Venti di guerra

L’altro ieri, il comandante in capo delle Forze Armate svedesi, il Generale Micael Bydén, ha introdotto il suo discorso alla conferenza nazionale Folk och Försvars (Popolazione e Difesa) mostrando immagini dell’Ucraina bombardata.

Ha poi invitato in toni piuttosto drammatici (“È l’ora di svegliarsi!”) la popolazione a prepararsi per la guerra, chiedendo a tutti di essere pronti a resistere per diversi giorni da soli (quindi assicurandosi di avere scorte a sufficienza) e di aiutare a garantire la continuità dei servizi essenziali.

Bydén al Dagens Nyheter: “Se non ci si è già organizzati per cavarsela senza elettricità e acqua per diversi giorni, è l’ora di farlo adesso”.

Alla domanda esplicita se la guerra possa arrivare in Svezia, ha risposto che, sì, c’è un rischio tangibile, indipendentemente dal fatto che la Svezia entri nella NATO o meno.

A molti queste parole non sono piaciute, e c’è chi, come lo scrittore Göran Greider, dice che Bydén è il classico generale che “non vede l’ora di andare alla guerra”, probabilmente anche in cerca di maggiori fondi (già raddoppiati dal 2020 ad oggi).

Il governo, in compenso, è allineato alle parole del generale: ieri il primo ministro, il moderato Ulf Kristersson, ha ribadito che è compito della popolazione contribuire alla difesa totale (totalförsvaret) della nazione. Ha poi attaccato quegli immigrati che prendono la cittadinanza svedese pensando di non avere alcun dovere nella difesa del paese. “La cittadinanza è per la difesa della Svezia, i nostri valori e il nostro stile di vita – con le armi in mano e la nostra vita in prima linea. La cittadinanza non è un passaporto per viaggiare”.

Le parole del primo ministro sono state criticate come divisive e basate su pregiudizi infondati sia dalla leader dell’opposizione, la socialdemocratica Magdalena Andersson, che da diversi opinionisti. La Andersson ha anche aggiunto che “anche se la situazione è seria, non abbiamo la guerra alla porta di casa“, condannando la retorica del primo ministro.

Costruire una difesa è costoso – puntare il dito contro certi cittadini è gratis per Kristersson“, scrive il caporedattore del DN.

Dall’altra parte, anche il ministro della difesa, il moderato Carl-Oskar Bohlin, ha detto chiaramente che la guerra può arrivare, e che bisogna essere pronti a tutti i livelli, incluso il rischio di attacco nucleare. Tutti i cittadini vengono invitati a partecipare alla difesa civile della nazione, e le autorità, i comuni e le regioni devono lavorare per mettere in piedi organizzazioni e piani per la guerra.

Nel frattempo, dopo l’ampliamento della leva militare (tornata in vigore qualche anno fa), è prevista la reintroduzione della leva civile, mentre diverse famiglie che sono proprietarie di minibus, furgoni, fuoristrada o altri veicoli strategici, hanno ricevuto un avviso che dice che i loro mezzi sono ora nella lista di quelli che sono “a disposizione dello stato”, e che possono essere confiscati a fini di guerra in qualunque momento senza ulteriore preavviso.

Sul fronte dell’ingresso nella NATO, avviato due anni fa, la Svezia continua ad aspettare l’approvazione della Turchia, ogni volta spostata in avanti. Ora si parla ancora una volta della “settimana prossima“, ma non è certo la prima volta che Ankara trova motivi vari per rimandare la decisione. Nel frattempo, però, è già stato trovato un accordo per dare agli USA accesso alle basi militari svedesi, e il governo afferma già che la Svezia sarà protetta dal sistema di difesa missilistico dell’Alleanza.

Ma perché, si chiederà qualcuno, la guerra dovrebbe arrivare proprio in Svezia? A parte una “banale” estensione su scala globale del conflitto Ucraino, c’è un motivo ricorrente: Kaliningrad. I Russi, ancora di più con i blocchi attuali, non tollerano il fatto che per loro sia impossibile muoversi liberamente fra l’exclave e il territorio principale del paese. Da tempo, i falchi di Mosca propongono quindi di riaprire, con le buone o le cattive, il corridoio di terra fra l’antica Conisberga e l’amica Bielorussia, annettendoselo militarmente. Questo corridoio passa fra Polonia e Lituania: se il Cremlino ne prendesse il controllo, le integrità territoriali sia dell’Unione Europea che, soprattutto, della NATO ne verrebbero intaccate. Per difendere l’azione militare, Mosca avrebbe bisogno di mettere in piedi anche un “corridoio di mare” basato sull’isola svedese di Gotland: occupandola, la Russia sarebbe in grado di avere basi navali ed aeree da cui tenere sotto scacco i paesi baltici e difendere militarmente la propria posizione.

da Apple Maps. Io, al momento, abito presso il pallino blu.

Insomma, viviamo in tempi sempre più interessanti…

No, la scuola svedese non torna al 1950

Da ieri leggo diverse idiozie su come la Svezia abbia deciso di buttare i tablet nelle scuole, e tornare a carta, penna e calamaio. Esultano conservatori e neoluddisti italiani che, senza capire un tubo, dicono: “visto? avevamo ragione noi!”

Ovviamente, la notizia, messa in questi termini, è una clamorosa bufala.

Il solito giornalismo italiano di “qualità” condiviso in maniera acritica sui social network.

Quello che è successo è semplicemente questo: qualche tempo fa, Skolverket (l’agenzia indipendente che si occupa di pianificare l’educazione) ha fatto una proposta per un piano di digitalizzazione per il 2023-2027, proposta che prevede una spinta sempre maggiore verso la tecnologia e l’introduzione del digitale nella scuola per l’infanzia.

La ministra della scuola Lotta Edholm e il ministro dell’educazione Mats Persson (entrambi liberali) considerano il piano troppo affrettato e hanno chiesto di rivederlo, prendendo in considerazione più pareri, inclusi gli esperti di ricerca cognitiva. La Edholm ha anche chiesto che le scuole non manchino di stanziare fondi per libri “fisici”, carta e penna.

Punto.

Nessun tablet è stato buttato via, e l’utilizzo delle tecnologie digitali in Svezia resta assolutamente elevato. Sin dalle elementari, ogni alunno ha a disposizione un laptop, e continuerà ad averlo. Una parte consistente dell’educazione viene tuttora, e continuerà ad esserlo, impartita per via digitale.

Che poi ci sia una discussione sul fatto che il livello di alfabetizzazione dei bambini svedesi sia calato, è vero. Ma non ci sono conclusioni definitive su quale sia la causa di questo calo, che peraltro è stato registrato anche in paesi che utilizzano molto poco le tecnologie digitali a scuola. E il livello di alfabetizzazione dei bambini svedesi resta fra i più alti in Europa.
Che ci sia un dibattito serio al riguardo, e che eventualmente si decida di rallentare aspettando dati scientifici e pareri di esperti è solo una cosa positiva.

Chi, però, ha atteggiamento da tifoso esultante di fronte ad una bufala dimostra solo una cosa: l’educazione che quella persona ha ricevuto non è stata adeguata a farle capire una notizia o, in caso di malafede da parte degli organi di stampa, di ricercare fonti serie che spieghino come stia esattamente la questione.

Elezioni 2022: la parte svedese

 

Ho appena votato, in anticipo di qualche giorno, alle elezioni svedesi per il Parlamento, il comune di Tomelilla e la regione Skåne.

Le schede da inserire nella busta


Le modalità sono sempre quelle di cui avevo parlato anni fa, quindi potete leggere il relativo post. La differenza rispetto ad allora è che nel frattempo sono diventato cittadino svedese, e che quindi posso ora votare per il parlamento.

Sul sito del Com.it.es abbiamo anche scritto un articolo che spiega ai cittadini italiani come votare in Svezia.

Sono elezioni particolari, che secondo i pronostici potrebbero indicare il passaggio da un governo a guida Socialdemocratica ad uno di centro destra, grazie ad un probabile accordo fra Moderati e il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi. Se questo verrà fatto tramite un appoggio esterno o con la partecipazione diretta di Sverigedemokraterna all’esecutivo è tutto da vedere. Se, come sembra, gli stessi Moderati saranno il terzo partito (in caduta libera rispetto al passato), è molto improbabile che possano aspettarsi di fare un governo senza lasciare ministeri al gruppo di Åkesson. 

I Socialdemocratici saranno, probabilmente, ancora il primo partito. Ma, a seguito della decisione dei Liberali di tornare ad un orientamento di centro-destra, è molto improbabile che riescano a governare. Con il Partito Ambientalista al limite della soglia di sbarramento del 4%, e la compatibilità pressoché nulla fra il partito del Centro e quello della Sinistra (che fra l’altro non ha gradito per nulla l’adesione richiesta alla NATO), ben difficilmente avrà i numeri per un governo, anche solo di minoranza come negli ultimi anni. 

L’alternativa sarebbe una grande alleanza fra Socialdemocratici e Moderati, alleanza richiesta da alcune forze centriste del paese, ma che per ora non sembra essere nei programmi dei due partiti. Dopo le elezioni, ovviamente, potrebbe cambiare tutto!

Poi, se tutto va bene, domani riceverò probabilmente il plico elettorale per le elezioni italiane. Due votazioni in pochi giorni!

Utilizzi creativi

Mia figlia ha trovato modo di sfruttare le schede referendarie arrivate oggi, fuori tempo massimo per potere votare.

Non si butta via niente

P.S.: Abbiamo lanciato ieri il sito del Com.It.Es svedese, di cui sono onorato di far parte. Mi troverete anche lì.

NATO ieri

Come probabilmente saprete, la Svezia ha deciso di rompere con la propria tradizione di neutralità (cosa che in realtà era già avvenuta in parte con l’adesione al Trattato di Lisbona dell’Unione Europea) e mandare la richiesta di ingresso nell’Alleanza Atlantica. L’invio formale è avvenuto ieri, uno storico 18 maggio 2022.

Ciò che si teme è, ovviamente, un’invasione da parte della Russia. Qualcuno può ancora chiedersi cosa possa mai volere Putin dal Regno delle Tre Corone, ma la questione è nota da tempo: l’isola di Gotland è strategica per il controllo del Baltico e per la protezione dell’enclave di Kaliningrad, nel caso la Russia decida di esercitare pressioni (o peggio) sulle repubbliche baltiche.

Personalmente quella dell’adesione è una scelta che non condivido: trovo che la neutralità conferisse al paese un ruolo di livello più alto nelle mediazioni internazionali e che, soprattutto, la decisione esponga maggiormente il paese a possibili conseguenze e rischi di escalation militare. Inoltre mi piace molto poco l’idea di una Svezia soggetta ai ricatti di gente come Erdoğan, o ai capricci del presidente americano di turno (ammetto di essere molto preoccupato per un possibile ritorno al potere di Trump). Insomma, trovo che i possibili vantaggi dell’appartenenza alla NATO siano decisamente minori rispetto agli svantaggi e i rischi ad essi associati.

Magdalena Andersson e il resto del governo svedese non la pensano però così. E hanno tutto il diritto di farlo, e agire di conseguenza.

Si sta discutendo molto, anche fra gli italiani residenti qui, di come un governo eletto senza un mandato per aderire all’Alleanza (fino a Febbraio, i socialdemocratici erano assolutamente contrari) abbia deciso di farlo in fretta e furia, senza consultare il popolo in un referendum.
C’è che dice che lo abbia fatto perché i sondaggi post-invasione dell’Ucraina mostrano una forte voglia di adesione, e che così facendo si eviti di farne una questione elettorale in vista delle prossime elezioni autunnali.
Ammetto senza problemi di essere stato il primo a pensarlo, ma alla fine bisogna riconoscere che è in buona parte dietrologia.

I punti fondamentali sono questi:

  1. Io “pago” un governo per prendere decisioni importanti e veloci nei momenti di crisi. Che io condivida o meno queste decisioni è una questione a parte, e alle prossime elezioni deciderò se premiare o meno le scelte di governo di questi ultimi anni: la democrazia rappresentativa funziona così!
  2. La Andersson e i suoi ministri hanno accesso ad informazioni sulla sicurezza nazionale cui io non ho accesso, e che non possono essere diffuse per ovvi motivi
  3. Se anche avessi per qualche strano motivo accesso alle suddette informazioni, probabilmente sarei in grado di capirle solo per sommi capi e finirei per avere ancora più dubbi che prima

Insomma, per quanto non approvi l’iniziativa, a differenza di diversi altri connazionali (di entrambe le nazioni), non ho obiezioni sul fatto che si sia presa una decisione al riguardo senza passare da una consultazione popolare: quella del governo è una scelta assolutamente legittima la cui urgenza è stata giustificata dalle circostanze attuali. Speriamo solo di non pagarne le conseguenze!

Due grafici

Una delle cose che leggo/sento più spesso, quando sento parlare della strategia svedese è “la Svezia è riuscita contenere la pandemia senza sovraccaricare gli ospedali”. Vorrei controbattere a questa affermazione con due grafici, presi direttamente dal sito di Folkhälsomyndigheten e quindi ufficialissimi.


A sinistra trovate i nuovi decessi per giorno. A destra i nuovi ricoveri in terapia intensiva per giorno. Ecco, adesso soffermatevi sulle differenti scale, e riflettete un attimo. Penso sia chiaro: per ogni due persone che morivano, ne provavano a curare una. Capito perché non si è andati in saturazione?

È una cosa di cui avevamo già discusso in passato: come spiegato nell’aggiornamento al post Di anziani e terapia intensiva negata, effettivamente si è deciso di iniziare a fare selezione all’ingresso al riguardo di chi aveva diritto alle cure.

E sia chiaro, non si parla solo delle terapie intensive più acute, come le intubazioni. Un larghissimo numero di anziani è stato lasciato nelle abitazioni e negli ospizi senza cure di base. Solo morfina e cure palliative. Niente ossigeno, niente anticoagulanti, niente endovene.

Lo racconta (fra gli altri) il Dagens Nyheter, uno dei quotidiani più autorevoli di Svezia, non certo una testata complottara o apioristicamente antigovernativa.




Bisogna conoscere un medico per poter vivere?
(…)
In primavera si diceva che era importante proteggere gli anziani dal COVID-19. Ma proprio la maniera in cui sono stati trattati gli anziani lascia una ferita aperta
(…)
Perché gli anziani sono stati lasciati morire senza cure?
(…)
Nonostante ci fossero posti disponibili, agli anziani malati di COVID-19 sono state negate le cure a più riprese
(…)
(Viene raccontata la storia di un anziano salvato dal figlio medico, che all’ennesimo rifiuto ha sfruttato i propri agganci per costringere l’ospedale a farlo ricoverare)
(…)
Ciò di cui si necessitava non era trattamento coi ventilatori, ma le cose con cui le cliniche geriatriche lavorano normalmente: trattamento endovena, anticoagulanti, ossigeno.
(…)
Il sapere questo ha salvato la vita di Claes Hildebrands. Ma c’è stato bisogno di un figlio capace di affrontare la discussione, che in più era un medico.


Si dirà, “anche in Italia ad un certo punto si sono lasciati gli anziani senza cure”. Vero (probabilmente). La differenza è che in Italia lo si è fatto quando si è arrivati alla saturazione, e solo nelle zone interessate. In Svezia lo si è fatto per non andare in saturazione. Razionalmente e cinicamente potrebbe essere stato un approccio giusto, per riuscire a garantire le cure a chi aveva una possibilità maggiore di salvarsi. Moralmente ed eticamente lo sarebbe stato solo se si fosse fatto qualcosa per evitare di arrivare a quella situazione, se si fosse cercato seriamente di limitare il contagio. Il problema è che questo qualcosa non lo si è fatto, e quindi la scelta è stata eticamente inaccettabile.

Quello che non si può fare a meno di chiedersi è come sia possibile che le persone che hanno sbagliato tutte le valutazioni e le previsioni da febbraio ad oggi, possano essere ancora al loro posto. Se finalmente si cominciano a vedere qualche crepe nella fiducia nei confronti di FHM, è davvero intollerabile vedere Anders Tegnell e i suoi ancora lì. In qualunque altro posto, chi ha letteralmente sbagliato tutto sarebbe stato mandato a casa da tempo.

Un grafico con tutte le “ultime parole famose” di Tegnell e FHM.
Fonte: https://twitter.com/DrEricDing/status/1327770748036009987/photo/1


Ormai sono in molti a concordare nel fatto che l’atteggiamento di FHM, il loro sottovalutare continuamente il problema e mandare segnali discordanti, abbia contribuito a fare sì che 1) le regioni siano arrivate impreparate alla seconda ondata 2) la popolazione si considerasse fuori pericolo cominciando ad avere atteggiamenti più liberi.
Forse anche per questo, Stefan Löfven e il Ministro della Salute Lena Hallengren hanno iniziato a farsi vedere più di frequente in televisione. Speriamo che sia l’inizio di un cambio importante!

Sceneggiate

Premesso, sono da qualche decennio un lettore di Repubblica, un tempo della versione cartacea, poi di quella web. Sono anche da tempo abbonato pagante di REP.

Posso dire senza problemi che Repubblica è il primo giornale italiano che leggo quando ho un attimo di tempo, e quello che leggo più spesso.

Proprio per questo motivo, per il mio essere un affezionato cliente pagante, mi aspetto che il giornale che acquisto rispetti gli standard di quella che dovrebbe essere la missione sacra del giornalismo: la ricerca della Verità.

Nel caso della copertura della gestione svedese della crisi da covid-19, questa ricerca non c’è stata: sono stati pubblicati articoli che hanno disinformato, con notizie false e dati incorretti, e la sensazione di una totale mancanza di oggettività da parte di chi li ha scritti.

Probabilmente Repubblica non è stata la sola ad agire così: se me la sono presa con loro, e non con altri giornali, è perché quegli altri giornali li leggo molto meno spesso, e quindi noto meno certi errori.

Fatto sta, che la situazione non poteva non saltare all’occhio, ed ora ha iniziato a fare scalpore.

In Svezia, la giornalista Jennifer Wegerup ha attaccato su Expressen i servizi della stampa italiana, Repubblica e Corriere in primis. I due quotidiano vengono descritti, in generale, come esempi di buon giornalismo, ma non in questo caso specifico.

Voglio essere chiara, io non prendo posizione contro o a favore della linea svedese di questa crisi. Ce l’ho invece con il giornalismo di parte e menzognero.

In una prospettiva più grande è importante in questo momento il fatto che noi giornalisti dei media tradizionali abbiamo una responsabilità molto più grande. Dobbiamo avere un atteggiamento critico sì, ma obiettivo, in un’epoca in cui le bufale abbondano. E non si tratta più solo di agenti solitari, ma di forze più grandi che vogliono destabilizzarci e creare divisioni fra le nazioni.

L’atteggiamento di certa stampa è stato notato anche nello stivale da parte di Giap, che ha pubblicato un pezzo a titolo Gli eretici di Stoccolma. Come e perché la stampa italiana disinforma su Svezia e coronavirus. Se pure non mi sento di condividere con certezza le conclusioni finali, i fatti riportati sono comunque corretti.

Infine l’ambasciata. Sì, si è dovuta scomodare persino l’ambasciata di Svezia in Italia che ha dovuto critica Repubblica e Corriere con questo comunicato su Facebook:

Come l’ha presa l’eroe di Repubblica che ha scritto i pezzi incriminati?

Lo ha fatto attaccando la sua collega svedese (“filogovernativa”), l’ambasciata svedese (“verità ufficiali di odore sovietico”) e tutti gli italiani in Svezia che gli hanno fatto notare l’inaccuratezza dei suoi post (“non ebbi paura in prigioni comuniste a Praga nè a Bucarest sotto i cecchini della Securitate, voi e le verità ufficiali svedesi non mi fate paura”) e sempre ripetendo ad nauseam il mantra “Repubblica fa informazione, le parole di Löfven sono state riportate in maniera corretta”.

Talmente corretta, che, alla faccia del presunto “Mea Culpa” ieri Löfven ha ribadito il suo supporto alla strategia svedese: “sta tenendo”.

Covid-19: ricapitolando

Dato che mi si chiede continuamente lo stato della situazione coronavirus in Svezia, cerco di fare un riassunto della situazione. Mi limiterò a riportare i fatti per come sono riportati, senza considerazioni di merito sulle dichiarazioni e le scelte del governo e di Folkhälsomyndigheten (d’ora in poi, FHM). Questo perché, come detto in precedenza, non ho le competenze per esprimere giudizi.

Ricapitolando:

  • SÌ: è vero che in Svezia non ci sono grandi restrizioni. Le scuole e i ristoranti sono aperti. E anche le aziende, quantomeno quelle che non sono andate in difficoltà.
  • NO: non è vero che tutto è come prima. Ci sono comunque delle micro-restrizioni. Gli eventi pubblici con più di 50 persone sono proibiti. I ristoranti possono solo servire al tavolo e assicurandosi che le distanze siano mantenute. A partire da ieri, il governo si riserva la possibilità di fare chiudere i ristoranti che non rispetteranno le regole.
  • NO: non è vero che non c’è un impatto economico. I consumi non essenziali sono crollati, molte aziende hanno visto i propri ricavi crollati e tanti lavoratori sono rimasti a casa. Lo stato ha dovuto preparare delle misure per permettere di lavorare con orario ridotto, prendendosi carico esso stesso di gran parte della differenza di salario.
  • SÌ: è vero che non ci sono restrizioni personali sulle persone. FHM non ha nulla in contrario al fatto che la gente esca di casa, anzi incoraggia la cosa in determinati casi (“se ci si deve incontrare e stare in compagnia è meglio farlo all’aperto, a patto di mantenere le distanze”). Si chiede agli anziani e alle persone a rischio a restare a casa, e si chiede di evitare di andare in vacanza. Chi può lavorare da casa deve farlo. Non sono obblighi ma, secondo il governo, neanche semplici consigli: sono doveri civili.
  • SÌ: è vero che si fanno pochissimi tamponi. FHM continua ad insistere che il rischio di essere contagiati da persone senza sintomi, pur presente, è relativamente basso, quindi si limita a chiedere alle persone che hanno sintomi di stare a casa fino a un paio giorni dopo la fine degli stessi.
  • NÌ: è solo parzialmente vero che la gente faccia finta di niente. È vero che molti ignorano le raccomandazioni del governo, ma è anche vero che molti le seguono. Il governo e FHM sono abbastanza soddisfatti del comportamento della popolazione, anche se sicuramente non apprezzano chi non rispetta le raccomandazioni. Ci sono probabilmente grandi differenze fra le zone ad alto contagio (soprattutto Stoccolma) e quelle al momento meno coinvolte.
  • SÌ: si è valutata l’opzione di impedire la possibilità di uscire dalla contea di Stoccolma durante i periodi di vacanza (come Pasqua), per evitare che le persone che abitano nel focolaio più grande di Svezia possano andare in giro per il paese a diffondere il virus. Sì è scelto comunque di non proibire nulla, almeno per Pasqua. Resta l’indicazione del governo di non muoversi, intesa come dovere civico. Nelle località turistiche preferite dagli Stoccolmesi i cittadini si sono divisi fra chi “restate a casa, non vi vogliamo” e chi “venite comunque, che se no andiamo in difficoltà”. Non saprei dire in che percentuali.
  • SÌ: è vero che quasi nessuno indossa la mascherina. FHM continua a dire che i vantaggi sono minimi e che sia meglio lasciare la mascherine alla sanità e agli operatori delle case di riposo, che altrimenti rischiano di restare senza. Restano sempre le raccomandazioni di lavarsi le mani e non uscire se si hanno sintomi.
  • SÌ: al supermercato non sembra essere cambiato granché. Il governo chiede ai gestori di assicurarsi che non entrino troppe persone e che si mantengano le distanze in prossimità delle casse (in genere, le code qui sono sempre state minime). Tantissimi, comunque, si fanno recapitare la spesa a casa: dalle mie parti, prima della crisi, si poteva ordinare una consegna per il giorno dopo, ora capita di dovere aspettare una settimana o più.
  • SÌ: le scuole sono aperte, e c’è una seria possibilità che continuino a restarlo. Secondo FHM, questo sistema farà meno danni sulla lunga distanza, mentre i paesi che chiuderanno le scuole per riaprirle più avanti rischiano di avere conseguenze più gravi quando questo avverrà. (EDIT: mi è stato giustamente fatto notare che ho dimenticato di dire che le scuole superiori e le università, quantomeno per la parte di insegnamento, sono chiuse e procedono con corsi a distanza).
  • SÌ: c’era anche il problema che, lasciando a casa i bambini, i genitori impiegati in professioni necessarie (sanità, ma non solo) avrebbero avuto il diritto di restare a casa a loro volta. Il governo ha preparato la strada per un’eventuale, possibile, chiusura, con soluzioni alternative per chi è impiegato in quelle professioni. Ma la chiusura resta comunque solo una possibilità.
  • SÌ: i bambini di famiglie diverse di incontrano e giocano assieme senza problemi. Sono abituati a farlo a scuola, quindi non fanno differenza al di fuori della stessa.
  • SÌ: ci sono comunque genitori (non so dire in che percentuale) che hanno deciso di tenere a casa da scuola i bambini, con il rischio di andare in contro a parte a sanzioni. Perché se le scuole sono aperte e i bambini non sono malati è proibito tenerli a casa.
  • NO: nonostante quello che vi dicono alcuni giornali, il governo svedese non ha “cambiato idea”, o non sta per farlo. Sin dall’inizio, FHM ha detto che un’epidemia ha fasi differenti che richiedono misure differenti, che andranno valutate di volta in volta. Se e quando implementeranno misure più strette lo faranno perché riterranno che l’epidemia avrà raggiunto una fase che richieda queste misure.
  • SÌ: il governo ha chiesto alle opposizioni (con cui doveva trovare l’accordo, essendo un governo di minoranza) poteri più grandi per avere la possibilità di agire velocemente quando necessario. L’accordo è stato trovato e, per tre mesi, il governo potrà emanare direttive esecutive prima di discuterle in parlamento. Non si tratterà di leggi, ma di opzioni come chiudere specifici centri commerciali o punti d’incontro, proibire i raduni di persone, consentire limitazioni alle libertà, favorire l’acquisto di materiali di protezione e medicine. Si dovrà trattate solo di opzioni mirate e a tempo determinato e, fra tre mesi, il parlamento dovrà decidere se prolungare queste deleghe.
  • SÌ: l’opposizione di centrodestra si sta comportando in maniera molto responsabile. Ha sicuramente le sue proposte economico-sociali, ma ha un approccio costruttivo nei confronti del governo e di FHM, e i suoi rappresentanti principali non vanno starnazzando in giro sui media per cercare di attirare l’attenzione.
  • NO: il governo non sta “facendo finta di nulla” per permettere che l’economia non crolli. FHM sta gestendo la crisi secondo modelli che loro ritengono essere scientifici. Sono modelli basati su un’analisi della società svedese e su esperienze pregresse (come l’epidemia spagnola). Ritengono che l’approccio svedese possa, sì, risentire di un impatto maggiore nella prima fase, ma mitigare gli effetti della pandemia sulla distanza.
  • SÌ: la comunità scientifica svedese è divisa fra chi appoggia il piano di FHM e fra chi lo contesta pubblicamente. Non ho idea dei numeri, ma l’impressione non verificata è che i primi siano decisamente più dei secondi.
  • NO: non si parla di immunità di gregge. FHM ritiene che sarebbe disastroso cercare di arrivare a quel 60/70% di contagiati che rappresenterebbe il presupposto di questa immunità. Affermano invece di fare di tutto per evitare che il contagio si diffonda velocemente, abbattendo la curva dello stesso. Solo che vogliono farlo con misure che siano sostenibili per la popolazione. Anche se non detto apertamente, c’è sicuramente la paura che un lockdown porti ad un aumento esponenziale di casi di alcolismo e suicidio: quando, negli anni ‘90, ci furono licenziamenti di massa, queste casistiche esplosero. Inoltre c’è sempre il rischio che, ad un certo punto, sempre più gente inizi a violare le restrizioni. Si cerca quindi l’approccio opposto: convincere sempre più gente a restare a casa.
  • No: FHM non è Anders Tegnell. Anche se l’epidemiologo di stato è la persona più in vista, e l’uomo “immagine”, quelli dell’ente ci assicurano di essere una squadra di scienziati che lavora assieme nel prendere le decisioni. Visto il modello orizzontale tipico del lavoro in Svezia, non mi sento di contraddire questa affermazione.
  • SÌ: al momento i numeri sono molto peggiori, ad esempio, di quelli della vicina Norvegia, che invece ha adottato misure di quarantena. FHM afferma che, analizzando i dati in loro possesso, la differenza più grande fra i due paesi sembra essere nei decessi fra i residenti delle case di riposo. Soprattutto a Stoccolma, queste si sono rivelate essere essere delle bombe ad orologeria, dove, una volta entrato il virus, ha iniziato a fare stragi. Per ammissione di Tegnell, non si sa cosa abbia funzionato meglio in Norvegia al riguardo, e stanno cercando di capirlo.
  • NO: la situazione globale dei morti non è, in proporzione, peggiore che in Italia. Mettendo a confronto i decessi dal primo rispettivo giorno (quantomeno secondo i dati ufficiali dell’ECDC) si vede che, nei periodi equivalenti, la Svezia ha numeri leggermente migliori. Siamo nel trentesimo giorno dal primo decesso e siamo attualmente a quota 793 decessi, corrispondenti a 4739 con la popolazione rapportata a quella italiana. Nello stesso periodo, in Italia, ci sono stati 5476 decessi. L’andamento è comunque molto simile, ed è da vedere se, in mancanza di misure restrittive, questo rapporto si confermerà o meno.
    Rapporto decessi Italia-Svezia
    (EDIT: l’amico Emanuele, che ringrazio, mi ha fatto notare che, utilizzando i numeri dei ministeri anziché quelli dell’ECDC, c’è un leggero sfasamento delle curve, per cui la situazione sarebbe lievemente peggiore in Svezia. Il discorso non cambia più di tanto: gli andamenti restano comunque molto simili. Avevo visto girare curve decisamente più sballate che mostravano una situazione decisamente peggiore per la Svezia. Al momento non è così).
  • SÌ: anche nella Contea di Stoccolma ci sono grosse differenze di numeri, a seconda delle differenti aree: si è notato che le cifre sono molto peggiori nelle aree in cui vivono cittadini di origine extracomunitaria, come Rinkeby. In particolare, ci sono stati parecchi decessi nella comunità somalo-svedese. Si ritiene che la cosa sia dovuta alle differenti condizioni e usanze sociali, sia al fatto che la gran parte della comunicazione sia stata effettuata, da principio, in lingua svedese.
  • SÌ: FHM vede qualcosa di positivo nella situazione attuale. Affermano che la crescita sarebbe al momento stabile e non esponenziale; si ritiene, quindi, che si stia riuscendo a tenere la situazione sotto controllo. In particolare, la curva dei nuovi contagi avrebbe negli ultimi giorni raggiunto un plateau, e questo fa loro ritenere che il sistema sanitario riuscirà a reggere l’impatto della crisi. Chi vivrà (letteralmente) vedrà.

 

Spero che questo aiuti a chiarire molte idee su quello che sta succedendo qui.
Già che ci sono, ne approfitto per riportare alcune interviste che ho fatto in questo periodo, per chi abbia voglia di perdere tempo a vedere la mia brutta faccia:

Patrimonio Italiano TV – 5 Marzo


Casabresi (Mario Calabresi) – 29 Marzo

 

Radio Cusano TV – 3 Aprile

 

Onda TV – 8 Aprile

La scienza non è democratica

Ho alzato bandiera bianca.

Sono stato uno dei più accesi detrattori delle scelte (o mancanza di) del governo svedese o delle dichiarazioni dell’epidemiologo di stato Anders Tegnell nei primi giorni della crisi. Mi sono iscritto a gruppi di Facebook in cui si chiedeva il siluramento di Tegnell. Ho anche aiutato mia moglie a mettere in piedi una petizione a Stefan Löfven perché si convincesse a mettere il paese in quarantena proattiva.

Mi sono infervorato in discussioni sui social network con amici e conoscenti, tutta gente che, in buona fede come me, cercava di portare il suo piccolo contributo alla discussione, se non a cercare di risolvere la situazione.

Ho visto gente incazzata col mondo, frustrata e terrorizzata. Tutte reazioni comprensibili, e posso dirlo senza ipocrisie, dato che erano a tutti gli effetti identiche alle mie.

Se anche qui c’è una fetta importante della popolazione, guidata dal direttore del quotidiano Dagens Nyheter Peter Wolodarski e da una parte importante della comunità scientifica, che non condivide le scelte effettuate, nell’infuriare della discussione, un contributo in particolare mi ha aperto gli occhi.

Si è trattato di un’intervista alla nota batteriologa Agnes Wold che, criticando la massa di influencer che attaccavano Tegnell e il governo, ha usato parole del tipo: “Bisogna stare a sentire chi queste cose le ha studiate” e “è assurdo che certe pressioni arrivino da gente che, probabilmente, non conosce la differenza fra un virus e un batterio”. Una variazione soft di quel mantra “la scienza non è democratica” che è un caposaldo del mio modo di pensare.

E a quel punto ho capito che dovevo stare zitto.

Perché, in fondo, cosa so io di come si combatte una pandemia? Niente, zero, ingenting, rien, nada, nothing.

Certo, posso cercare di informarmi, leggere e condividere le informazioni degli studiosi che la pensano come me, o le raccomandazioni dell’OMS. Ma, alla fine, si tratterebbe, da parte mia, di un puro e semplice ricorso all’autorità, che è sempre una fallacia logica se usata per contestare qualcuno che ne sa più di me su un argomento. Il governo svedese ha scelto di mettersi totalmente nelle mani degli scienziati che fanno parte di Folkhälsomyndigheten (equivalente del nostro Istituto Superiore di Sanità), e la realtà è che io non ho alle spalle studi o le conoscenze che mi permettano di contestare le loro scelte e decisioni. Se non, eventualmente, a posteriori.

Perché la scienza non è democratica.

Sia chiaro: continuo ad informarmi, seppure con una frequenza giornaliera ridotta rispetto a prima, quando mi ero praticamente esposto a un flusso continuo di notizie in tre, se non più, lingue. Continuo a farmi le mie idee. Ma mi sono chiamato fuori da ogni discussione sull’argomento coronavirus. Ho ridotto la mia partecipazione sui social network del 90%, cosa che è solo positiva per il mio morale: fondamentalmente mi sto limitando a partecipare a una manciata di gruppi in cui si parli di cose attinenti ai miei interessi (musica, storia urbanistica di Genova). Gruppi di evasione.

Perché non ne potevo più di essere uno di quelli costantemente incazzati col mondo, frustrati e terrorizzati. Ora leggo più libri, ascolto più musica e mi godo di più la vita nell’autoimposta quarantena.

A questo punto potremo solo attendere e vedere cosa succederà e capire se il governo e quelli di Folkhälsomyndigheten passeranno alla storia come geni assoluti o folli irresponsabili. Temo la seconda, posso solo sperare nella prima.

La vita in Svezia ai tempi del Coronavirus

Mi si chiede “e lì la situazione com’è?”, e sinceramente non ho una risposta semplice.
Il motivo è che la situazione non è ancora drammatica, ma che probabilmente lo diventerà anche per la lentezza del governo e delle istituzioni svedesi nel capire la gravità del problema.

Non si capisce se ci sia una grande arroganza da parte di chi gestisce la sanità svedese (e sia chiaro che non ne sono un grande detrattore, a differenza di buona parte dei connazionali che vivono qui) nell’affrontare la situazione, o se si stia cercando di limitare il panico dando spiegazioni troppo rassicuranti per essere credibili a chi ha informazioni costanti su quello che succede da altre parti. L’ipotesi è che comunque siamo nel primo caso.
E a dare manforte a questa ipotesi, mentre da diverso tempo il governo ci assicura che la Svezia è assolutamente in grado di affrontare l’emergenza, diversi virologi ed esperti ci dicono che non è così (ecco un paio di post sull’argomento per chi si voglia cimentare con un traduttore automatico:  1 e 2).


Una figura molto controversa in questi giorni è quella di Anders Tegnell, l’epidemiologo di stato (titolo ufficiale) della Folkhälsomyndigheten (Autorità della salute pubblica): Tegnell prima ha banalizzato il problema, poi si è lasciato andare a dichiarazioni contradditorie che hanno generano solo confusione.
Personalmente sono rimasto estremamente perplesso, a leggere giovedì sera un’intervista sul Dagens Nyheter  (diciamo l’equivalente svedese del Corriere Della Sera), in cui diceva che il numero di casi di coronavirus in Svezia poteva aveva raggiunto il culmine e che presto ci sarebbe stato un calo della quantità di svedesi infettati. La mattina dopo la notizia era stata corretta con “numero di casi di importazione” e di “svedesi infettati all’estero”. Ora, non so sinceramente dire se la confusione sia stata generata dal quotidiano o dall’epidemiologo, ma, in ogni caso, anche la seconda versione è molto dubbia.

Ieri sera, Tegnell ha ammesso di essere stato “un po’ troppo ottimista”, e che il calo arriverà invece lunedì (oggi) o martedi. Vedremo.

Se la Folkhälsomyndigheten è un ente non politico, la parte puramente politica non sembra essere molto meglio.
Ancora il 3 marzo, il ministro degli affari sociali Lena Hallengren diceva in un’intervista che non sarebbero stati fatti investimenti particolari per aumentare le risorse necessarie ad affrontare l’emergenza: “non ci sono più ore di lavoro, più personale e più posti di quelli che abbiamo”. In pratica l’intenzione era solo quella di riallocare le risorse esistenti, riducendo, ad esempio, le operazioni non necessarie. Nel resto del mondo si costruiscono ospedali, si allestiscono postazioni di emergenza, si fanno assunzioni di massa e la Svezia, che è il paese EU con il minor numero di posti d’ospedale percentuali e ha già grosse difficoltà a gestire l’ordinario, pensa di riuscire a cavarsela con quello che si ha. Per capirci: ci sono 2.2 posti letto per mille abitanti, contro i 3.18 dell’Italia e gli 8 della Germania (fonte: OECD per via di Expressen).
Anche in una conferenza stampa del governo (il cui link non riesco più a trovare), si diceva, in pratica “abbiamo sentito le regioni (qui la sanità è in gran parte devoluta) e sappiamo di essere pronti a gestire l’emergenza”.

Negli ultimi giorni pare che sia leggermente mutato l’atteggiamento, ma non ne ho ancora la certezza, visto che non ci sono ancora grandi dichiarazioni sull’argomento.

I casi finora registrati sono relativamente pochi (203 e nessun morto a ieri), ma c’è da dire che, fino ancora a pochi giorni fa, ottenere un tampone era molto difficile: bisognava essere stati in una delle zone del mondo più interessate dal problema (o in contatto non occasionale con una persona che lo avesse fatto) avere sintomi acuti. Anche così, a quanto pare, molte persone sono state rimbalzate quando hanno contattato il numero sanitario nazionale 1177. Da qualche giorno, si dice che tutte le persone con polmonite verranno testate, ma in generale pare che ci sia una certa discrepanza fra quello che viene detto e quello che viene effettivamente fatto.
Per ora, la maggior parte della prevenzione si è basata sul tracciare i contatti e i percorsi delle persone che si sono rilevate positive. Basterà?

Anche a livello di iniziative volte a prevenire i contatti sociali, non ho visto queste grandi iniziative. Qualche scuola è stata chiusa, ma non molto più che questo. Ha fatto un po’ di scalpore il fatto che si sia deciso di tenere la finale del Melodifestival di fronte al numeroso pubblico della Friends Arena, mentre nella vicina Danimarca si è optato, per la manifestazione equivalente, per le porte chiuse. Come ha scritto l’opinionista del DN Peter Wolodarski, “La Danimarca non rischia e annulla tutti i grandi eventi pubblici. Ma in Svezia sembra che crediamo che al virus importi se siamo gentili gli uni con gli altri ed evitiamo di tossire. Ci ritroviamo tutti nonostante tutto alla Friends Arena.”

Se poi volete chiedere a me cosa pensa “la gente” della situazione, cascate male: sto lavorando da casa il più possibile e cercare di limitare al massimo i contatti sociali e facendo anche la spesa a domicilio. Quindi non so dire se i centri commerciali siano pieni, o quanta gente ci sia generalmente in giro.

Certo, qualcosa si può dire: la Svezia ha una densità molto bassa e qui siamo più abituati a mantenere le distanze da chi ci sta attorno e a seguire le direttive governative, quindi c’è una possibilità che il virus si diffonda meno che da altre parti. Ma l’impressione che stiamo per prendere una grande, enorme facciata, c’è, e non è esattamente rassicurante. Mandateci un bell’i vargens mun!

 

Cose che hanno del surreale

Foto ufficiale dal sito del Parlamento svedese
Foto ufficiale dal sito del Parlamento svedese
A Malmö la criminalità è ormai completamente fuori controllo.
Gli ultimi avvenimenti nel giro di pochi giorni sono stati: un dipendente comunale cui hanno sparato mentre spargeva sale nel Parco di Pilldamm di prima mattina, una donna violentata di sera nel parcheggio del centro commerciale Mobilia (in orario di apertura), un tipo ucciso ieri nel tardo pomeriggio in piena Möllevångstorget (una piazza centrale, molto viva e frequentata) vicino ad un ristorante.
Polisen non è assolutamente in grado di gestire l’emergenza, che le è da tempo sfuggita di mano.
Oggi attendevamo con ansia la visita del ministro degli interni.
Ecco, sapete cosa è riuscito a fare questo signore, il socialdemocratico Anders Ygemans?

È riuscito a prendersela con i cittadini poco responsabili che si fanno tagliare i capelli per 50 corone.

Se la cosa non avesse del tragico, ci sarebbe di che ridere.

 

Cose che in Italia non succedono 

Foto da Wikipedia di Frankie Fouganthin, rilasciata su licenza CC
Foto da Wikipedia di Frankie Fouganthin, rilasciata su licenza CC
Dopo una serata a Copenaghen, al suo ritorno in Svezia, il  ministro dell’istruzione Aida Hadžialić viene beccata alla guida dalla polizia con una percentuale di alcool troppo alta nel sangue. Il valore è lo 0,2 ‰, esattamente la quota limite per cui già si viola la legge svedese sulla questione. 

Il giorno dopo (oggi), il ministro si dimette. Impensabile da altre parti. 


Aida Hadzialic (S) körde bil med alkohol i blodet – och togs av polisen för rattfylleri. Nu avgår hon som gymnasie- och kunskapslyftsminister. – Jag vill ta ansvar för det jag har…

Source: Ministern togs för rattfylleri – avgår | Nyheter | Aftonbladet

Simboli del…

Il partito dei Liberali, già Partito Popolare, ha presentato ieri il suo nuovo logo. Fra l’ilarità generale. 

Il commento migliore? “Duro come la pietra. Rasato a nuovo. Neo-liberale”

Liberalerna

Marcus Birro e Mehmet Kaplan: di pranzi e cene

L'articolo di Aftondbladet che raccontò dell'incidente diplomatico fra Birro, allora scrittore di Expressen, e l'ambasciata italiana.
L’articolo di Aftondbladet che raccontò dell’incidente diplomatico fra Birro, allora scrittore del diffuso tabloid Expressen, e l’ambasciata italiana.

Marcus Birro è un giornalista e scrittore italo-svedese. Autore di popolari libri e serie tv, grande appassionato ed esperto di calcio, è noto pure per non avere paura ad esporsi anche in maniera non sempre diplomatica.
Nel 2012, un suo articolo su Expressen, in cui affermava che i politici italiani sono tutti in qualche modo collusi con la mafia, causa un piccolo incidente diplomatico con l’Italia, che coinvolge anche l’allora ambasciatore Stefano Persiani (che alla fine dovrà scusarsi con Birro per avere reagito in maniera esagerata). Ma i veri problemi iniziano nel novembre 2014, a seguito di un podacast pubblicato sul sito di estrema destra Exponerat in cui Marcus si permette, cosa che nella politically correct Svezia è quasi un tabu, di criticare l’islam. Birro viene immediatamente crocifisso da gran parte della rete, minacciato di morte, e finisce con il perdere il posto ad Expressen, ufficialmente per avere criticato il quotidiano. Poco meno di un paio di mesi dopo, il secondo evento di questa storia: per dimostrare di avere fatto bene a cacciare Birro, Expressen pubblica una notizia “sconvolgente”. Il giornalista viene pescato in un “pranzo segreto” assieme a due rappresentanti di Sverige Demokraterna, il partito di “estrema destra” (in realtà, come dico spesso, su posizioni ufficiali più moderate rispetto a quelle di un Salvini qualunque). E poco importa che il pranzo sia avvenuto assolutamente alla luce del sole in un ristorante frequentato da giornalisti e politici della città vecchia: per molti questa riunione “segreta” è solo la conferma del razzismo di Marcus, che ora perde anche il posto di redattore del blog dedicato al calcio italiano “Solo Calcio” e diventa un “paria” rinnegato da molti amici e colleghi. Reazione esagerata? A mio avviso nella maniera più assoluta: pur avendo opinioni politiche diverse, trovo che Birro sia tutto fuorché un esagitato estremista o razzista.

Ma andiamo oltre.

Mehmet Kaplan è il Ministro dello Sviluppo Urbano.  È il primo ministro svedese ad essere un musulmano praticante, è stato il leader e fondatore di più associazioni musulmane ed appartiene al partito dei Verdi, al governo dalle elezioni del 2014. Kaplan è una figura controversa: poco prima di diventare ministro afferma che i jihadisti che vanno a combattere in Siria sono come gli Svedesi che andarono a combattere in Finlandia durante la Guerra d’Inverno (dirà poi di essere stato frainteso e di avere scelto male le proprie parole). Molte delle critiche che gli arrivano addosso, però, non giungono dalla destra, ma anche dalle comunità di immigrati e dai suoi alleati di governo. Per i kurdi, gli armeni e anche per molti turchi progressisti, Kaplan è nulla più che un lacchè del presidente turco Erdoğan e la chiave di grimaldello per fare affermare la sua politica anche in Europa, nonché un islamista in maschera. Fra i detrattori di Kaplan, c’è ad esempio l’ex parlamentare socialdemocratica Nalin Pekgul, che non ha esitazioni ad utilizzare il termine “islamista”. Per gli estimatori, come il responsabile dei Verdi, Gustav Fridolin, invece, Kaplan è un democratico, progressista e femminista, una persona di cui fidarsi.

Keplen con la moglie. Foto ddi Johan Fredriksson, pubblicata su Wikimedia su licenza Creative Common
Keplen con la moglie.
Foto di Johan Fredriksson, pubblicata su Wikimedia con licenza Creative Common

Ma per Kaplan è un momento difficile: il 14 aprile Aftonbladet ha pubblicato le foto di una cena di fine Ramadan in cui il ministro si è ritrovato a sedere a fianco di persone decisamente scomode, come esponenti dei Lupi Grigi turchi, un gruppo responsabile di atti di terrorismo, e con Barbaros Leylani: un tipino per bene noto per avere tenuto comizi in Sergels Torg (la piazza principale di Stoccolma) in cui invitava i turchi a svegliarsi e uccidere “quei cani degli armeni”. Kaplan, si è appurato, ha anche incontrato a più riprese gli esponenti dell’organizzazione di estrema destra Milli Görüs, un gruppo islamico-fascista con base in Turchia.

Inutile dire che queste situazioni hanno fatto scalpore, scuotendo non poco quella stessa maggioranza in cui crescono i malumori verso il ministro. Kaplan si è difeso dicendo che alla cena è stato invitato, e che non poteva sapere chi sarebbero stati gli altri ospiti, mentre deve essere “tollerante” nei confronti di Milli Görüs in quanto rappresentanti di una parte della minoranza turca in Svezia. Nonostante le polemiche (esterne ed interne alla maggioranza), Fridolin resta deciso nel difendere Kaplan. In queste ore, però, sempre più elementi oscuri emergono dal passato del ministro, incluso un discorso del 2009 in cui paragonava Israele ai nazisti (cosa che ha immediatamente fatto scattare le proteste dell’ambasciatore israeliano). Kaplan resta per ora al suo posto, ma in un paese in cui ci si dimette per scandali molto minori, il sospetto è che abbia i giorni contati.

Fra le voci più forti nel chiedere le dimissioni c’è, ovviamente, quella di Marcus Birro, che si chiede apertamente se Kaplan sarà punito in maniera tanto dura quanto lo è stato lui, che ha perso amici e lavoro per un pranzo con rappresentanti di uno dei partiti più votati di Svezia.
Per Stefan Löfven una Kobayashi Maru senza via di uscita. Se, come è lecito attendersi, Kaplan perderà il posto, sarà un’ulteriore porta che si chiuderà nei confronti di quella comunità islamica che, come sempre, ritiene di non avere alcuna reale possibilità di integrazione nella società svedese. Ma permettere al ministro di continuare sarebbe, chiaramente, una follia.

AGGIORNAMENTO: In una conferenza stampa del 18 aprile, ore 12:30, Stefan Löfven ha annunciato le dimissioni di Kaplan.

 

Gay pride ecclesiastico e gay pride xenofobo

Non discriminareIn questi giorni siamo in piene celebrazioni Pride da parte della Chiesa. Già, avete capito bene: la Chiesa è, ovviamente, quella svedese, di stampo protestante-luterano.
La cosa non è certo una novità: la Svenska Kyrkan è da tempo aperta non solo alle donne, ma anche a tutti i rappresentanti LGBT. Stoccolma ha per vescovo una signora gay già dal 2009 e, in generale, non è impossibile di ritrovarsi a che fare con un prete trans o apertamente omosessuale.

Il motto del pride di questi giorni, basato sulla Lettera di Giacomo, capitolo 2 verso 1, è “Non discriminare le persone, e la Chiesa ha allestito un sito web speciale dedicato all’evento.

Se il nodo centrale è Stoccolma, anche le altre parrocchie nazionali non si sono astenute: ad esempio, la Chiesa di San Pietro a Malmö sta organizzando una serie di “eventi arcobaleno”, illustrati sul proprio profilo Facebook, mentre un tappeto multicolore ha adornato, in questi giorni, la chiesa di San Nicola ad Örebro 

https://twitter.com/napunktse/status/604206949174005760

Un Pride decisamente più controverso, almeno qui in Svezia, è quello organizzato dal partito xenofobo Sverigedemokraterna. Solitamente contrario ad ogni riconoscimento dei diritti LGBT, e comunque non benvenuto alle celebrazioni Pride ufficiali, il partito ha organizzato delle proprie celebrazioni gay in un paio di förort, le cittadine di periferia (o, se vogliamo, le cosiddette città ghetto) abitate per lo più da musulmani: l’intento è ovviamente di provocare, dal momento che le comunità islamiche sono fra le più chiuse e contrarie ai diritti dei gay. L’obiettivo è di dimostrare che gli immigrati sono fra coloro che più si oppongono fra i valori di tolleranza svedesi. Le manifestazioni non hanno avuto successo in termini di partecipazione (come prevedibile: le associazioni LGBT non vedono di buon occhio SD), ma sicuramente hanno ottenuto un grande eco mediatico: si tratterà di una sincera apertura da parte del più conservatore dei partiti, o semplicemente una mossa di puro opportunismo? La seconda è decisamente l’opzione più probabile.