Venti di guerra

L’altro ieri, il comandante in capo delle Forze Armate svedesi, il Generale Micael Bydén, ha introdotto il suo discorso alla conferenza nazionale Folk och Försvars (Popolazione e Difesa) mostrando immagini dell’Ucraina bombardata.

Ha poi invitato in toni piuttosto drammatici (“È l’ora di svegliarsi!”) la popolazione a prepararsi per la guerra, chiedendo a tutti di essere pronti a resistere per diversi giorni da soli (quindi assicurandosi di avere scorte a sufficienza) e di aiutare a garantire la continuità dei servizi essenziali.

Bydén al Dagens Nyheter: “Se non ci si è già organizzati per cavarsela senza elettricità e acqua per diversi giorni, è l’ora di farlo adesso”.

Alla domanda esplicita se la guerra possa arrivare in Svezia, ha risposto che, sì, c’è un rischio tangibile, indipendentemente dal fatto che la Svezia entri nella NATO o meno.

A molti queste parole non sono piaciute, e c’è chi, come lo scrittore Göran Greider, dice che Bydén è il classico generale che “non vede l’ora di andare alla guerra”, probabilmente anche in cerca di maggiori fondi (già raddoppiati dal 2020 ad oggi).

Il governo, in compenso, è allineato alle parole del generale: ieri il primo ministro, il moderato Ulf Kristersson, ha ribadito che è compito della popolazione contribuire alla difesa totale (totalförsvaret) della nazione. Ha poi attaccato quegli immigrati che prendono la cittadinanza svedese pensando di non avere alcun dovere nella difesa del paese. “La cittadinanza è per la difesa della Svezia, i nostri valori e il nostro stile di vita – con le armi in mano e la nostra vita in prima linea. La cittadinanza non è un passaporto per viaggiare”.

Le parole del primo ministro sono state criticate come divisive e basate su pregiudizi infondati sia dalla leader dell’opposizione, la socialdemocratica Magdalena Andersson, che da diversi opinionisti. La Andersson ha anche aggiunto che “anche se la situazione è seria, non abbiamo la guerra alla porta di casa“, condannando la retorica del primo ministro.

Costruire una difesa è costoso – puntare il dito contro certi cittadini è gratis per Kristersson“, scrive il caporedattore del DN.

Dall’altra parte, anche il ministro della difesa, il moderato Carl-Oskar Bohlin, ha detto chiaramente che la guerra può arrivare, e che bisogna essere pronti a tutti i livelli, incluso il rischio di attacco nucleare. Tutti i cittadini vengono invitati a partecipare alla difesa civile della nazione, e le autorità, i comuni e le regioni devono lavorare per mettere in piedi organizzazioni e piani per la guerra.

Nel frattempo, dopo l’ampliamento della leva militare (tornata in vigore qualche anno fa), è prevista la reintroduzione della leva civile, mentre diverse famiglie che sono proprietarie di minibus, furgoni, fuoristrada o altri veicoli strategici, hanno ricevuto un avviso che dice che i loro mezzi sono ora nella lista di quelli che sono “a disposizione dello stato”, e che possono essere confiscati a fini di guerra in qualunque momento senza ulteriore preavviso.

Sul fronte dell’ingresso nella NATO, avviato due anni fa, la Svezia continua ad aspettare l’approvazione della Turchia, ogni volta spostata in avanti. Ora si parla ancora una volta della “settimana prossima“, ma non è certo la prima volta che Ankara trova motivi vari per rimandare la decisione. Nel frattempo, però, è già stato trovato un accordo per dare agli USA accesso alle basi militari svedesi, e il governo afferma già che la Svezia sarà protetta dal sistema di difesa missilistico dell’Alleanza.

Ma perché, si chiederà qualcuno, la guerra dovrebbe arrivare proprio in Svezia? A parte una “banale” estensione su scala globale del conflitto Ucraino, c’è un motivo ricorrente: Kaliningrad. I Russi, ancora di più con i blocchi attuali, non tollerano il fatto che per loro sia impossibile muoversi liberamente fra l’exclave e il territorio principale del paese. Da tempo, i falchi di Mosca propongono quindi di riaprire, con le buone o le cattive, il corridoio di terra fra l’antica Conisberga e l’amica Bielorussia, annettendoselo militarmente. Questo corridoio passa fra Polonia e Lituania: se il Cremlino ne prendesse il controllo, le integrità territoriali sia dell’Unione Europea che, soprattutto, della NATO ne verrebbero intaccate. Per difendere l’azione militare, Mosca avrebbe bisogno di mettere in piedi anche un “corridoio di mare” basato sull’isola svedese di Gotland: occupandola, la Russia sarebbe in grado di avere basi navali ed aeree da cui tenere sotto scacco i paesi baltici e difendere militarmente la propria posizione.

da Apple Maps. Io, al momento, abito presso il pallino blu.

Insomma, viviamo in tempi sempre più interessanti…

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