Quindici mesi e mezzo da papà mi hanno ampiamente esposto alla cultura delle vaggvisor, le ninne nanne svedesi. Alcune affondano le radici nella tradizione popolare, altre sono relativamente più recenti ma sono comunque diventate parte importante dell’essenza svedese. Ecco le mie preferite: purtroppo, però, le versioni che ho trovato in rete non sono sempre suggestive come quelle che si trovano allegate in CD ad alcuni libri illustrati (come Mina vackraste vaggvisor della “nostra” Cinzia Ratto), ma spero che rendano comunque l’idea.
Idas Sommarvisa
Scritta da Astrid Lindgren e musicata da George Riedel, è apparsa per la prima volta nel film Emil och griseknoen (“Emil e il porcellino”) del 1973, uno dei molti basati sui libri scritti dall’amata autrice di Pippi Calzelunghe. Il brano, una celebrazione dell’arrivo dell’estate svedese, si affermò immediatamente, diventando amatissimo in tutta la nazione. Oggi Idas Sommarvisa viene spesso usata come inno di chiusura delle scuole, al posto delle canzoni religiose utilizzate in precedenza: la sua forza è proprio di non essere apertamente religiosa, dato che l’ “io” narrante può essere, a seconda delle opinioni, la natura, una divinità a caso o, semplicemente, la bimba Ida che fa grande uso della propria immaginazione. E anche, se, tecnicamente non si tratta di una ninna nanna, nei fatti è perfetta (e utilizzatissima) all’uopo.
Non devi credere che l’estate arrivi
senza che qualcuno le dia il via
e aggiunga un tocco di estate:
è così che arriveranno presto i fiori.
Io faccio sì che i fiori fioriscano,
rendo i pascoli verdi,
e ora l’estate è arrivata,
perché io ho rimosso la neve.
Io porto molta acqua al ruscello,
così che possa scorrere impetuoso,
io faccio sì che sia pieno di rondini che volano,
e di zanzare che le rondini mangiano.
Io creo le foglie sugli alberi,
e piccoli nidi di uccello qua e là,
io rendo il cielo bello la sera,
perché sono io che lo rendo rosato.
E creo le fragoline di bosco per i bimbi,
perché ritengo che le possano avere,
e altre piccole cose divertenti
che vanno bene per i i bimbi piccoli.
Io creo dei posti divertenti,
in cui i bimbi possano correre,
così che si riempiano di estate,
e le loro gambe siano piene di forza.
L’originale:
Una delle molte versioni:
Byssan Lull
Composta nel 1919 da Evert Taube, uno dei maggiori cantautori e trovatori svedesi, è oggi uno dei più grandi classici della musica folk nazionale.
La melodia è una rielaborazione di un classico tradizionale più antico, già modificato dal compositore e poeta Carl Michael Bellman che aveva a sua volta scritto una propria ninna nanna.
La versione di Taube ha più versi: ho potuto notare che gli interpreti moderni scelgono quali cantare a seconda della propria sensibilità religiosa.
L’originale
La più antica melodia rivista da Bellman:
Vyssa Lulla Litet Barn
Di questa canzone non ho trovato molte informazioni, se non che il testo è scritto da Lennart Hellsing su melodia tradizionale, forse imparentata con la precedente (fra le altre cose, spesso i due titoli vengono confusi).
Trollmors Vaggvisa
Surreale storia che racconta di una mamma troll che, per fare addormentare i suoi trollini, canta loro le parole più belle che conosce: Hoajajajaj buff!
Scritta nel 1943 da Margit Holmberg, è anch’essa una canzone notissima e molto amata.
Infine chiudo con una chicca: le strampalate versioni hard rock di alcuni dei brani di cui sopra, più un classico che molti riconosceranno, ad opera della folle dans-metal band Black Invars!
Il 6 giugno è il compleanno della Svezia, il giorno in cui si celebra l’elezione a re di Gustav Vasa e la nascita della nazione svedese indipendente (1523).
La ricorrenza si celebra in tutto il paese con il nome di nationaldagen, in un tripudio di bandiere gialloblù e di manifestazioni culturali.
Per chi ha acquisito la cittadinanza nell’anno precedente a quello in corso, il 6 giugno è anche l’occasione per festeggiare l’evento, con cerimonie di benvenuto in ogni comune del regno.
Per noi residenti a Malmö, il luogo prescelto è da sempre l’Opera, lo splendido teatro degli anni ’40 che ospita concerti, musical e manifestazioni varie.
A inizio anno ho ricevuto l’invito, cui ho dovuto rispondere entro fine aprile, semplicemente compilandolo e rispedendolo indietro, confermando quante persone sarebbero venute con me.
Una cosa che adoro della Svezia è quante cose si fanno per posta senza bisogno di mandare raccomandate: il più delle volte, dagli enti burocratici, ti arriva una lettera/busta pre affrancata che devi solo rispedire indietro. A memoria, non mi risulta nulla che sia andato perso.
Con questa cartolina postale ho accettato l’invito
La mattina del nationaldag non abbiamo potuto vedere nulla, avendo una neonata di cui prendersi cura, ma alle 2 del pomeriggio ci siamo presentati puntuali ad un’Opera allestita a festa, con tanto di Guardia del Castello di Malmö in costume tradizionale ad accoglierci all’ingresso.
All’ingressoCon Will Ferrell
La cerimonia è stata piuttosto semplice: un troubadour (fra le altre cose ha intonato Du Gamla Du Fria), un discorso di benvenuto del sindaco, qualche verso recitato e dei deliziosi sandwich al salmone.
In regalo ho ottenuto un diploma e diversi biglietti per eventi e manifestazioni.
A differenza che in passato, non sono stati presenti membri della famiglia reale, tutti nella capitale in vista del battesimo della figlia di Madeleine.
Finita la cerimonia, siamo andati a Stortorget dove, in una delle poche giornate non belle di questo periodo, ci siamo goduti un po’ infreddoliti il resto delle celebrazioni.
Chiunque sia mai stato in Svezia in questo periodo dell’anno è sicuramente rimasto affascinato, prima o poi, dalla presenza di quei folletti vestiti da Babbo Natale che affollano i negozi di souvenir ma che appaiono anche nelle vetrine dei negozi “normali”. Ma chi sono esattamente questi folletti? Sono effettivamente delle versioni particolari di Babbo Natale? Ne sono lontani parenti? C’è anche solo una qualche relazione fra le due figure? La risposta si trova indagando fra miti e leggende europee, passando per la terra della Coca Cola e di Walt Disney…
C’era una volta in Europa…
Babbo Natale, almeno come lo conosciamo noi, è una creazione americana del diciannovesimo secolo. La figura di Santa Claus, vecchio pacioccone fatato vestito di rosso e portatore di doni pesca però a piene mani da diverse tradizioni europee, e due in particolare la fanno da padrone.
Sinterklaas (in alto, foto di Gaby Kooiman da Wikipedia) e Father Christmas (in basso)
Il Sinterklaas olandese è una figura popolare basata su quella di San Nicola, con l’aggiunta di elementi precristiani legati soprattutto ad Odino. Sinterklaas ha una lunga barba bianca, veste da vescovo (e quindi di rosso) e porta doni (cavalcando sui tetti) nella notte fra il 5 e il 6 dicembre. Non si tratta quindi, almeno originariamente, di un mito strettamente natalizio.
Il Father Christmas britannico è invece una figura di origine prettamente pagana. Da principio noto come Vecchio Inverno (Old Man Winter), era la personificazione della stagione e veniva generalmente identificato con Woden, l’Odino britannico. Con l’arrivo della cristianità i vecchi miti pagani furono assorbiti: la Festa del solstizio d’Inverno divenne il Natale e il Vecchio Inverno sopravvisse popolarmente come Father Christmas, riemergendo, in particolare, nel quindicesimo secolo. Un vecchio giovale ma smilzo, originariamente vestito di verde, talvolta a cavallo di una capra, Father Christmas divenne quindi la personificazione del Natale: il suo mito si diffuse in Europa per via della traduzione di alcuni racconti, ed è per questo motivo che, in Italia, si utilizza il termine Babbo (o Papà) Natale, invece di San Nicola o Santa Claus.
Il Santa Claus di Nast
Santa Claus negli Stati Uniti I miti popolari europei si incontrarono negli Stati Uniti, mescolandosi fra loro e creandone di nuovi. La nascita del moderno Santa Claus viene ricondotta al poema del 1823 The Visit Of Saint Nicholas, oggi noto soprattutto come The Night Before Christmas e attribuito a Clement Clark Moore. In questo racconto vengono stabiliti in maniera definitiva molti degli elementi canonici del personaggio: San Nicola si lega ora con il Natale, perde l’abito da vescovo (sostituito da pellicce), è una figura fatata che porta doni ai bambini buoni attraverso i camini e vola nel cielo su una slitta trainata da renne. Per un passo importante nella definizione moderna di Santa Claus, bisognerà attendere un’illustrazione del 1863 di Thomas Nast, che illustrò un vecchietto rubicondo, allegro e decisamente sovrappeso. Fu in uno dei libri illustrati di Nast che venne definito un altro elemento importante: è da allora che sappiamo che Babbo Natale vive al polo Nord.
Il Santa Claus definitivo arriva però nel 1931 grazie alla Coca Cola e, in particolare, all’illustratore Haddon Sundblom: scritturato per una campagna promozionale, Sundblom ci disegna il Babbo Natale che tutti conosciamo. Un vecchietto di grande stazza, gioviale e che irradia calore e umanità. Se fino a quel momento esisteva ancora un dubbio sul colore dell’abito di Santa (con il verde come alternativa principale), è con questa versione che diventerà per sempre rosso e bianco. Guarda caso proprio i colori simbolo di una certa bevanda…
Il Santa Claus “made in Coca Cola” divenne immediatamente popolarissimo, al punto che, già per il Natale successivo, Walt Disney decise di produrne una propria versione animata: Santa’s Workshop (in Italiano Papà Natale) è tuttora un classicissimo dell’animazione del periodo e fa parte, quarda caso, di quel Kalle Anka och hans vänner önskar God Jul che è parte fondamentale della celebrazione del Natale per gli Svedesi.
Grazie alla Coca Cola, alla Disney e alla Seconda Guerra Mondiale, Santa Claus “ritornò” un po’ alla volta in Europa, dove reincontrò, per lo più soppiantandole, le sue versioni primigenie. Nelle Isole Britanniche, ad esempio, i termini Santa Claus e Father Christmas sono ormai sinonimi, e solo in alcune parti più tradizionaliste viene celebrato il vecchio personaggio.
Cosa c’entra, quindi, la Svezia con tutto questo, e qual è la relazione fra la terra di Pippi Calzelunghe e Babbo Natale?
Nel frattempo, in Svezia…
In Svezia, ci sono due miti folcloristici storici da prendere in considerazione prima di arrivare al moderno Jultomten.
Julbocken ai piedi dell’albero
Il primo è la Julbock, ovvero la Capra di Yule. Probabilmente di origine pagana, e legata al dio Thor, la Capra ha rappresentato a lungo lo Spirito che controllava che il Natale fosse celebrato a regola d’arte. Ad un certo punto, nel corso del diciannovesimo secolo, la Capra cominciò ad assumere il ruolo di portatrice di doni per i bambini. Era solitamente il padre o un anziano di famiglia a travestirsi da Capra e bussare alla porta di casa nel pomeriggio della vigilia. Come vedremo, la Julbock perse relativamente in fretta questo ruolo, ma è rimasta comunque uno dei simboli del Natale svedese.
Le caprette di paglia sono ancora oggi una decorazione tipica delle case della nazione, e, nella città di Gävle, viene regolarmente costruita una gigantesca Capra, destinata ad essere incendiata allo scoccare dell’anno nuovo.
Gävlebocken: foto di Tony Nordin
La seconda figura folcloristica importante è il Tomte. Originariamente un folletto benigno, capriccioso e fortissimo che si occupava di proteggere la casa, la fattoria e il bestiame durante le ore notturne (ma anche di causare danni a chi non si comportava correttamente o gli mancava di rispetto), la credenza del Tomte venne a lungo demonizzata e ripudiata con l’arrivo della cristianità. Inutile dire che il mito sopravvisse comunque, finendo con l’assumere poi un ruolo sempre più legato al Natale. In particolare,
lo scrittore Viktor Rydberg introdusse per la prima volta lo Jultomten nella novella Lille Viggs äventyr på julafton (L’avventura del Piccolo Wiggs durante la Vigilia di Natale, 1871) e poi nella poesia Tomten (1881). In quest’ultima, il Tomten era un folletto natalizio che girava per la casa la notte del sostizio d’inverno ponderando sulla situazione.
Fu l’illustratrice Jenny Nyström a rappresentare graficamente lo Jultomten di Rydberg, al punto che la disegnatrice viene ricordata in Svezia come “la mamma di Babbo Natale”. Un’altra rappresentazione grafica amatissima (ma decisamente successiva) del folletto è quella di Harald Wiberg.
Jultomten ereditò in fretta dalla Julbocken il ruolo di portatore di doni: questo processo avvenne per induzione dalla Danimarca, dove lo julenisse aveva una funzione simile, e dalla Germania, paesi in cui si stava espandendo l’influenza di Sinterklaas e dei suoi “parenti”.
Quando dagli USA cominciò ad arrivare la figura del Santa Claus moderno, in particolare con gli anni ´30 del XX secolo, in Svezia esisteva già una radicata tradizione relativa agli jultomtar. Mentre il Santa Claus americano era uno solo, era un uomo di grossa stazza, viveva al Polo Nord e si calava dai camini la notte della vigilia, il Tomten era una figura legata alla famiglia o alla comunità, viveva nel boschetto vicino a casa e bussava alla porta di casa nel pomeriggio della vigilia. Le due figure si ritrovarono in qualche modo a convergere e il nome Jultomten passò ad identificare tanto il piccolo folletto svedese quanto il rubicondo vecchietto sovrappeso. Al giorno d’oggi, i bimbi svedesi, quando parlano di Tomten (senza specificare altro), fanno riferimento senza dubbio a Santa Claus, ma il piccolo folletto continua comunque ad esistere con lo stesso nome nell’immaginario, nella riprosizione degli scritti di Rydberg (sempre popolari), nel folklore… e nei negozi di souvenir di tutta la Svezia!
Peraltro, il Babbo Natale svedese conserva caratteristiche uniche derivate dal piccolo folletto: non si cala dai camini, ma, ereditando il ruolo che fu della Capra, continua a bussare alla porta di casa nel pomeriggio della vigilia (subito dopo la visione del già citato Kalle Anka och hans vänner önskar God Jul) e non vive al Polo ma in qualche bosco nelle vicinanze. Perché globalizzati sì, ma sempre con un minimo di orgoglio Nazionale! 😀
Infine, una raccomandazione in conclusione: se passate dalle parti di Stoccolma in questo periodo, evitate di comprare i tomtar prodotti in serie e venduti nelle trappole per turisti, ma fate piuttosto un salto al meraviglioso Tomtar & Troll nella città vecchia. È un negozio artigianale, dove troverete i tomtar (e i troll) più belli di Svezia, creati a mano dalle signore proprietarie. Ne vale la pena!
Un fantastico cortometraggio del 1926 basato su Tomten con sottotitoli (purtroppo approssimativi) in Inglese