Gay pride ecclesiastico e gay pride xenofobo

Non discriminareIn questi giorni siamo in piene celebrazioni Pride da parte della Chiesa. Già, avete capito bene: la Chiesa è, ovviamente, quella svedese, di stampo protestante-luterano.
La cosa non è certo una novità: la Svenska Kyrkan è da tempo aperta non solo alle donne, ma anche a tutti i rappresentanti LGBT. Stoccolma ha per vescovo una signora gay già dal 2009 e, in generale, non è impossibile di ritrovarsi a che fare con un prete trans o apertamente omosessuale.

Il motto del pride di questi giorni, basato sulla Lettera di Giacomo, capitolo 2 verso 1, è “Non discriminare le persone, e la Chiesa ha allestito un sito web speciale dedicato all’evento.

Se il nodo centrale è Stoccolma, anche le altre parrocchie nazionali non si sono astenute: ad esempio, la Chiesa di San Pietro a Malmö sta organizzando una serie di “eventi arcobaleno”, illustrati sul proprio profilo Facebook, mentre un tappeto multicolore ha adornato, in questi giorni, la chiesa di San Nicola ad Örebro 

Un Pride decisamente più controverso, almeno qui in Svezia, è quello organizzato dal partito xenofobo Sverigedemokraterna. Solitamente contrario ad ogni riconoscimento dei diritti LGBT, e comunque non benvenuto alle celebrazioni Pride ufficiali, il partito ha organizzato delle proprie celebrazioni gay in un paio di förort, le cittadine di periferia (o, se vogliamo, le cosiddette città ghetto) abitate per lo più da musulmani: l’intento è ovviamente di provocare, dal momento che le comunità islamiche sono fra le più chiuse e contrarie ai diritti dei gay. L’obiettivo è di dimostrare che gli immigrati sono fra coloro che più si oppongono fra i valori di tolleranza svedesi. Le manifestazioni non hanno avuto successo in termini di partecipazione (come prevedibile: le associazioni LGBT non vedono di buon occhio SD), ma sicuramente hanno ottenuto un grande eco mediatico: si tratterà di una sincera apertura da parte del più conservatore dei partiti, o semplicemente una mossa di puro opportunismo? La seconda è decisamente l’opzione più probabile. 

Il reato di acquisto sesso

Dato che mi è stato chiesto qualcosa al riguardo nei commenti, chiariamo come funziona la prostituzione in Svezia: ecco… la prostituzione in Svezia non funziona! Con una legge del 1999, infatti, all’epoca unica al mondo, si decise che l’acquisto di prestazioni sessuali sarebbe stato un reato. Notate bene, l’acquisto, non la vendita.
I motivi che hanno portato a questa decisione sono sostanzialmente due. Il primo è che si è stabilito che fosse questo l’unico modo efficace di diminuire la riduzione in schiavitù di essere umani nel paese: riducendo la domanda, si sarebbe inevitabilmente ridotta l’offerta. In fase di discussione si valutò l’opportunità di discernere la prostituzione volontaria da quella involontaria, ma la cosa sarebbe stata oltremodo complicata e avrebbe offerto troppe scappatoie.
A tagliare la testa al toro, arrivò il secondo punto: l’argomentazione (sicuramente discutibile, ma efficace) per cui la prostituzione, essendo figlia di un’idea patriarcale della società è, di per sé, un retaggio contrario all’eguaglianza sociale. A questo si aggiunge il fatto che, in termini prettamente numerici, la prostituzione volontaria (quando poi lo sia effettivamente) ha un ruolo assolutamente irrilevante rispetto a quella da costrizione: visto che, in ogni caso, non ci sarebbe stata la criminalizzazione di chi si prostituisce, nessun diritto sarebbe stato, in tal senso, negato.

Su queste basi, e pur in mezzo a una miriade di discussioni e contrasti interni, le forze di centrosinistra, allora al governo, proposero la Kvinnofrid/Sexköpslagen, legge che non sarebbe mai passata se non ci fosse stato l’appoggio trasversale delle donne di centrodestra, che votarono contro le indicazioni del proprio partito.
La legge, pur avendo l’intenzione di proteggere le donne, è completamente asessuata, e riguarda quindi anche la prostituzione maschile: la decisione di criminalizzare l’acquirente si basa, oltre che su un sistema dissuasore che porti alla diminuzione della domanda, sul principio che, in presenza di un reato di questo tipo, chi vende sia di per sé in condizione di svantaggio, e non debba, per questo, essere punito ulteriormente.
Gli oppositori della legge, sostenitori di modelli simili a quelli di Danimarca, Germania e Paesi Bassi, sostennero all’epoca che, con la sua adozione, la legge avrebbe solo spinto la prostituzione in clandestinità, mettendo quindi le donne in una condizione di maggiore svantaggio, oltre al fatto di considerare ingiusto uno stato che giudichi su basi morali.

Nei fatti, però, la legge ha funzionato: i governi svedesi considerano la politica sulla prostituzione un grande successo e, anche quando c’è stato il cambio della guardia fra sinistra e destra (originariamente contraria), la legge non è stata messa in discussione. Oggi, solo una piccola minoranza di uomini e una percentuale minimale di donne è favorevole ad una sua revisione. Le voci critiche, che mettono in discussione le cifre o le metodologie alla base di esse, sono sempre più isolate, anche se c’è chi afferma che, se in pochi parlano, è solo perché il proporre modifiche è ormai diventato un tabù sociale.

Pur nella difficoltà di fare tutti i controlli del caso, chi viene beccato a comprare sesso rischia guai seri: innanzitutto la sua famiglia viene informata della cosa, e ci sono poi le conseguenze penali del caso dietro l’angolo. Non so se la cosa sia cambiata di recente ma, ancora qualche anno fa, nessuno si era fatto periodi di galera, sostituiti da pene alternative. C’è sempre, in ogni caso, chi preme per un inasprimento delle punizioni.
Dal punto di vista sociale, all’italiano che venisse in Svezia, sconsiglierei seriamente di fare battute come quelle che si sentono regolarmente fra maschi (e, talvolta, anche donne) italiani: il rischio è, infatti, quello della riprovazione e dell’esclusione!

Il sistema svedese ha iniziato, col tempo, a prendere piede anche all’estero: se la libertina Danimarca continua a non volerne sapere, Norvegia e Islanda hanno seguito la strada del regno gialloblu, e una legge simile è in discussione anche nel Parlamento francese.
In Italia, qualche anno fa, il governo di centrodestra stava varando un disegno di legge che prevedeva la criminalizzazione del cliente, subito prima che si scoprisse che il Presidente del Consiglio…

L’arrivo di Lucia

Se Första Advent (la prima domenica dell’Avvento) inaugura ufficialmente la stagione natalizia, è con Lucia che si entra veramente nel pieno dei festeggiamenti.
Il riferimento è, ovviamente, alla Santa siciliana, ma la celebrazione svedese assume connotazioni particolari, figlie in parte della tradizione germanica: Lucia è soprattutto la festa della luce, in quello che è il periodo più buio dell’anno.
La notte di Santa Lucia, mentre si festeggia con glögg e i giovani sono fuori a bere e divertirsi, la bionda Lucia (solitamente la bimba di famiglia) arriva in processione vestita da angioletto illuminato e cantando le tipiche canzoni della festa (su tutte, la versione svedese del celebre brano napoletano).
Al di là della famiglia, Lucia e il suo seguito fanno la loro regolare venuta, il 13 dicembre, nelle scuole, nei luoghi di incontro e persino nelle aziende: in questi casi, a comporre il gruppo di Lucia possono essere bambine come giovani adulte, membri di cori professionali come dilettanti del cantato.
Negli ultimi anni sono scoppiate piccole polemiche qua e là perché qualche scuola, nel nome dell’uguaglianza, ha cercato di proporre dei Lucia-maschietti. Per certe cose, gli Svedesi non si smentiscono mai… 🙂

Lucia in sala mensa

Proprio oggi, comunque, Lucia è venuta a trovarci nella nostra mensa, accompagnata dagli immancabili dolci di zafferano lussekatt, noti anche come Lucia-bullar, e dosi abbondanti di buon caffè svedese. Decisamente un modo suggestivo di iniziare la giornata!