Venti di guerra

L’altro ieri, il comandante in capo delle Forze Armate svedesi, il Generale Micael Bydén, ha introdotto il suo discorso alla conferenza nazionale Folk och Försvars (Popolazione e Difesa) mostrando immagini dell’Ucraina bombardata.

Ha poi invitato in toni piuttosto drammatici (“È l’ora di svegliarsi!”) la popolazione a prepararsi per la guerra, chiedendo a tutti di essere pronti a resistere per diversi giorni da soli (quindi assicurandosi di avere scorte a sufficienza) e di aiutare a garantire la continuità dei servizi essenziali.

Bydén al Dagens Nyheter: “Se non ci si è già organizzati per cavarsela senza elettricità e acqua per diversi giorni, è l’ora di farlo adesso”.

Alla domanda esplicita se la guerra possa arrivare in Svezia, ha risposto che, sì, c’è un rischio tangibile, indipendentemente dal fatto che la Svezia entri nella NATO o meno.

A molti queste parole non sono piaciute, e c’è chi, come lo scrittore Göran Greider, dice che Bydén è il classico generale che “non vede l’ora di andare alla guerra”, probabilmente anche in cerca di maggiori fondi (già raddoppiati dal 2020 ad oggi).

Il governo, in compenso, è allineato alle parole del generale: ieri il primo ministro, il moderato Ulf Kristersson, ha ribadito che è compito della popolazione contribuire alla difesa totale (totalförsvaret) della nazione. Ha poi attaccato quegli immigrati che prendono la cittadinanza svedese pensando di non avere alcun dovere nella difesa del paese. “La cittadinanza è per la difesa della Svezia, i nostri valori e il nostro stile di vita – con le armi in mano e la nostra vita in prima linea. La cittadinanza non è un passaporto per viaggiare”.

Le parole del primo ministro sono state criticate come divisive e basate su pregiudizi infondati sia dalla leader dell’opposizione, la socialdemocratica Magdalena Andersson, che da diversi opinionisti. La Andersson ha anche aggiunto che “anche se la situazione è seria, non abbiamo la guerra alla porta di casa“, condannando la retorica del primo ministro.

Costruire una difesa è costoso – puntare il dito contro certi cittadini è gratis per Kristersson“, scrive il caporedattore del DN.

Dall’altra parte, anche il ministro della difesa, il moderato Carl-Oskar Bohlin, ha detto chiaramente che la guerra può arrivare, e che bisogna essere pronti a tutti i livelli, incluso il rischio di attacco nucleare. Tutti i cittadini vengono invitati a partecipare alla difesa civile della nazione, e le autorità, i comuni e le regioni devono lavorare per mettere in piedi organizzazioni e piani per la guerra.

Nel frattempo, dopo l’ampliamento della leva militare (tornata in vigore qualche anno fa), è prevista la reintroduzione della leva civile, mentre diverse famiglie che sono proprietarie di minibus, furgoni, fuoristrada o altri veicoli strategici, hanno ricevuto un avviso che dice che i loro mezzi sono ora nella lista di quelli che sono “a disposizione dello stato”, e che possono essere confiscati a fini di guerra in qualunque momento senza ulteriore preavviso.

Sul fronte dell’ingresso nella NATO, avviato due anni fa, la Svezia continua ad aspettare l’approvazione della Turchia, ogni volta spostata in avanti. Ora si parla ancora una volta della “settimana prossima“, ma non è certo la prima volta che Ankara trova motivi vari per rimandare la decisione. Nel frattempo, però, è già stato trovato un accordo per dare agli USA accesso alle basi militari svedesi, e il governo afferma già che la Svezia sarà protetta dal sistema di difesa missilistico dell’Alleanza.

Ma perché, si chiederà qualcuno, la guerra dovrebbe arrivare proprio in Svezia? A parte una “banale” estensione su scala globale del conflitto Ucraino, c’è un motivo ricorrente: Kaliningrad. I Russi, ancora di più con i blocchi attuali, non tollerano il fatto che per loro sia impossibile muoversi liberamente fra l’exclave e il territorio principale del paese. Da tempo, i falchi di Mosca propongono quindi di riaprire, con le buone o le cattive, il corridoio di terra fra l’antica Conisberga e l’amica Bielorussia, annettendoselo militarmente. Questo corridoio passa fra Polonia e Lituania: se il Cremlino ne prendesse il controllo, le integrità territoriali sia dell’Unione Europea che, soprattutto, della NATO ne verrebbero intaccate. Per difendere l’azione militare, Mosca avrebbe bisogno di mettere in piedi anche un “corridoio di mare” basato sull’isola svedese di Gotland: occupandola, la Russia sarebbe in grado di avere basi navali ed aeree da cui tenere sotto scacco i paesi baltici e difendere militarmente la propria posizione.

da Apple Maps. Io, al momento, abito presso il pallino blu.

Insomma, viviamo in tempi sempre più interessanti…

No, la scuola svedese non torna al 1950

Da ieri leggo diverse idiozie su come la Svezia abbia deciso di buttare i tablet nelle scuole, e tornare a carta, penna e calamaio. Esultano conservatori e neoluddisti italiani che, senza capire un tubo, dicono: “visto? avevamo ragione noi!”

Ovviamente, la notizia, messa in questi termini, è una clamorosa bufala.

Il solito giornalismo italiano di “qualità” condiviso in maniera acritica sui social network.

Quello che è successo è semplicemente questo: qualche tempo fa, Skolverket (l’agenzia indipendente che si occupa di pianificare l’educazione) ha fatto una proposta per un piano di digitalizzazione per il 2023-2027, proposta che prevede una spinta sempre maggiore verso la tecnologia e l’introduzione del digitale nella scuola per l’infanzia.

La ministra della scuola Lotta Edholm e il ministro dell’educazione Mats Persson (entrambi liberali) considerano il piano troppo affrettato e hanno chiesto di rivederlo, prendendo in considerazione più pareri, inclusi gli esperti di ricerca cognitiva. La Edholm ha anche chiesto che le scuole non manchino di stanziare fondi per libri “fisici”, carta e penna.

Punto.

Nessun tablet è stato buttato via, e l’utilizzo delle tecnologie digitali in Svezia resta assolutamente elevato. Sin dalle elementari, ogni alunno ha a disposizione un laptop, e continuerà ad averlo. Una parte consistente dell’educazione viene tuttora, e continuerà ad esserlo, impartita per via digitale.

Che poi ci sia una discussione sul fatto che il livello di alfabetizzazione dei bambini svedesi sia calato, è vero. Ma non ci sono conclusioni definitive su quale sia la causa di questo calo, che peraltro è stato registrato anche in paesi che utilizzano molto poco le tecnologie digitali a scuola. E il livello di alfabetizzazione dei bambini svedesi resta fra i più alti in Europa.
Che ci sia un dibattito serio al riguardo, e che eventualmente si decida di rallentare aspettando dati scientifici e pareri di esperti è solo una cosa positiva.

Chi, però, ha atteggiamento da tifoso esultante di fronte ad una bufala dimostra solo una cosa: l’educazione che quella persona ha ricevuto non è stata adeguata a farle capire una notizia o, in caso di malafede da parte degli organi di stampa, di ricercare fonti serie che spieghino come stia esattamente la questione.

Si stava meglio quando si stava metal… in Svezia!

Mi sono divertito tantissimo a partecipare al podcast Si Stava Meglio Quando Si Stava Metal, e raccontare la scena musicale metal svedese. Disponibile in video su YouTube e in audio su varie piatteforme.

Se vi interessa l’argomento, mi trovate qui!

https://podcasts.apple.com/se/podcast/si-stava-meglio-quando-si-stava-metal/id1583784969?i=1000621135559

Nota: al momento c’è un problemino di sfasamento delle voci nella versione podcast. In attesa che venga sistemato, consiglio di vedere/ascoltare la versione su YouTube!

Di identità digitale: SPID, BankID e Freja

In qualità di iscritto all’AIRE, e comunque con situazioni diverse in Italia, mi sono ritrovato ad utilizzare più volte lo SPID, il sistema di identità digitale italiano. Personalmente, devo dire di averlo trovato un po’ macchinoso e con un’interfaccia non particolarmente riuscita (probabilmente dipende anche dal fornitore scelto), ma comunque estremamente utile.
Da qualche tempo leggo affermazioni stupefacenti di rappresentanti del governo che parlano di “spegnere” lo SPID e sostituirlo con l’autenticazione tramite carta d’identità. Leggo anche gli sproloqui deliranti dei soliti deficienti complottari che, senza neanche capire cosa sia lo SPID, lo descrivono come uno strumento di controllo governativo, uno dei tanti mali della società moderna alla pari del 5G, il green pass, i vaccini e le scie chimiche.

In Svezia, invece, utilizziamo da anni il BankID. Ma lo utilizziamo davvero, e lo utilizziamo per tutto. Nato come sistema di autenticazione per le banche nel 2003 (originariamente come sistema crittografico per PC e Mac), è letteralmente esploso a partire dal 2011 quando è stata sviluppata l’app per cellulare. Quando dico che lo utilizziamo per tutto non scherzo: dalla pubblica amministrazione, alle Poste, ai supermercati, a qualunque sito che venda prodotti online… è difficile trovare qualcuno che non adotti BankID come fornitore di identità digitale. Posso utilizzarlo per autenticarmi preventivamente sull’app delle post per andare a ritirare un pacchetto o una raccomandata (dovrò solo far vedere il codice QR per ritirarlo), per guardare il mio resoconto sanitario, per accedere al sito della banca, per trasferire soldi in maniera istantanea a qualcun altro tramite il sistema Swish… posso persino utilizzarlo per entrare dentro al supermercato in orario notturno, quando non c’è personale, e fare la spesa autonomamente. L’interfaccia è semplicissima (si può anche integrare con il sistema biometrico del cellulare, facilitando l’autenticazione) ed estremamente pratica: BankID è usato senza grossi problemi quotidianamente anche da molte persone anziane.

La notizia di questi giorni, e che sull’app del BankID si può ora anche avere anche la carta d’identità in formato digitale.
Io sono fra quelli che è molto felice della cosa: già adesso utilizzo pochissimo carte e tesserini di ogni tipo, facendo quasi tutto (incluso pagare) col cellulare o lo smartwatch. Ora eviterò di tirare fuori il documento, cercandolo fra le varie altre carte, anche per quelle poche occasioni in cui ancora dovevo farlo, come per una visita medica o controlli casuali per l’acquisto di beni (come alcool o energy drink) che richiedono la maggiore età. Si è parlato anche della digitalizzazione della patente, ma non ci siamo ancora, e in questo caso altri paesi (come Danimarca e Finlandia) sono arrivati prima di noi.

La Polizia stessa si augura che prenda sempre piede la carta d’identità informatica, in quanto più sicura e più difficilmente falsificabile rispetto al documento fisico.

Foto presa dal sito del BankId © 2023 Finansiell ID-Teknik BID AB

Sia chiaro: anche il BankID non è esente da critiche. Ad esempio, il fatto che sia nato in ambito bancario, lo rende esposto alle obiezioni di chi vorrebbe un sistema non legato al mondo finanziario. Anche per questo, sotto l’egida di un’azienda informatica svedese, è nata Freja eId, una meno nota alternativa che viene riconosciuta dalla pubblica amministrazione e che comunque sta prendendo sempre più piede anche nel settore privato. Fra le altre cose, Freja ha battuto BankID nella creazione di una carta d’identità digitale (al momento accettata da una dozzina di aziende, fra cui le poste e DHL)!

La carta d’identità di Freja
© 2023 Freja eID Group AB

Per me questa conversione al digitale è assolutamente comoda ed auspicabile, e le notizie neoluddiste che arrivano dall’Italia mi lasciano sempre più perplesso. Come sia possibile pensare di sostituire un sistema avanzato con uno decisamente più primitivo (qui avevamo l’autenticazione tramite carta d’identità elettronica già nel 2009 quando sono arrivato) è una di quelle cose che mi lasciano senza parole. Per noi italiani all’estero, poi, la cosa è ancora più comica: per chi vive lontano dalle grandi sedi consolari, la carta d’identità elettronica è una chimera.

Sperando che il buon senso prevalga e vadano avanti i progetti di integrazione europea per un sistema di identificazione digitale comune a tutti i cittadini dell’Unione!

Problemi in Svezia con Intimissimi e Calzedonia

Secondo quanto riferito da Aftonbladet, ci sarebbero grossi problemi per i dipendenti di Intimissimi, la catena di negozi di abbigliamento italiano di proprietà di Calzedonia.
Diverse dipendenti attuali e passate raccontano di condizioni di lavoro orribili, con le commesse che vengono sgridate apertamente, costrette al pianto, monitorate tramite telecamere, cazziate se bisognose di andare in bagno in orario di lavoro, licenziate in caso di protesta, costrette a lavorare senza pausa (anche 18 giorni di fila senza compenso extra, fino ad 80 ore alla settimana). Anche le responsabili dei negozi dicono di essere ipersfruttate, spesso costrette ad essere raggiungibili anche ad orari tardi, indipendentemente da quanto lavorato durante il giorno. Si parla anche di bonus saltati per essere arrivati in ritardo al lavoro un solo giorno, e di persone che hanno dovuto lasciare perché completamente bruciate.
L’azienda non ha un contratto sindacale collettivo: non è obbligatorio averlo, ma può essere spesso sintomo di chi non vuole adeguarsi al sistema svedese che prevede un reale rispetto dei lavoratori.
Il capo esecutivo della catena, l’italiano Manuel Scarfone, nega di essere a conoscenza di qualunque problema. Dice anche che l’azienda continua a ricevere candidature ogni giorno, e che un posto in Intimissimi è anzi molto ambito.

Diverse commesse hanno ora deciso di scrivere a Bianca Ingrosso, nota influencer italo-svedese, figlia della cantante Pernilla Wahlgren e del ballerino Emilio Ingrosso, nonché volto commerciale della catena, per chiedere di intervenire a nome loro. Bianca ha detto di ritenere inaccettabili le cose che ha sentito, e che se si sta dando da fare, per come le è possibile, per fare risolvere i problemi.

Ora… ovviamente quanto sopra è tutto da verificare e confermare, anche se l’inchiesta sembra seria e Aftonbladet, per queste cose, è generalmente attendibile. Bisogna solo sperare che non sia un altro caso di imprenditori italiani che finiscono per rovinare la reputazione a tutti i connazionali!

Le elezioni svedesi ad Aria Pulita

Com.It.Es di Stoccolma

Oggi all’ora di pranzo siamo stati ospiti di Alberto Maio su 7Gold Emilia Romagna, dove abbiamo parlato delle elezioni svedesi.

Potete vedere l’intervento qui:

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Elezioni 2022: la parte svedese

 

Ho appena votato, in anticipo di qualche giorno, alle elezioni svedesi per il Parlamento, il comune di Tomelilla e la regione Skåne.

Le schede da inserire nella busta


Le modalità sono sempre quelle di cui avevo parlato anni fa, quindi potete leggere il relativo post. La differenza rispetto ad allora è che nel frattempo sono diventato cittadino svedese, e che quindi posso ora votare per il parlamento.

Sul sito del Com.it.es abbiamo anche scritto un articolo che spiega ai cittadini italiani come votare in Svezia.

Sono elezioni particolari, che secondo i pronostici potrebbero indicare il passaggio da un governo a guida Socialdemocratica ad uno di centro destra, grazie ad un probabile accordo fra Moderati e il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi. Se questo verrà fatto tramite un appoggio esterno o con la partecipazione diretta di Sverigedemokraterna all’esecutivo è tutto da vedere. Se, come sembra, gli stessi Moderati saranno il terzo partito (in caduta libera rispetto al passato), è molto improbabile che possano aspettarsi di fare un governo senza lasciare ministeri al gruppo di Åkesson. 

I Socialdemocratici saranno, probabilmente, ancora il primo partito. Ma, a seguito della decisione dei Liberali di tornare ad un orientamento di centro-destra, è molto improbabile che riescano a governare. Con il Partito Ambientalista al limite della soglia di sbarramento del 4%, e la compatibilità pressoché nulla fra il partito del Centro e quello della Sinistra (che fra l’altro non ha gradito per nulla l’adesione richiesta alla NATO), ben difficilmente avrà i numeri per un governo, anche solo di minoranza come negli ultimi anni. 

L’alternativa sarebbe una grande alleanza fra Socialdemocratici e Moderati, alleanza richiesta da alcune forze centriste del paese, ma che per ora non sembra essere nei programmi dei due partiti. Dopo le elezioni, ovviamente, potrebbe cambiare tutto!

Poi, se tutto va bene, domani riceverò probabilmente il plico elettorale per le elezioni italiane. Due votazioni in pochi giorni!

Parlando di Svezia e Genoa

Nel fine settimana mi sono ritrovato a parlare della Svezia e del mio Genoa (da perfetto incompetente) come ospite di “Genoani… si resta“, il podcast dei genoani all’estero!

Trovate la registrazione della puntata qui:

Se vi interessa la parte sulla Svezia, la prima parte della puntata è dedicata all’argomento.

Ringrazio ancora una volta Gagge, Ceva e Talla per l’ospitalità!

Utilizzi creativi

Mia figlia ha trovato modo di sfruttare le schede referendarie arrivate oggi, fuori tempo massimo per potere votare.

Non si butta via niente

P.S.: Abbiamo lanciato ieri il sito del Com.It.Es svedese, di cui sono onorato di far parte. Mi troverete anche lì.

Diritto negato

Per la prima volta da quando risiedo in Svezia, non mi sono arrivate in tempo utile le schede per votare ai Referendum. Al di là di quali fossero le mie intenzioni al riguardo (votare o meno, e a quali quesiti) resta comunque un diritto che è stato negato a me e tanti altri. Sì, perché, a quanto pare siamo proprio tanti in Svezia a ritrovarci in questa situazione.
Con i Comites di Stoccolma indagheremo nei prossimi giorni le ragioni della cosa e discuterne assieme al Consolato per evitare che il problema si ripresenti.

NATO ieri

Come probabilmente saprete, la Svezia ha deciso di rompere con la propria tradizione di neutralità (cosa che in realtà era già avvenuta in parte con l’adesione al Trattato di Lisbona dell’Unione Europea) e mandare la richiesta di ingresso nell’Alleanza Atlantica. L’invio formale è avvenuto ieri, uno storico 18 maggio 2022.

Ciò che si teme è, ovviamente, un’invasione da parte della Russia. Qualcuno può ancora chiedersi cosa possa mai volere Putin dal Regno delle Tre Corone, ma la questione è nota da tempo: l’isola di Gotland è strategica per il controllo del Baltico e per la protezione dell’enclave di Kaliningrad, nel caso la Russia decida di esercitare pressioni (o peggio) sulle repubbliche baltiche.

Personalmente quella dell’adesione è una scelta che non condivido: trovo che la neutralità conferisse al paese un ruolo di livello più alto nelle mediazioni internazionali e che, soprattutto, la decisione esponga maggiormente il paese a possibili conseguenze e rischi di escalation militare. Inoltre mi piace molto poco l’idea di una Svezia soggetta ai ricatti di gente come Erdoğan, o ai capricci del presidente americano di turno (ammetto di essere molto preoccupato per un possibile ritorno al potere di Trump). Insomma, trovo che i possibili vantaggi dell’appartenenza alla NATO siano decisamente minori rispetto agli svantaggi e i rischi ad essi associati.

Magdalena Andersson e il resto del governo svedese non la pensano però così. E hanno tutto il diritto di farlo, e agire di conseguenza.

Si sta discutendo molto, anche fra gli italiani residenti qui, di come un governo eletto senza un mandato per aderire all’Alleanza (fino a Febbraio, i socialdemocratici erano assolutamente contrari) abbia deciso di farlo in fretta e furia, senza consultare il popolo in un referendum.
C’è che dice che lo abbia fatto perché i sondaggi post-invasione dell’Ucraina mostrano una forte voglia di adesione, e che così facendo si eviti di farne una questione elettorale in vista delle prossime elezioni autunnali.
Ammetto senza problemi di essere stato il primo a pensarlo, ma alla fine bisogna riconoscere che è in buona parte dietrologia.

I punti fondamentali sono questi:

  1. Io “pago” un governo per prendere decisioni importanti e veloci nei momenti di crisi. Che io condivida o meno queste decisioni è una questione a parte, e alle prossime elezioni deciderò se premiare o meno le scelte di governo di questi ultimi anni: la democrazia rappresentativa funziona così!
  2. La Andersson e i suoi ministri hanno accesso ad informazioni sulla sicurezza nazionale cui io non ho accesso, e che non possono essere diffuse per ovvi motivi
  3. Se anche avessi per qualche strano motivo accesso alle suddette informazioni, probabilmente sarei in grado di capirle solo per sommi capi e finirei per avere ancora più dubbi che prima

Insomma, per quanto non approvi l’iniziativa, a differenza di diversi altri connazionali (di entrambe le nazioni), non ho obiezioni sul fatto che si sia presa una decisione al riguardo senza passare da una consultazione popolare: quella del governo è una scelta assolutamente legittima la cui urgenza è stata giustificata dalle circostanze attuali. Speriamo solo di non pagarne le conseguenze!

Vi fa inorridire la pizza con l’ananas?

Sappiate che dalle mie parti c’è una pizzeria che propone la “Pizza Flygande Jakob”, basata sul piatto omonimo fatto con banane, pollo, curry, arachidi e, sempre lui, l’immancabile ananas.

Il Giacobbe Volante

Il Flygande Jakob è una della folli invenzioni degli anni ‘70, quando l’accesso a nuovi ingredienti portò gli svedesi ad ogni tipo di sperimentazione culinaria e nella versione classica del piatto, invece di curry e ananas, ci sono panna e pancetta.

All’epoca la portata divenne molto popolare, ma oggi sono molti, soprattutto fra le nuove generazioni, a considerarla disgustosa.

Ma se pensate che sia finita qui, non vi illudete!

  • la numero 34 (“Cinque”) è una pizza con champignon, cozze, gamberi e… ananas.
  • la numero 42 contiene filetto di maiale, pomodori freschi, salsa bernese e champignon e… ananas.
  • in un incrocio internazionale ai massimi livelli c’è una “Kebab messicano” (41) con carne di kebab, jalapeño, salsa tacos, aglio pressato e condimento per tacos

Nota: tutte le suddette pizze sono salsa di pomodoro e “formaggio”, un mix generico di formaggi che non sono mozzarella. Sì, mettono le cozze sopra a questo mix. E, ovviamente, il tutto viene servito con l’insalata per pizza!

Il menù pizze completo

Resta la grande domanda: ma qualcuno ordinerà e mangerà davvero queste pizze, o il ristoratore le mette lì solo per fare scena, avere un’offerta molto ampia ed, eventualmente, fare parlare di sé? Sinceramente… non voglio proprio saperlo!

Un mondo all’incontrario

Uno degli svantaggi del vivere in campagna è che spesso hai a che fare con persone dalla non troppo ampia apertura mentale e comprensione di ciò che sta succedendo nel mondo. Quello che però non ti aspetti è a che a presentarsi in questa maniera siano le persone che lavorano nel sistema educativo.
Ora, cominciamo con una premessa: l’inizio scolastico di Aurora non è stato dei più fortunati. Proprio in coincidenza dell’apertura dell’anno didattico, mio padre si è malato gravemente, ed è poi venuto a mancare. Quindi, fra viaggio in Italia, quarantena che ci siamo imposti (perché moglie e figlia si sono prese un forte raffreddore al rientro) ed altro ancora, Aurora ha effettivamente perso dei giorni di scuola all’inizio. Ma ha comunque recuperato in fretta (qui si procede molto lentamente, e lei sa già leggere bene), e a scuola va sempre volentieri.
Alla direzione e al personale scolastico, però, questo inizio non è andato bene, e soprattutto non va bene una cosa: Aurora è l’unica bambina a scuola a preoccuparsi di 1) indossare la mascherina 2) cercare di mantenere le distanze. E sia chiaro che non la costringiamo noi: lei è ben felice di portare la mascherina e ci tiene a non avere altri bambini incollati a lei.
All’inizio dell’anno scolastico, ancora, qualcosa per provare ad arginare la pandemia si faceva. La ginnastica si faceva all’aperto, non si faceva la doccia a scuola, le classi pranzavano separate. A nostro avviso era troppo poco, ma comunque meglio che niente. Da metà settembre, nulla di tutto ciò. Ginnastica al chiuso, Aurora obbligata condividere la doccia con un’altra bambina (!), banchi raggruppati ad isola, alunni incoraggiati a suonare a turno lo stesso strumento a fiato (!!), a massaggiarsi (!!!) Insomma: secondo la nostra scuola (che sicuramente seguirà alte direttive), la pandemia non esiste.
Il vero problema, per loro, è la mascherina. Più volte è stata invitata a togliersela dal personale docente (indecente?) perché “non ti sentiamo bene”, “ma perché la porti?”, “se fai la doccia la devi togliere”. Lei, giustamente, si rifiuta.
Poi sia chiaro, ci sono state altre assenze occasionali. Se Aurora un giorno è fortemente raffreddata o ha la temperatura alta, quel giorno non la mandiamo a scuola, in giornata la testiamo (abbiamo comprato i test rapidi salivari, che facciamo a casa) e se tutto è a posto la mandiamo il giorno dopo. Cerchiamo di avere un approccio responsabile.
Ora, da oltre una settimana Aurora ha una febbriciattola che si trascina: nulla di serio (speriamo!) ma stiamo indagando con il vårdcentral per capire cosa sia esattamente, visto che non è la prima volta che succede. La diagnosi sta prendendo più tempo del previsto perché all’inizio non eravamo sicuri che la febbre fosse una conseguenza del vaccino anti-influenzale e poi perché l’ambulatorio non ha accettato (giustamente!) il risultato del test rapido e, prima di visitarla, ha voluto il risultato di un tampone molecolare.
Bene: approfittando di questa assenza, la preside della scuola ha deciso di segnalarci ai servizi sociali. Per le assenze? Anche, ma soprattutto perché “costringiamo la bambina ad indossare una maschera a scuola”. Oggi abbiamo chiamato la responsabile dei servizi sociali per fissare un appuntamento, ma ci ha chiesto subito “ma che maschera è?” E quando le abbiamo spiegato che è una mascherina per evitare il Covid-19 si è messa a ridere, ha risposto “ma io vi capisco!” e ci ha detto che rispedirà la segnalazione al mittente. Qualcuno con cervello, in un mondo all’incontrario, c’è.

La simpatia di Byggmax

La compagnia di negozi di materiali edili ha deciso di prendere per i fondelli la Torre di Pisa, definendola “edificio fregatura”…

“Non costruisco fregature”

Ricordiamo loro che uno degli orgogli nazionali è una bellissima nave affondata da sola pochi minuti dopo il varo.

Vovve, Volvo, Villa

Si dice che il sogno di ogni famiglia svedese sia di possedere le “tre V”: vovve (cane, nella parlata dei bambini), Volvo (l’auto, ovviamente), villa (la casa indipendente). Noi abbiamo un gatto, una Dacia e una Ford, ma abbiamo appena messo una spunta sulla terza casella.

Ci siamo trasferiti a Smedstorp, comune di Tomelilla, nell’Österlen, a poco più di un’ora da Malmö. Ne parleremo più avanti!