mese di luglio, si tiene a Västra Hamnen una manifestazione chiamata Goodnight Sun: concerti acustici per accompagnare il tramonto, in una cornice davvero suggestiva.
Ecco alcuni momenti da una serata di quest’anno:
Goodnight Sun 2014 - concerto
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Goodnight Sun 2014

E un paio dall’anno scorso:
Goodnight Sun 2013
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Due sabati

Approfittando dell’estate svedese, abbiamo dedicato gli ultimi due sabati ad escursioni a basso costo in due apprezzate località turistiche scaniche, Mölle e Båstad.

Mölle

Mölle, sulle pendici del promontorio di Kullaberg, è un altro di quei piccoli borghi originariamente devoti alla pesca e poi evolutisi in apprezzato luogo di villeggiatura. Adorata dai tedeschi (a inizio ventesimo secolo c’erano addirittura treni diretti da Berlino), è una cittadina affascinante e suggestiva, la cui vista è dominata dallo spettacolare Grand Hotel. Nonostante una giornata nuvolosa, siamo riusciti a godercela grazie ad una temperatura piacevolissima.
Alle spalle di Mölle giace la riserva naturale di Kullaberg, che abbiamo esplorato velocemente nel tardo pomeriggio, scovando un luogo suggestivo come la mini spiaggia di Ransvik.

Ransvik
Ransvik pier

Sempre nei pressi di Mölle si trovano il castello di Krapperup e un caratteristico café di nome Flickorna Lundgren. Se il primo è il tipico castello svedese, le cui parti più interessanti sono il giardino e l’aia esterni, il secondo è un posto con un che di magico, che serve dolci davvero deliziosi.

Krapperup Castle
Flickorna Lundgren

In serata, ci siamo poi lanciati in una mini spedizione lampo nella vicina Ängelholm, ma lì, più che il bel centro, non abbiamo visto praticamente nulla.

Due giorni fa, invece, è stata la volta di Båstad. Nota agli appassionati sportivi per i Swedish Open di tennis, la cittadina offre sensazioni decisamente diverse rispetto al feeling caratteristico di Mölle: la parte vicino al porticciolo è dominata dalla spettacolare arena tennistica e da hotel e ristoranti moderni, mentre nella periferia si trovano ville lussuose con splendida vista mare. Sarà che vi siamo capitati, senza saperlo preventivamente, negli ultimi giorni della manifestazione, ma anche il tipo di turisti presenti ha dato sensazioni differenti: decisamente più in tiro e “stoccolmese” (inteso, in particolare, come stoccolmese di Stureplan, il quartiere posh della città) rispetto a quello visto in Mölle o Grebbestad.
A fare la differenza in Båstad è sicuramente la bella spiaggia: mai come sabato, in una giornata perfino troppo calda, ho rimpianto di non essermi portato dietro il costume da bagno!

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Come molte altre spiagge svedesi, anche quella di Båstad è dominata dalla Kallbadhuset, una costruzione posta in mezzo al mare in cui è possibile cambiarsi per poi immergersi direttamente in acque abbastanza profonde (il declivio, da queste parti, è generalmente piuttosto lento). Molte Kallbadhus includono anche una sauna, per coloro cui piace alternare le due sensazioni.
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Båstad in the evening
Anche il porticciolo di Båstad è particolarmente bello, pieno di locali, negozietti ed altro ancora. Certo, in qualche modo, però, sembra mancare quel feeling speciale che pervade posti più sinceramente caratteristici. Purtroppo, però, non abbiamo avuto il tempo di visitare i Giardini di Norrviken, che ci hanno detto essere splendidi, e probabilmente torneremo un giorno solo per questi.
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Una curiosità: tanto da Mölle/Kullaberg quanto da Båstad partono due strade note come Italienska Vägen (“La Strada Italiana”) per via del loro inerpicarsi su promontori a ridosso del mare. E, in particolare, quella di Kullaberg mi ha proprio dato, a tratti, l’impressione di trovarmi quasi in Liguria. Una sensazione quasi surreale!

Italienska Vägen con Mölle negli anni '50 Foto di pubblico dominio.
Italienska Vägen con Mölle negli anni ’50
Foto di pubblico dominio.

Il ponte

Per chi mi chiede cosa ci sia di bello da guardare sulla televisione svedese, segnalo una serie che mi ha folgorato di recente: una spettacolare coproduzione poliziesca svedo-danese intitolata Bron/Broen (“il ponte”).

Nonostante sia ambientata fra Malmö e Copenaghen, e quindi praticamente a casa mia, l’avevo inizialmente snobbata: mi era capitato di vedere uno spezzone di episodio a serie iniziata e avevo avuto l’impressione di trovarmi di fronte a qualcosa di terribilmente deprimente.
Nulla di più sbagliato! Riscoperta tramite Netflix, e vista dall’inizio, la serie ti cattura da subito con una tensione incredibile, una trama avvincente e grandi personaggi.

Bron

I protagonisti sono tre: una detective svedese fiscale ed asociale (si intuirà in fretta essere colpita dalla sindrome di Asperger), la sua controparte danese (un poliziotto amichevole e umano, ma chiaramente disastroso nella gestione della vita sentimentale) e, ovviamente, il gigantesco e silenzioso ponte di Öresund, che dà il titolo alla serie ed è teatro di molte scene cardine.
La prima stagione è davvero d’alta scuola: pochissimi effetti speciali, nessun imbellimento, suspence e colpi di scena determinanti.
La seconda ha un impatto iniziale minore (e, forse, qualche incongruenza) ma è comunque notevole nel crescendo.
In ogni caso, roba da tenerti inchiodato di fronte allo schermo!

La serie gioca talvolta sugli stereotipi delle differenze fra i rigidi svedesi e i libertini danesi, ma lo fa senza indulgervi, ed anche per questo è estremamente godibile, grazie anche all’ironia di certi dialoghi e situazioni.
In ogni caso, non aspettatevi solarità e lieto fine a tutti i costi.

L’unica cosa poco credibile di Bron è il parlato: non solo non c’è quasi traccia dello skånska, ma svedesi e danesi comunicano nella rispettiva lingua senza mai alcun problema di comprensione (salvo una scenetta nel primo episodio, messa lì per sbarazzarsi della questione).
D’altronde si è trattato praticamente di una scelta obbligata: le alternative sarebbero state di recitare in inglese (scelta fattibile ma poco “nazionale”) o moooooolto lentamente e con continue ripetizioni. Per fortuna ci sono i sottotitoli!

E, a proposito di sottotitoli, la serie è stata trasmessa dalla BBC con il titolo The Bridge, quindi si trova senza problemi con testo inglese.

Bron è talmente bella che gli americani ne hanno fatto un remake, chiamato anch’esso The Bridge e ambientato fra Texas e Messico: non l’ho visto e non ho, in tutta sincerità, troppe intenzioni di farlo; purtroppo sospetto che in Italia sia arrivato quello e non l’originale, ma forse è bene così: l’ottima interpretazione di Sofia Helin e Kim Bodnia risulterebbe probabilmente uccisa dal doppiaggio. Anche inglesi e francesi hanno fatto un remake di Bron, intitolato, con molta fantasia… (The) Tunnel.
Magari nel frattempo sarete fortunati al punto di avere un rifacimento italo-austriaco a titolo Broennero; personalmente, mi tocca aspettare fine 2015 per la terza stagione dell’originale!

Tutto il mondo è paese

Ieri sera il sud della Svezia è stato colpito da una dei più grandi uragani che si ricordino, la prosecuzione di quello che in Inghilterra è stato chiamato Saint Jude. Per questioni di santi sul calendario, che sono diversi, il nome assegnato localmente a questa tempesta di vento è stato Simone, ma il succo è stato lo stesso. Certo, dopo avere sfogato la propria potenza in Irlanda, Regno Unito, Olanda e Danimarca, la tempesta di vento ha sicuramente perso un po’ di forza al suo arrivo da queste parti, ma i disagi non sono mancati. Ci sono stati ingenti danni alle cose, ma pochi alle persone: la cosa è stata merito dell’organizzazione di sicurezza, che ha saputo gestire ottimamente l’emergenza.
L’autorità Trafikverket ha disposto la chiusura senza precedenti di tutto il traffico ferroviario, senza mezzi sostitutivi, già dal primo pomeriggio, costringendo di fatto molti pendolari al rientro anticipato. Gli asili sono stati chiusi, e molte aziende (ma non la mia, ovviamente) hanno autorizzato i dipendenti a rientrare a casa prima dell’arrivo della tempesta. Persino Emporia ha chiuso con un paio d’ore d’anticipo!
Rientrare a casa nel mezzo dell’uragano non è stato per nulla bello, con la macchina in balia del vento, e oggetti ed edifici che se ne volavano qua e là. Ad Entrè, il centro commerciale in prossimità del quale i colleghi mi hanno lasciato, ho avuto la fortuna di vedere una porta di vetro andare in pezzi proprio nel momento in cui stavo per passare; sotto casa ho dovuto accuratamente evitare un angolo in cui cadevano le tegole dal tetto.
Dentro casa si stava tranquilli, ma non troppo: abbiamo cercato di mettere in sicurezza la porta del terrazzino, mentre il vento pulsava forte contro le finestre (ricordo che qui non esistono serrande o persiane) e le tegole continuavano rumorosamente a cadere sulla strada, il marciapiede, e le auto sottostanti. A quelcuno è andata peggio: noi almeno avevamo la corrente elettrica, mentre 70.000 persone sono rimaste senza.

Tegole cadute, questa mattina.
Tegole cadute, questa mattina.

Insomma, non ce la siamo passata bene ma, tutto sommato, poteva andare molto peggio: un po’ grazie all’organizzazione, un po’ grazie alle caratteristiche orografico-territoriali (in Italia sarebbe stato un disastro), lo Skåne ne è uscito benino. Qui una minigalleria fotografica.

Ancora questa mattina ci sono pesanti disagi, con molti treni cancellati o in ritardo, ma la situazione sta tornando alla normalità. Il cielo è coperto ma, per ora, non piove e non c’è vento.

In tutto questo casino, quale era, secondo voi, la notizia principale sui siti web dei giornali locali, ieri sera, dopo che l’allarme era passato? Ma, ovviamente, la vittoria nel campionato di calcio del Malmö FF!

Malmö FF Guld

E anche stamattina le locandine non scherzavano.

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Insomma. Per tutti quelli che dicono “Solo in Italia, il calcio…”

Il continente

Mi ha sempre fatto impazzire il fatto che gli svedesi si riferiscano a Copenaghen come “continente”, quando la capitale Danese è posta su un isola, mentre la Svezia è parte di una penisola che, del continente Europeo, fa parte sul serio.

La recente visione di un documentario (in svedese) del 2006 sul dialetto scanico, mi ha permesso di capire veramente il modo di pensare degli Svedesi. Il documentario (purtroppo non ho trovato sottotitoli di alcun tipo) è davvero interessante, e porta avanti una tesi importante per cui il “confine continentale” non sarebbe quello marino dello stretto di Öresund, ma andrebbe invece identificato all’interno del territorio svedese.

Immagine presa dal documentario della tv di stato Svenska dialektmysterier
Immagine presa dal documentario della tv di stato Svenska dialektmysterier

Ci sono alcune differenze fondamentali che, ancora oggi, separano lo Skåne dal resto della Svezia. Le più evidenti sono nella lingua e nell’architettura, ma anche in certe situazioni pubbliche.
Il giornalista autore del servizio fa infatti notare come nei caffè e nelle Konditori del sud si venga talvolta ancora serviti ai tavoli, cosa che gli Svedesi associano allo stile di vita continentale. Nel resto del paese bisogna portarsi da soli cibo, caffè e tazze dal banco o da grosse tavolate appositamente predisposte.
Ed effettivamente, a pensarci, anche la mia pasticceria preferita di Svezia, la suggestiva ed elegante Sundbergs a Stoccolma, è basata sul “self service”.

Sulla lingua ho già fatto qualche accenno in passato: gli svedesi trovano ostico il dialetto skånska, le cui due peculiarità principali sono la erre arrotolata (presente anche nel danese e di origine francese) e i particolari dittonghi (minuto 17:40 del documentario). Questi ultimi sono invece una caratteristica unica condivisa solo con i danesi dell’isola di Bornholm, la sola zona in cui si parla ancora il “danese orientale” che è alla base, appunto, dello skånska.

Ma è con l’architettura che le cose si fanno più interessanti anche per chi non coglie le sfumature del parlato: uno degli elementi simbolo dei panorami svedesi sono infatti le celebri case di legno colorate in Rosso Falun, diffusissime in tutta la nazione. Tutta la nazione tranne lo Skåne.

Da Wikipedia - foto di Susann Schweden. Licenza Creative Common
Da Wikipedia – foto di Susann Schweden.
Licenza Creative Common

Abitazione a Mullhyttan
Abitazione a Mullhyttan

Qui nel sud è infatti molto più tipico il mattone con intelaiatura a traliccio (Korsvirke in svedese), in forme simili a quelle molto diffuse, appunto, nel continente e Inghilterra (le cosiddette “case Tudor”).
Abitazioni di questo tipo sono molto frequenti nelle campagne, ma se ne trovano spesso anche in città, come nel caso di Lilla Torg a Malmö, o di buona parte del centro storico di Ystad.

Case in korsvirke ad Ystad
Case in korsvirke ad Ystad
Da Wikipedia – foto di Jorchr.
Licenza Creative Common

Lilla Torg
Lilla Torg

I motivi di queste differenze sono soprattutto storici e geografici. Lo Skåne apparteneva infatti alla Danimarca fino al 1658, anno in cui, durante una delle molte guerre del periodo, l’esercito Svedese marciò dalla Polonia fino alla Danimarca del sud per poi attraversare (a piedi e cavallo!) i tratti di mare ghiacciato del Piccolo e del Grande Belt, arrivando a sopresa alle porte di Copenaghen. Nonostante le promesse iniziali, secondo cui l’allora Danimarca dell’Est avrebbe conservato lingua e leggi originali, ci fu una spietata assimilazione, con il divieto di parlare danese e il rogo di tutti i testi che non fossero in svedese. Quello che resta di questa operazione di pulizia è, appunto, lo skånska, la versione svedesizzata del vecchio danese dell’est.
Ma anche la geografia ha avuto il suo ruolo: la Scania è situata nella penisola Scandinava, ma è, in realtà, separata dal resto della Svezia da paesaggi aspri e fitte foreste che rendevano piuttosto complicati gli scambi, mentre lo stretto di Öresund poteva, invece, essere percorso agevolmente da imbarcazioni. Insomma, la cultura continentale riusciva ad arrivare piuttosto facilmente a Malmö e dintorni, ma si fermava sulle foreste che separano lo Skåne dal resto della Svezia.

Il giornalista di SVT ha fatto un semplice esperimento: è risalito lungo le campagne da Malmö per cercare il punto in cui le case in korsvirke vengono rimpiazzate da quelle in legno rosso. Lo ha trovato (minuto 21:07) in Örkelljunga, cittadina in cui le due tipologie abitative coesistono.
A fare da controprova, l’area di diffusione dei dittonghi dello svedese del sud coincide, più o meno, con lo stesso territorio.
La conclusione del servizio è quindi che il confine fra il “continente” e un non specificato “non continente” (il “Nord”?) sia da trovare proprio a Örkelljunga e nei paesi che fanno parte della stessa fascia.

Personalmente, non so come reagire a questo tipo di pensiero. Devo dire che il sud è la zona del Regno che ho visitato per prima, e quindi, per me, è quasi naturale associare questo tipo di architettura alla Svezia. Per mia moglie, invece, non è proprio così: sin dalla prima volta che siamo scesi assieme al sud non ha mai mancato di farmi notare come tutto per lei fosse “danese” o, appunto, continentale. Ed, effettivamente, le sensazioni ambientali che ricevi da una città come Lund sono decisamente diverse da quelle che hai da Uppsala, giusto per citare due località paragonabili: lo Skåne è sicuramente il ponte culturale che unisce la Svezia alla Danimarca, così come la Danimarca è il ponte fra il Nord e la Mitteleuropa. Pur con questo assunto, devo dire, però, che trovo davvero difficile pensare che il continente finisca ad Örkelljunga…

Il partito del sorriso

Si è parlato spesso in Italia, e lo si rifarà, degli Sverigedemokraterna, l’anima svedese del populismo nazionalista. Ora, come molti abitanti di Malmö, ricevo regolarmente nella casetta della posta, senza che lo abbia mai richiesto, materiale informativo dei Democratici. La prima cosa che salta agli occhi, sfogliando le pubblicazioni, è l’immagine stessa del partito, assolutamente lontana dagli stereotipi che uno potrebbe associare ai tipici movimenti di estrema destra. Il simbolo dei Demokraterna è un bel fiore (gialloblù, ovviamente), l’impaginazione e le foto lasciano grande spazio al bianco, le persone rappresentate sorridono in maniera serena, a lasciare intendere un messaggio positivo e solare.

Nulla, quindi, che faccia pensare ad una forza politica che si pone “contro” qualcosa, e una bella differenza rispetto agli inizi, quando prevalevano un’immagine decisamente più guerresca e una simbologia più tipica dell’estrema destra.

Questo cambiamento è da imputarsi alle politiche di moderazione imposte dai leader che, a partire dalla seconda metà degli anni ´90, hanno guidato il gruppo: prima l’ex centrista Mikael Jansson, poi il giovane Jimmy Åkesson hanno cambiato profondamente il partito, sconfessando le origini neo-naziste, bandendo l’uso delle uniformi e del simbolismo estremo, accettando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, estromettendo gli estremisti e chi propagandava idee razziste. La politica degli Democratici Svedesi di oggi è una politica nazionalista, che sconfessa pubblicamente il razzismo ma si dichiara contraria alle politiche di immigrazione, che si pone contro l’Islam e a favore della conservazione dell’identità tradizionale svedese. In sostanza, qualcosa di molto simile alla nostra Alleanza Nazionale prima maniera e, per altri versi, ad una certa parte della Lega, pur mancando – ovviamente – la componente separatista. Questa scelta di intraprendere una strada moderata e “rispettabile” ha permesso ai Demokraterna di conquistare consensi anche fra chi non avrebbe mai accettato un partito apertamente razzista e di costruirsi, in particolare, una roccaforte a Malmö e nello Skåne, l’area in cui la presenza dell’immigrazione è più massiccia, inserita nel tessuto cittadino e meno confinata alle cosiddette “aree ghetto”, come invece a Stoccolma. Nonostante questo processo, e la crescita di consenso, i Democratici restano una forza ostracizzata nel panorama politico nazionale: se, da un lato, bisogna ricordare che gli Svedesi non hanno mai vissuto la forte contrapposizione politica tipica di quello che è il dualismo storico all’Italiana fra (centro)destra e (centro)sinistra, e nessuno si è mai scandalizzato se una persona vota l’altra fazione, dall’altro il partito di Åkesson resta tabù e i suoi simpatizzanti vengono automaticatamente, a volte a torto a volte a ragione, bollati come razzisti (se poi lo siano o no, è davvero difficile capirlo: è rarissimo che gli svedesi parlino di politica, e, sicuramente, i primi a non esporsi sono proprio i simpatizzanti democratici). Anche dopo le ultime elezioni, che hanno visto il primo ingresso dei Demokraterna in parlamento, nessun altro partito del Riksdag, sia di destra che di sinistra, ha ufficialmente aperto un dialogo con la forza di estrema destra. Il fatto è che, secondo molti, il rinnovamento dei Demokraterna è stato solo un’operazione di marketing di facciata, e, dietro il doppiopetto, continuerebbero a nascondersi un’anima profondamente razzista e una cultura neonazista, pronta a manifestarsi al momento giusto. Non aiutano, certo, alcuni incidenti in cui sono stati coinvolti rappresentanti del partito, come il caso che ha visto tre di loro (di cui due parlamentari) insultare una donna e un immigrato ubriaco, per poi armarsi con spranghe prima dell’arrivo della polizia. Curiosamente, l’intera scena era stata filmata proprio da uno dei tre politici, e solo dopo un paio d’anni è entrata in possesso del tabloid liberale Expressen, che l’ha resa pubblica. In seguito allo scandalo scoppiato, i due parlamentari sono stati costretti ad abbandonare le posizioni di vertice in seno al partito, pur conservando l’iscrizione allo stesso e, soprattutto, il seggio in parlamento. Un altro degli elementi curiosi di questa storia è che una delle persone coinvolte è l’ebreo Kent Ekeroth: la comunità ebraica svedese ha sempre condannato apertamente i Demokraterna, considerandoli dei nazisti in borghese, ma il fatto che il figlio di un’ebrea polacca abbia avuto un ruolo importante nel partito fa sicuramente pensare. D’altronde il “nemico” principale odierno dei Demokraterna è sicuramente, se non l’islam in sè, l’islamizzazione della Svezia, e allora ecco che anche il “compromesso” filo-ebraico, come già successo per Alleanza Nazionale in Italia, diventa improvvisamente accettabile anche per chi ha radici di estrema destra. Come ovunque in Europa, peraltro, la questione islam sembra essere diventata una prerogativa della destra, con la sinistra che tollera tutto nel nome del multiculturalismo: se lo volete conoscere, il mio pensiero al riguardo è riportato perfettamente qui. Alla resa dei conti, questi Sverige Demokraterna non sembrano quindi assimilabili a movimenti estremisti come Alba Dorata e Casa Pound. Quando la notizia del loro ingresso nel Riksdag, nel 2010, fece scalpore in Italia, mi veniva da sorridere: forze equivalenti erano già al parlamento, e al governo, nel Bel Paese da una ventina d’anni. Anzi, personaggi politici decisamente discutibili che in Italia la fanno da padrone con atteggiamenti apertamente razzisti, senza perdere la propria posizione, non avrebbero vita facile con un Åkesson che prova ad eliminare (o a nascondere, secondo molti) il marcio che ancora emerge fra i Demokraterna. Allo stesso modo mi fanno sorridere anche i commenti di questi giorni riguardo all’ingresso nel governo norvegese del “partito di Breivik”: l’Italia, in queste cose, è decisamente all’avanguardia. Ma quindi, dietro il partito del sorriso e la sua facciata “rispettabile”, si nasconde davvero un’anima razzista? In tutta sincerità, non mi interessa neanche troppo saperlo: qualunque sia la situazione, i Demokraterna restano distantissimi dalle mie idee e non prenderanno mai il mio voto. Anzi, spero proprio di non doverla scoprire mai, un’eventuale anima oscura nascosta…

18 mesi

Soffro di apnea nel sonno. Sono, ovvero, una di quelle persone, che, durante la notte, russa e si ritrova ad avere momenti in cui la respirazione si blocca. È un problema piuttosto comune, magari non grave, ma che sicuramente incide sulla vita di mia moglie (per il russare) e sulla mia: pur dormendo, alla mattina risulto comunque stanco.
Dopo averne parlato con il mio medico (o, meglio, con il medico che mi sono ritrovato per l’occasione al vårdcentral presso cui sono registrato), la pratica è stata passata all’ospedale dello Skåne che, dopo un mese circa di attesa, mi ha prestato, per una notte, uno di quei dispositivi che registrano un po’ di dati mentre dormi. Dopo un paio di settimane sono stato contattato nuovamente dal mio medico che mi ha detto che, sì, il problema è presente, e che la pratica sarebbe stata passata ad una clinica di Lund specializzata nei problemi del sonno.
Passa circa un mese e mezzo e mi arriva a casa la letterina della clinica: mi aspettavo una nuova kallelse (la “convocazione” per un appuntamento) e invece era una semplice comunicazione: “sei stato messo in lista di attesa per una visita da noi, il tempo medio è di 18 mesi“. Sul momento ho riso della cosa ma la sera ho dovuto chiedere conferma ad Helena, nell’ipotesi remota che avessi frainteso una sfumatura dello svedese a me completamente ignota. Ovviamente c’era nulla da fraintendere.
Inutile dire che non ci si aspetta tempi così biblici da una sanità, quella svedese, che si fa vanto, spesso a torto, della propria efficienza, ma alla fine tutto il mondo è paese. Poi d’accordo, è sicuramente una cosa che ha un impatto sulla mia vita e sulle performance giornaliera (altrimenti non ne avrei parlato col medico), ma non è una cosa gravissima. Però 18 mesi…

Multimodalt bla blaMa le mie esperienze recenti con la sanità svedesi non si fermano qui!
Da anni soffro di mal di schiena. Posso immaginare che la cosa sia dovuta all’essere l’uomo più scoordinato dell’universo… fatto sta che, già da parecchi anni, ho un problema alla spina dorsale con, in particolare, un paio di dischi non allineati. Ho sempre sopportato ma, negli ultimi mesi, forse complice l’aumento di peso, la situazione si è fatta piuttosto seria: da tempo faccio fatica stare in piedi, ed ogni passo è decisamente doloroso. Probabilmente per via di un concatenarsi di posture errate, il dolore si è propagato alle ginocchia e ai talloni (soffro ora costantemente di tendinite). Anche dormire è un problema: nonostante abbia comprato un buon letto, stare sdraiato troppo a lungo rischia di bloccarmi al mattino. Risultato – considerando anche l’apnea – sono quotidianamente uno straccio! 😀
Al vårdcentral hanno dapprima deciso che la soluzione è la chiropratica, ed in effetti sono andato più volte dai terapeuti locali, che mi hanno sempre rimesso a posto per un certo periodo. Come già detto, però, negli ultimi mesi la situazione è davvero intollerabile, e i benefici sono sempre stati di breve durata. All’ultima sessione, il chiropratico ha deciso che bisogna andare alla radice del problema: la cosa è molto positiva, ma è il “come” che mi ha lsciato sorpreso. In Italia sarei stato probabilmente indirizzato da un ortopedico, magari con delle radiografie… ma qui, nulla di tutto questo. A parte il fatto che i “raggi” ti vengono ordinati solo in casi estremi, nessuno ha mai nominato, neanche per sbaglio, un ortopedico. Sono stato incluso in un “Corso di riabilitazione con un team multimodale per il dolore” (Rehabiliteringskurs inom multimodalt smärtteam) che mi vedrà impegnato per otto settimane con un “medico del dolore” (penso la traduzione italiana di smärtläkare sia “algologo”, ma non l’ho mai sentito prima di oggi), un kurator (figura a metà fra lo psicanalista e l’assistente sociale) e un fisioterapista, che cercheranno di indagare su tutte le cause (psicologiche e motorie) alla base del problema e studieranno un percorso riabilitativo. Il programma è previsto dalla regione Skåne per tutte le persone che abbiano dolori da più mesi, e può essere effettuato in qualunque struttura lo preveda (non necessariamente nel vårdcentral in cui sono registrato, quindi).
Nei due mesi mi dovrò presentare per tre volte alla settimana al centro di riabilitazione, allenarmi, seguire le indicazioni della fisioterapista e seguire anche dei meeting serali. Il costo di tutto ciò, sarebbe, in teoria, di 160 corone (19 euro) a sessione, ma, visto che ho già sforato il limite massimo di 1100 corone annuali (130 euro circa, la quota che la regione Skåne ha stabilito come massima per persona) sarà tutto gratuito.
Per me, questo sistema è, come dicevo, sorprendente: niente radiografie, niente cortisone, niente antidolorifici (che non sia il paracetamolo, lo standard qui in Svezia) niente ortopedico. Se sarà efficace è tutto da vedere, ma devo dire di essere ottimista.
La nota positiva è che, vista la particolarità del corso di riabilitazione, è che, alla fine del corso, mi verrano rimborsate (anche se, immagino, non al 100%), tutte le ore di assenza dal lavoro necessarie al corso, al tragitto da e verso il lavoro e ad eventuali interventi chiropratici nel periodo: la cosa non è banale, dato che, per me, i permessi sono non retribuiti, e le decurtazioni sullo stipendio saranno pesanti.
Il corso inizierà il 22 aprile: ho quindi tempo per sopportare, usare antidolorifici (in occasione dell’ultimo viaggio in Italia mi sono portato dell’OKI, ma lo devo utilizzare con moderazione perché in passato mi ha dato dei leggeri problemi) e prepararmi mentalmente. 😀

In tutto ciò vi risparmio il discorso sui problemi di stomaco che ho avuto negli ultimi sei mesi (sì, a neanche 39 anni sono ufficialmente un rottame!), e che mi hanno causato non pochi fastidi: per ora sembrano in via di risoluzione, quindi vi scampate tutta la storia… 😉