Giornalismo scandinavo

Due articoli (anzi, tre) mi hanno colpito parecchio in questi ultimi giorni, ad evidenziare le differenze fra il giornalismo italiano e quello di queste parti.

Ultimamente, una truffa telefonica ormai classica, quella di chi ti telefona spacciandosi per un tecnico di Microsoft, al fine di carpire informazioni personali o fare installare sul tuo PC software malevolo, ha iniziato a colpire la Danimarca con chiamate provenienti dal prefisso +39.
Ora, noi sappiamo tutti che quel prefisso rappresenta l’Italia, lo sanno probabilmente molti danesi e sicuramente tanto la polizia quanto i giornalisti che hanno scritti i pezzi… eppure, in nessuno di questi due articoli danesi, in cui la Politi invita a non fornire informazioni personali e ad ignorare le richieste di queste persone, l’Italia viene nominata neanche di striscio.

Politiet advarer borgerne mod at give personlige oplysninger til fremmede over telefonen

Politi: Tag ikke telefonen, hvis nummeret begynder med +39

Se il messaggio della Politi è sicuramente un po’ eccessivo (“vi consigliamo di non rispondere e di non richiamare se il numero inizia con +39”), e rischia di creare problemi a chi fa chiamate lecite dall’Italia, è sicuramente positivo il fatto che il nostro paese non venga mai menzionato. In fondo questa è un’organizzazione internazionale che utilizza diverse teste di ponte sparse per il mondo, e l’Italia, in sé, non c’entra nulla: inutile, quindi, seminare potenziale odio verso il paese.
La stampa italiana, sicuramente, non ricambierebbe la cortesia.

Migranti dall'Europa (C) Skånskan
Migranti dall’Europa
(C) Skånskan
E poi, questo articolo, questa volta svedese. Il titolo dice che, in vista dell’arrivo della tempesta Alexander, a Malmö il comune ha “aperto un luogo di riparo per i migranti provenienti dall’Europa”. Se il titolo può lasciare nel dubbio, aprendo l’articolo si legge chiaramente “i migranti dell’unione europea che vivono in diversi accampamenti di tende”. Ora, chi siano questi migranti è chiaro a tutti ma non viene mai nominata l’etnia delle persone. Posso immaginare che la stampa italiana, invece, sguazzerebbe nella situazione, come fa regolarmente: certi argomenti controversi vendono copie e clic. Sono piccoli accorgimenti, basta la scelta meditata di evitare termini e riferimenti che possano scatenare gli istinti più bassi delle persone peggiori, e le cose cambiano parecchio.

Peraltro, qui, il fenomeno di questi “migranti”, in questi termini, è assolutamente nuovissimo: sono arrivati nell’ultimo periodo, per lo più proprio dall’Italia (e, sicuramente, aiutati da organizzazioni criminali che li sfruttano), dove non riuscivano più a tirare avanti.
In Svezia, come in quasi tutti i paesi dell’europa occidentale, i campi nomadi lager all’italiana non esistono, e gli appartenenti alle varie etnie romaní vivono il più delle volte in normali abitazioni.
Onestamente, però, è stata un’esperienza quasi surreale l’essere approcciati più volte in italiano nell’ultimo anno, da parte di questuanti che non avevano alcun modo di conoscere la mia nazionalità d’origine.

Ma, tornando alla stampa, pur essendoci comunque delle grandi differenze fra quella svedese e quella danese, in particolare nei riferimenti alle nazionalità di chi commette i crimini, mi sembra che i giornalisti scandinavi non abbiano quella tendenza a scrivere articoli che facciano emergere fra i lettori il lato peggiore dell’umanità… una tendenza che trovo invece spesso nei loro colleghi italiani, anche quelli che esprimono posizioni progressiste.
E, sinceramente, apprezzo molto di più l’approccio nordico.

D'altronde... (da kotiomkin.it)
D’altronde…
(da kotiomkin.it)

Alla Helgons Dag

Ci sono alcune differenze fra le celebrazioni di Ognissanti in Italia, e quelle Svedesi. La principale è che, a differenza che per il mondo cattolico, la festività non cade in un giorno fisso, ma sempre nel sabato che è più vicino al primo novembre.
Questa è una caratteristica tipica di altre festività svedesi, a partire da Midsommar: un tempo queste occasioni si celebravano in un giorno fisso, ma si è poi preferito spostarle nel fine settimana. Il cambiamento relativo ad Alla Helgons Dag è stato effettuato nel 1953, paradossalmente con l’intenzione di aumentare il numero di giorni di festa dal lavoro: l’Ognissanti svedese, fino a quel momento, era infatti un giorno feriale come tutti gli altri; spostandolo al sabato, che allora era un giorno lavorativo, si decide di rendere Alla Helgons Dag un festivo. Negli anni ´60, i sabati sarebbero poi diventati giorni feriali de facto per gran parte delle professioni, e questa caratteristica di festività è quindi andata nuovamente persa: oggi, il venerdì della vigilia (Alla Helgons Afton) è comunque un semi-festivo.

Un’altra caratteristica è che la Svenska Kyrka non prevede un giorno ufficiale e separato per la Commemorazione dei Defunti, come fa invece la Chiesa cattolica il due novembre: l’usanza tradizionale svedese è proprio di commemorare i propri cari nello stesso fine settimana di Alla Helgons, a partire dal venerdì sera.
Inutile dire che anche le mascherate di Halloween si tengono sempre la sera di Alla Helgons Afton, di venerdì.

La celebrazione dei defunti è, come spesso capita qui nei mesi di buio, un’occasione per fare ricorso alla luce; non sono infatti i fiori l’elemento principale della commemorazione, ma proprio dei suggestivi ceri bianchi che vanno ad illuminare i cimiteri svedesi.
Ogni necropoli ha uno spazio appositamente dedicato e predisposto chiamato minneslund (traducibile come “memoriale” o “angolo della memoria”), in cui si può accendere un lume a ricordo dei propri cari. Chi ha, vicino, sepolture di congiunti, può ovviamente anche scegliere di mettere un cero su di esse.
La cosa ha, ovviamente, un effetto intenso: un minneslund, la sera di Alla Helgons Afton, può essere davvero suggestivo!

Nulla, però, ci poteva preparare alla sorpresa che ci avrebbe aspettato ieri sera, mentre ci siamo messi alla ricerca del minneslund del cimitero di Sankt Pauli, il più grande di Malmö centrale.
Senza saperlo, infatti, ci siamo ritrovati a passare per la parte gitana del kyrkogård, dove siamo stati, letteralmente, abbagliati, dallo splendore di tombe sgargianti e da una festa di luci, colori, e musica più o meno tradizionale (se proprio vogliamo considerare tale una delle più celebri melodie di Nino Rota).
Nè le foto né i filmati, presi con il cellulare, rendono purtroppo giustizia all’esperienza!

Numerose famiglie di romaní erano riunite dinnanzi alle sepolture dei loro cari e, quando è stato il momento di allontanarci, abbiamo sentito intonare canti di dolore tradizionali, con un effetto davvero straordinario.

Finita questa inaspettata sorpresa, abbiamo finalmente trovato il minneslund tradizionale. Qualcuno potrebbe pensare che, dopo la precedente orgia di colori appariscenti, il decisamente più sobrio memoriale svedese appaia, in qualche modo, meno interessante; personalmente, però, direi di no: resta comunque un luogo speciale e suggestivo, con una sua forte componente emozionale.
Due mondi a confronto, uno a fianco all’altro, per due modi diversi, ma sempre intensi, di rendere omaggio ai propri cari che non ci sono più.