Julkalender

Una delle grandi tradizioni natalizie svedesi è lo Julkalender televisivo: una consuetudine iniziata nel 1957 con il programma radiofonico Adventkalendar (“Calendario dell’avvento”) e portata poi in televisione nel 1960. Nel 1971, il nome è diventato quello attuale (“Calendario di Natale”), e il primo episodio è stato spostato dalla prima domenica dell’Avvento (data variabile) al primo dicembre (data fissa).


Di cosa si tratta esattamente? Di una serie televisiva, nuova ogni anno, di 24 episodi, trasmessi sulla televisione di Stato (ma continua anche ad esistere uno julkalender radiofonico) dal primo dicembre fino alla vigilia. Il tema è fiabesco, e ovviamente il pubblico di riferimento è quello dei bambini, ma le storie sono generalmente avvincenti anche per gli adulti, con continui cliffhanger che ti lasciano con il fiato sospeso fino all’episodio del giorno dopo.

In generale, si trova di un’ottima forma di narrativa televisiva seriale: negli ultimi anni, poi, la maggiore qualità degli effetti speciali e la crescita del livello medio di recitazione, hanno contribuito a rendere ancora più spettacolari le varie serie. Il serial dell’anno può essere basato su lavori di narrativa preesistenti, ma il più delle volte è un’opera totalmente originale. Poi, sia chiaro, ci possono essere julkalender più e meno riusciti, ma quando sono fatti bene sono davvero coinvolgenti.


Agli julkalender radiofonici vengono abbinati due calendari cartacei, disegnati ogni anno da artisti diversi e venduti nelle librerie del paese: dopo ogni episodio del serial si può assistere ad un’appendice (intitolata “Lucköppning”) in cui il presentatore o la presentatrice dell’anno aprono la finestrella giornaliera, ponendo l’enfasi su qualche elemento della trama.

Il serial di quest’anno si intitola Snödrömmar (“Sogni di neve”), e racconta di una famiglia sami messa in difficoltà dalla mancanza di neve sui terreni che appartengono loro da generazioni: toccherà alle due bambine risolvere il magico mistero alla base del problema.
L’enfasi sui sami quest’anno è particolare, e il serial viene anche trasmesso nella relativa lingua. Anche il Lucköppning è nelle due versioni, con presentatrici diverse.



Ovviamente è troppo presto per esprimere un giudizio, ma questi primi episodi non ci hanno particolarmente impressionato. Poco male, perché nel peggiore dei casi ci possiamo consolare con la replica del julekalender norvegese del 2020, Stjernestøv (“Polvere di stelle”)!

Sì, perché la tradizione nata in Svezia è stata poi ripresa anche negli altri paesi nordici, e la Norvegia ha trasmesso il suo primo julekalender nel 1970. A differenza che da noi, però, la televisione di stato norvegese (NRK) non crea necessariamente un proprio serial ogni anno, ma a volte si limita a ripresentarne di già trasmessi, mentre reti concorrenti ne trasmettono di propri (non necessariamente di fiction).

Quest’anno NRK ha deciso di ripresentare quello Stjernestøv già trasmesso nel 2020, e accolto con molti elogi. Poco male per noi, perché all’epoca ce l’eravamo perso!

Per quello che abbiamo notato, la qualità dei serial norvegesi non ha nulla da invidiare a quelli svedesi, anzi. Il budget è probabilmente anche superiore. Fra l’altro, c’è una particolare atenzione alle colonne sonore, con canzoni folk che hanno spesso un grande successo. Questa che sentite qui sopra, è della cantante Aurora (bellissimo nome!), ed è tratta proprio dal serial in oggetto.

Fino a questo momento, Stjernestøv ci sta piacendo decisamente più di Snödrömmar, vedremo con il prosieguo! Non è comunque la prima volta che preferiamo un serial norvegese: uno dei nostri preferiti è infatti, Snøfall, uscito nel 2015 e considerato in Norvegia uno dei migliori in assoluto. Anche di questo vi faccio sentire la canzone portante, Selmas sang (“la Canzone di Selma”), un brano che riesce a scuotere il cuore anche di un hardrockettaro impenitente come il sottoscritto!

E il Norvegese? Beh, lo capiamo. Magari con l’aiuto di sottotitoli (sempre in norvegese) per cogliere quelle parole pronunciate in maniera un po’ troppo differente, ma alla fine si tratta di una variante della stessa lingua: alcune parole ci sembrano un po’ buffe, e la pronuncia sempre euforica… ma siamo tranquillamente in grado di seguire tutti i concetti. Perché non è mica danese!

Hej då, Skåne! (ritorno a Stoccolma)

Sono passati oltre 13 anni da quando questioni di lavoro mie ci portarono al trasferimento in Skåne. Sono stati tredici anni intensi, non privi di difficoltà, ma che ci hanno regalato la nascita della nostra splendida Aurora, grandi emozioni e anche una crescita professionale importante in questo paese.

Ora, invece, situazioni familiari ci “costringono” a fare un passo indietro e tornare alle origini (le mie di Italiano in Svezia e quelle di Helena come svedese purosangue): abbiamo mollato quell’Österlen in cui vivevamo da oltre tre anni, e siamo tornati nei dintorni di Stoccolma. Era una decisione che avevamo preso oltre un anno fa, ma che purtroppo è stata rimandata per una grande causa di forza maggiore: l’impossibilità di vendere la nostra casa a Smedstorp. Da qualche tempo a questa parte, infatti, il mercato immobiliare è completamente fermo, danneggiato dall’inflazione che ha colpito il paese (complicata dalla svalutazione della corona) e dalla crescita dei tassi d’interesse.
Mentre un tempo vendere casa era un’operazione quasi indolore, con aste al rialzo, e tempi velocissimi, oggi i tempi sono lunghissimi, con abitazioni che restano sul mercato anche per un paio d’anni, e prezzi decisamente sotto le aspettative che in genere si risolvono con offerte al ribasso: è un ottimo mercato per chi compra, ma chi vende resta spesso bloccato. Che è esattamente quello che è successo a noi.

Dopo averci provato a lungo, ed essendo diventata la situazione non più rimandabile, abbiamo dovuto optare per una soluzione di ripiego: abbiamo affittato un appartamento a Vaxholm, una cittadina dell’area della Grande Stoccolma a circa 40 minuti di macchina dalla capitale (un’ora con i mezzi, che possono essere l’autobus o il battello). È un affitto di seconda mano, per ora senza una data di termine, ma per forza di cose non potrà essere a lungo termine.
Vaxholm è una suggestiva meta turistica, ma è anche una città viva tutto l’anno, con negozi, supermercati, scuole e persino un piccolo cinema sotto casa… una bella differenza rispetto a ciò cui ci eravamo abituati negli ultimi anni.
Aurora inizierà la scuola qui lunedì, mentre Qlik (grazie!) mi ha permesso di lavorare in una situazione ibrida andando a volte nell’ufficio di Stoccolma (nonostante non ci sia nessuno del mio dipartimento) e occasionalmente in quello di Lund. Helena, invece, proverà a trovare un lavoro da queste parti, a Vaxholm stessa o nella capitale.

Uno scorcio di Vaxholm
Il cinema sotto casa

Nel frattempo stiamo cercando di affittare a qualcuno la casa di Smedstorp, cosa non facile contando che non siamo lì a poterla mostrare: inoltre, a differenza che per gli appartamenti, non è facilissimo dare in affitto una villa per un periodo di tempo limitato (il piano, per ora, è sempre di vendere una volta che il mercato si sarà ripreso). Quindi, ora siamo nella non troppo piacevole situazione di dovere pagare mutuo e affitto, cosa che ovviamente non è esattamente sostenibile sul lungo termine. In qualche modo, ce la faremo…

Interessa?

La vita in Österlen
Ma come è stata, quindi, la vita a Smedstorp? Sicuramente diversa da come ce la saremmo aspettata quando ci siamo trasferiti nel 2021. Allora, in piena pandemia, ci era sembrata un’ottima idea andare a stare in una villa in campagna, con le mucche, i cavalli e la natura letteralmente a due passi, pur restando comunque in un villaggio servito dal treno e con la scuola a poche centinaia di metri. Col senno di poi, avremmo fatto un’altra scelta. Innanzitutto, ci siamo resi conto in fretta che in Österlen mancano molte delle comodità a cui eravamo abituati, a partire dal fatto che era necessario prendere la macchina molto più spesso del previsto, spesso per dovere andare a Malmö o Kristianstad, entrambe ad un’ora di distanza. E vi posso assicurare che fra l’essere ad un’ora da Malmö ed essere ad un’ora da Stoccolma c’è una differenza enorme. Il trasferimento, inoltre, ci aveva allontanato definitivamente da Copenaghen, che prima della pandemia era il nostro punto di riferimento in termini di “vera grande città”. Sia chiaro: negli ultimi anni non avremmo comunque potuto andare nella capitale danese troppo spesso in ogni caso anche se fossimo rimasti a Malmö, viste l’inflazione e la svalutazione della corona svedese rispetto a quella danese (quest’ultima, un “euro in incognito”) nel post-pandemia. Però era comunque una possibilità.


Nelle campagne dell’Österlen, inoltre, si è amplificata all’ennesima potenza una delle caratteristiche negative della società svedese: l’impossibilità quasi totale di fare nuovi amici. Se già è complicato nelle città, dove comunque hai la possibilità di incontrare quotidianamente gente… potete immaginare in un paesino senza centri di aggregazione (no, non c’è neppure il bar dei paesini italiani) e senza situazioni sociali importanti.
Ma il vero motivo che ci ha impedito di goderci la vita in un posto che comunque aveva tanto di idilliaco, e sicuramente tanti aspetti positivi, è stata una questione familiare: la lunga malattia dell’unica persona a noi veramente cara, appena al di fuori del nostro nucleo familiare più stretto. È stata una cupa nube sulla nostra esperienza a Smedstorp, e una volta rimasti completamente soli ci è stato chiaro che non potevamo più stare lì, considerando anche che al tempo stesso è emersa un’altra situazione familiare seria a Stoccolma che rendeva necessaria la nostra presenza frequente qui.
L’Österlen è un posto davvero meraviglioso, con cittadine e borghi splendidi. Però ci siamo resi conto che non fa per noi.

Ora il nostro futuro è nei dintorni di Stoccolma: dove abiteremo esattamente fra un paio d’anni è difficile da dire, ma è altrettanto difficile pensare che non sarà da queste parti, dove Helena ha vecchi amici e familiari, e dove ci sentiamo di appartenere..
E lasciatemelo dire: mi sono trasferito in Svezia per amore di Stoccolma, prima ancora di incontrare mia moglie, e, per me, tornare qui è anche una questione di cuore.

Stockholm i mitt hjärta!

Scania, fra Svezia e Danimarca

In questo periodo è in corso una crisi diplomatica fra Svezia e Danimarca al riguardo del buon vecchio Skåne, crisi che non ci riporta certamente ai tempi delle guerre ma che sicuramente ha innalzato la tensione fra i due paesi.

Da qualche tempo, infatti, la Danimarca sta cercando di rivendere all’estero la Regione dell’Öresund sotto l’ombrello del nome “Grande Copenaghen”, per questioni di marketing commerciale e per invogliare le aziende ad investire nella regione.
Ed è inutile dire che, da parte svedese, ci sono molte resistenze.

Regione di Öresund.  Immagine tratta da Wikimedia, opera dell'utente Entbert su licenza Creative Common
Regione di Öresund.
Immagine tratta da Wikimedia,
opera dell’utente Entbert
su licenza Creative Common
Un primo passo è stato comunque fatto prima dell’estate: il Comitato dell’Öresund, l’ente politico che si occupa di coordinare i due paesi nell’area, si evolverà nel “Comitato della Grande Copenhagen e dello Skåne” (The Greater Copenhagen & Skåne Committee: notare come il nome sia in inglese, ma per Skåne si sia mantenuta la forma svedese).
Quello su cui i due paesi non sono d’accordo, però, è come questo nuovo comitato sarà organizzato. Secondo i danesi, infatti, la regione è composta da tre aree: la Capitale, la Zelanda (il resto dell’isola che porta lo stesso nome) e, appunto, la Scania. Per questo motivo, vorrebbero che agli svedesi spettasse solo un terzo del potere decisionale. Gli svedesi, ovviamente, non accettano questa versione dei fatti, e vogliono contare per metà.

Il dibattito è acceso, quantomeno qui al sud: mentre la stampa nazionale non dà molto spazio alla notizia (ma a Stoccolma gliene fregherà davvero qualcosa dello Skåne, se non per una questione di prestigio?), il quotidiano locale Sydsvenskan riporta i pareri preoccupati dei politici locali (alcuni dei quali parte del vecchio comitato) contro l’invadenza danese. Alcuni, addirittura, propongono di abbandonare la collaborazione con la Danimarca, per instaurarne una nuova con Gotemburgo, sotto il nome “Southern Sweden“. La cosa, ovviamente, sarebbe una stupidata abissale, che metterebbe in difficoltà i molti frontalieri fra le due regioni – frontalieri per lo più svedesi – che contano sul lavoro del Comitato per risolvere i molti problemi burocratici (in termini di pensioni, sanità, indennità di disoccupazione, asili e cura dei bambini) che ancora affliggono chi vive in un paese e lavora nell’altro.

Ma chi ha ragione? Da un lato l’orgoglio svedese sembra, a tratti, un po’ estremo dato che, in tutta sincerità, la rinascita economica dell’area dopo la grande crisi degli anni ’90 è dovuta anche e soprattutto all’accorciarsi delle distanze da Copenaghen conseguente alla costruzione del ponte; dall’altro i danesi dovrebbero ammettere che lo Skåne è una risorsa fondamentale: i costi più bassi sul lato svedese sono sicuramente un incentivo importante per chi deve investire (basti pensare al polo tecnologico in continua espansione a Lund), e l’area non può quindi assolutamente avere lo stesso peso della parte restante della Zelanda.

Personalmente, non ho nulla in contrario all’adozione del semplice ed efficace Greater Copenhagen, ma i danesi non possono certo aspettarsi di potere decidere da soli sul futuro della regione.

Provocazione: e se la soluzione fosse di restituire la Scania alla Danimarca? Almeno non dovremmo più andare al Systembolaget per comprare la birra!

Dragør

BiciclettaIl bello del vivere a due passi dal ponte sull’Öresund è che, quando vuoi, puoi sempre andare a visitare anche le bellezze danesi. Sabato scorso siamo andati a vedere Dragør, un antico borgo di pescatori a pochi minuti dall’aeroporto di Kastrup. La cittadina è famosa per il suo centro storico, fatto di suggestive case gialle dai tetti rossi, ma anche per il porto turistico.
Purtroppo il tempo è stato un po’ inclemente, soprattutto nel pomeriggio, e, fra pioggia e vento gelido, abbiamo dovuto anticipare il rientro senza potere passeggiare fra le barche. Siamo però davvero rimasti affascinati dalla suggestiva atmosfera del borgo, cui queste foto non rendono giustizia.
Ci torneremo presto di sicuro, sperando in una giornata migliore.
Dragør
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Definitivo sulla Scandinavia

Qualche annetto fa scrissi un articolo un po’ ironico su Scandinavi e Finlandesi. A distanza di qualche anno, mi capita ancora di leggere corbellerie come “la Danimarca non è un paese scandinavo” o “la Finlandia lo è”.

La raffigurazione classica della Scandinavia.  Questa immagine appare tipicamente nei libri scolastici scandinavi.
La raffigurazione classica della Scandinavia.
Questa immagine appare tipicamente nei libri scolastici scandinavi.

Ribadiamo quindi il concetto: la Scandinavia è quell’entità geo-social-politica transnazionale composta da Danimarca, Norvegia e Svezia. E basta. Quello che spesso genera confusione è il fatto che esiste una cosa che si chiama penisola scandinava e che è un oggetto puramente geografico. Ora, pensateci bene, non è una distinzione da poco: San Marino e la Città del Vaticano sono sulla penisola italiana ma non fanno parte dell’Italia, mentre la Sicilia e la Sardegna non sono sulla penisola ma vanno a comporre la nazione italiana.
Andiamo adesso ad approfondire il discorso su come si è arrivati alla definizione moderna di Scandinavia, e sulle distinzioni da fare.

STORIA
C’erano una volta gli scandinavi, quella popolazione germanica che abitava l’estremo nord dell’Europa conosciuta, in quella regione che oggi si chiama Scania (Skåne). Il nome Scandinavia, o la sua variante Scandia, era usato già in epoca latina, ed identificava appunto la suddetta regione (erroneamente ritenuta un isola dagli studiosi romani, come Tacito e Plinio il Vecchio). Gli scandinavi vivevano appunto nel moderno Skåne e nelle regioni limitrofe.

La diffusione dei popoli scandinavi ai tempi dell'età del bronzo nordica. Immagine di pubblico dominio tratta da Wikipedia
La diffusione dei popoli scandinavi ai tempi dell’età del bronzo nordica.
Immagine di pubblico dominio tratta da Wikipedia

Quando si iniziarono a formare gli stati moderni, lo Skåne divenne parte della Danimarca, e restò tale fino al 1658. Quelli successivi alla dissoluzione dell’Unione di Kalmar (1523) furono secoli difficili, con Svezia e Danimarca spesso in guerra reciproca e con la Norvegia territorio di conquista. La stessa acquisizione della Scania da parte della Svezia fu seguita da una profonda repressione e forzata naturalizzazione, che portò alla distruzione di gran parte del retaggio culturale danese della regione (di ciò che resta ho parlato, ad esempio, qui). Ad inizio ‘800, però, le differenze si placarono velocemente, e cominciarono a rafforzarsi i legami fra le tre nazioni, all’insegna di lingue mutualmente intelleggibili (al punto di potere quasi essere considerati dei reciproci dialetti) e decisi punti di contatto culturali e sociali. Nacque un movimento, lo Scandinavismo, che si prefiggeva di creare un’unione fra Svezia, Danimarca e Norvegia. Fra gli intellettuali più celebri che vi parteciparono quell’Hans Christian Andersen noto per la Sirenetta e per altre splendide fiabe: il suo poema “Sono uno Scandinavo” (lanciato dall’incipit “Siamo un popolo solo, ci chiamiamo scandinavi!”) diventò il manifesto del movimento. È in questo contesto che si afferma quindi la definizione moderna di Scandinavia, rappresentata appunto da Danimarca, Norvegia e Svezia… e da nessun altro. A differenza che in Germania o in Italia, il movimento scandinavista non riuscì a sfociare in un vero e proprio risorgimento: la situazione stagnò a lungo, e lo spirito transnazionale si andò affievolendo. In particolare, i Norvegesi non gradivano quell’unione di monarchie con la Svezia che, pur essendo teoricamente paritaria, rendeva in pratica la nazione sottomessa a Stoccolma: se, da un lato, i popoli continuavano a sentire un legame fra loro, la gestione politica da parte di regnanti e governi miopi portò ad un rafforzarsi dei nazionalismi. La mazzata definitiva al sogno scandinavo fu data dall’indipendenza norvegese del 1905, con la dissoluzione dell’unione monarchica e l’instaurazione di un proprio re. Da allora non si parla più di unione politica fra i tre paesi, ma i legami restano comunque molto forti e, pur con le differenze politiche, qualche sberleffo su base culturale e le rivalità sportive (ma gli scandinavi tifano comunque per una delle altre due nazioni, quando la propria viene esclusa da una competizione), i tre popoli continuano a considerarsi come popoli fratelli e parte di quella cosa così speciale che si chiama Scandinavia.
E gli altri? Come si collocano Finlandia, Islanda, Fær Øer e Groenlandia in questo contesto? La risposta è semplice: non si collocano. La Finlandia è stata a lungo parte del Regno di Svezia, occupa una piccola parte della penisola scandinava (vedi sotto) e restano sicuramente dei forti collegamenti fra le due nazioni: nella Terra dei Mille Laghi esistono aree estese in cui la lingua madre è lo svedese, e nelle Tre Corone esistono grandi comunità finlandesi, ma, a parte alcune eredità culturali retaggio del periodo storico, i legami si fermano qui. La lingua finlandese non c’entra assolutamente nulla con quelle dei paesi scandinavi (e, in Europa, ha solo collegamenti con l’estone e, in maniera molto minore, l’ungherese), la nazione ha una propria mitologia (vedi Kalevala) distante dai vari Thor e Odino e la popolazione finlandese appartiene a un pool genetico a parte (e, se proprio bisogna cercare connessioni, è più legata ai popoli slavi del nord-est che a quelli germanici). In nessun modo, quindi, la Finlandia può essere considerata parte integrante della Scandinavia. Per Islanda e Fær Øer, invece, il discorso è forse più complesso: è vero che nei due stati si parla una lingua di ceppo norreno (vedi sotto), che le popolazioni sono di discendenza normanna, e che i due paesi sono (Fær Øer) o sono stati (Islanda) parte del Regno di Danimarca, ma la loro natura insulare ha portato ad avere dei legami molto tenui con le altre nazioni di origine vichinga: storicamente Islanda e Fær Øer erano probabilmente più assimilabili a delle colonie che non a parte integrante della Danimarca e (prima ancora) della Norvegia, e il movimento scandinavista non le prendeva realmente in considerazione se non in questa funzione. Mi è anche stato detto (ma prendetela con le pinze, dato che non ho mai verificato la cosa) che i feringi sentono generalmente un affinità maggiore con gli scozzesi che non con gli scandinavi. Sulla Groenlandia, invece, c’è davvero poco da discutere: fa sì parte del Regno di Danimarca (che oggi comprende, appunto, gli stati di Danimarca, Fær Øer e Groenlandia), ma la sua popolazione è composta per il 90% da inuit (il termine che ha sostituito il semi-derogatorio “eschimese”). Tutto ciò dovrebbe aiutare a risolvere in maniera definitiva il dilemma su cosa è la Scandinavia e cosa no, anche se, ad alimentare la confusione, contribuisce probabilmente il fatto che, nel corso del ventesimo secolo, è emerso un nuovo movimento politico, quello della Cooperazione Nordica, che ha portato alla nascita di quel Consiglio Nordico che vede l’adesione di tutti i paesi sopra citati. Ma i Paesi Nordici non sono la Scandinavia.

GEOGRAFIA

La Fennoscandia, con la penisola scandinava (in rosso) messa in evidenza   rispetto al resto (in blu). Elaborazione mia di un lavoro di Fobos92. Licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License.
La Fennoscandia,
con la penisola scandinava (in rosso) messa in evidenza rispetto al resto (in blu).

Elaborazione mia di un lavoro di Fobos92.
Licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported License.

In geografia esiste una regione che si chiama penisola scandinava, regione che prende a sua volta il nome dagli antichi scandinavi. Nella penisola scandinava si trovano oggi Svezia, Norvegia, e l’area nord-occidentale della Finlandia. In passato, dal momento che la Scania era parte della Danimarca e la Finlandia era una provincia svedese, nella penisola si trovavano solo le solite Svezia, Norvegia e Danimarca. In molti paesi (ma non nei soliti tre) capita di vedere utilizzare Scandinavia in luogo di penisola scandinava: ci può stare (d’altronde capita di dire “l’Italia” per indicare la penisola), ma bisogna accettare il fatto che non è un utilizzo corretto e che gli scandinavi non accettano questa semplificazione. La regione prettamente geografica è una cosa, quella social-politica un’altra. Molti siano convinti che l’intera Finlandia e persino parte della Russia facciano parte della penisola: anche questa è una cosa non corretta, e si confonde la penisola scandinava con la più vasta regione (che la include) chiamata Fennoscandia. Solo una piccola parte della Finlandia è effettivamente nelle penisola scandinava, la Russia (con la Carelia e la penisola di Kola) non c’entra nulla.

LINGUE
“Va bene per la Finlandia, ma in Islanda si parla una lingua scandinava, no?”. La risposta è “non proprio”. È vero che in Italia (e in molte parti del mondo) si utilizza spesso “lingue scandinave”, ma, alla luce di quanto detto, sarebbe probabilmente meglio ricorrere alla forma “lingue nord-germaniche” o, se proprio si vuole tagliare corto, “lingue nordiche”. Qui nel Nord, “lingue scandinave” viene utilizzato solo ed esclusivamente per indicare svedese, danese e norvegese, le tre lingue che sono mutualmente comprensibili. Uno svedese capirà sempre senza troppi problemi (quantomeno se parliamo di lingua scritta, la pronuncia complica le cose) un danese o un norvegese, ma l’islandese e il feringio gli appariranno come lingue aliene con qualche parola nota (è capitato anche a me di recente, quando mi sono ritrovato affiancato da una compagnia di islandesi). Si parla da tempo di uniformare la lingua delle tre nazioni in una sola, ma questo progetto (pensato sulla falsariga della Nederlandse Taalunie belga-olandese) per ora ha solo generato forme abbozzate e non pienamente codificate di una lingua comune che vengono utilizzate solo in contesti limitati (guide turistiche, assistenti di volo e poco altro ancora). Islandese e feringio sono due lingue per molti versi molto antiche: l’isolamento ha sicuramente portato a mantenere una forma più vicina all’antico norreno ma, al tempo stesso, risentono pure dell’influenza del celtico, visto che le isole furono popolate anche da migranti provenienti da Scozia e Irlanda.
Il sito del Consiglio Nordico è ben specifico nel definire come lingue scandinave solo danese, norvegese e svedese (“Circa 25 milioni di persone vivono nei Paesi Nordici. Molti di noi parlano o capiscono almeno una delle lingue scandinave; danese, norvegese e svedese”). Sullo stesso sito, le tre lingue, più islandese e feringio vengono classificate come “nord-germaniche” o “nordiche”. Insomma, se lo dicono i paesi nordici stessi, che sicuramente se ne intendono delle loro cose, direi che c’è poco di cui discutere.

Concludendo, quindi, direi che non ci può essere alcuna confusione al riguardo: la Scandinavia è una cosa sola, ed è Danimarca più Norvegia più Svezia. Tutto il resto è qualcosa di diverso.
Se poi proprio non ne potete più della seriosità di questo post, i fumetti (in inglese) di Scandinavia And The World vi apriranno un mondo.

P.S.: Ci sarebbe anche da parlare dei Sami, ma ce li lasciamo per un’altra volta.

Non proprio Svezia…

… ma, se vi va di vedere una serie divertente ambientata nel profondo nord, vi consiglio assolutamente la commedia d’azione norvegese-americana Lilyhammer.

lilyhammer2

Interpretata da un eccezionale Steven Van Zandt, la serie racconta di un mafioso che entra nel programma di protezione testimoni americano, scegliendo di farsi trasferire a Lillehammer, in Norvegia.
Inutile dire che il buon Frank Tagliano, rinominato Giovanni “Johnny” Henriksen, farà di tutto per costruire il suo piccolo impero del male anche fra i monti scandinavi!

https://www.youtube.com/watch?v=bfRgVbp9gSY

Come dicevo, la serie è norvegese e non svedese, ma ci sono sicuramente abbastanza punti in contatto, fra le due nazioni, per fare pensare che molte situazioni si sarebbero potute creare identiche anche qui nelle Tre Corone. Certo, la Norvegia è più montanara e meno corretta politicamente, ma dal punto di vista sociale, burocratico, climatico e linguistico, le similitudini sono evidenti.
Il vecchio Little Steven, carismatico e perfettamente a suo agio nel ruolo di un ilare padrino, è davvero la stella dello show, ma anche i comprimari sono adattissimi alla parte. Non so se la serie (recitata per metà in inglese e metà in norvegese) sia in qualche modo disponibile in Italia, ma, se vi capita di trovarla, fateci un pensiero: noi abbiamo appena iniziato la seconda stagione e c’è la stiamo proprio godendo!

https://www.youtube.com/watch?v=uTLkI73dCIg

Una storia dal ricco Nord Europa

Troppo spesso, nell’Italia delle favolette, si legge e sente di come chi vada al Nord abbia la vita facile, di come ci si liberi di tutti i problemi per andare a vivere in una società paradisiaca.
Purtroppo, storie come quella di Mattia, troppo spesso ignorate dalla stampa delle storielle sui cervelli in fuga, sono la realtà quotidiana e il leggerle ci riporta prepotentemente con i piedi per terra.
O, meglio, riporta forse coi piedi per terra coloro che nulla sanno di cosa voglia dire veramente emigrare.
A Mattia, che è un grande, mando i più grandi auguri. So che ne uscirai!

1 anno di solitudine – Emigrare, lavorare, vivere …

Non me ne fate una colpa ma ciò’ che scrivo e racconto riguarda chi come me, non e’ nessuno, senza capitali e l’unica cosa nella valigia e’ la volontà’ di riuscirci in qualche modo e facendo qualsiasi cosa gli capiti.
Questo lo dico perché’ sebbene si legga molto di fantastico sulla Danimarca e sulle classi sociali inesistenti, devo aprire un capitolo spiegando che esistono e possono fare la differenza.
L’emigrazione dei paesi “poveri” sta aumentando sempre di più’ e i paesi “ricchi” sono sempre di meno, questo se fate un veloce calcolo implica che ci si troverà’ di fronte a una fascia di persone che stanno lottando per rimanere e non faccio differenza di nazionalità’, una volta all’estero, siamo tutti uguali, di fronte l’uno all’altro.

Leggi il resto dell’articolo qui:
Vivere in Danimarca: 1 anno di solitudine – Emigrare, lavorare, vivere ….

Giornalismo scandinavo

Due articoli (anzi, tre) mi hanno colpito parecchio in questi ultimi giorni, ad evidenziare le differenze fra il giornalismo italiano e quello di queste parti.

Ultimamente, una truffa telefonica ormai classica, quella di chi ti telefona spacciandosi per un tecnico di Microsoft, al fine di carpire informazioni personali o fare installare sul tuo PC software malevolo, ha iniziato a colpire la Danimarca con chiamate provenienti dal prefisso +39.
Ora, noi sappiamo tutti che quel prefisso rappresenta l’Italia, lo sanno probabilmente molti danesi e sicuramente tanto la polizia quanto i giornalisti che hanno scritti i pezzi… eppure, in nessuno di questi due articoli danesi, in cui la Politi invita a non fornire informazioni personali e ad ignorare le richieste di queste persone, l’Italia viene nominata neanche di striscio.

Politiet advarer borgerne mod at give personlige oplysninger til fremmede over telefonen

Politi: Tag ikke telefonen, hvis nummeret begynder med +39

Se il messaggio della Politi è sicuramente un po’ eccessivo (“vi consigliamo di non rispondere e di non richiamare se il numero inizia con +39”), e rischia di creare problemi a chi fa chiamate lecite dall’Italia, è sicuramente positivo il fatto che il nostro paese non venga mai menzionato. In fondo questa è un’organizzazione internazionale che utilizza diverse teste di ponte sparse per il mondo, e l’Italia, in sé, non c’entra nulla: inutile, quindi, seminare potenziale odio verso il paese.
La stampa italiana, sicuramente, non ricambierebbe la cortesia.

Migranti dall'Europa (C) Skånskan
Migranti dall’Europa
(C) Skånskan
E poi, questo articolo, questa volta svedese. Il titolo dice che, in vista dell’arrivo della tempesta Alexander, a Malmö il comune ha “aperto un luogo di riparo per i migranti provenienti dall’Europa”. Se il titolo può lasciare nel dubbio, aprendo l’articolo si legge chiaramente “i migranti dell’unione europea che vivono in diversi accampamenti di tende”. Ora, chi siano questi migranti è chiaro a tutti ma non viene mai nominata l’etnia delle persone. Posso immaginare che la stampa italiana, invece, sguazzerebbe nella situazione, come fa regolarmente: certi argomenti controversi vendono copie e clic. Sono piccoli accorgimenti, basta la scelta meditata di evitare termini e riferimenti che possano scatenare gli istinti più bassi delle persone peggiori, e le cose cambiano parecchio.

Peraltro, qui, il fenomeno di questi “migranti”, in questi termini, è assolutamente nuovissimo: sono arrivati nell’ultimo periodo, per lo più proprio dall’Italia (e, sicuramente, aiutati da organizzazioni criminali che li sfruttano), dove non riuscivano più a tirare avanti.
In Svezia, come in quasi tutti i paesi dell’europa occidentale, i campi nomadi lager all’italiana non esistono, e gli appartenenti alle varie etnie romaní vivono il più delle volte in normali abitazioni.
Onestamente, però, è stata un’esperienza quasi surreale l’essere approcciati più volte in italiano nell’ultimo anno, da parte di questuanti che non avevano alcun modo di conoscere la mia nazionalità d’origine.

Ma, tornando alla stampa, pur essendoci comunque delle grandi differenze fra quella svedese e quella danese, in particolare nei riferimenti alle nazionalità di chi commette i crimini, mi sembra che i giornalisti scandinavi non abbiano quella tendenza a scrivere articoli che facciano emergere fra i lettori il lato peggiore dell’umanità… una tendenza che trovo invece spesso nei loro colleghi italiani, anche quelli che esprimono posizioni progressiste.
E, sinceramente, apprezzo molto di più l’approccio nordico.

D'altronde... (da kotiomkin.it)
D’altronde…
(da kotiomkin.it)

“Natale” a Copenaghen

Sabato è stata per noi l’occasione per una delle nostre gite a Copenaghen, gite che, se non fosse per il costo del ponte e il proibitivo cambio fra corone, ci faremmo molto più spesso.
Se Malmö in questi giorni é stata soprattutto tetra e grigia, la capitale danese è invece illuminata a festa dallo spirito natalizio.
Natalizio?

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Se, generalmente, sono il primo a rimanere perplesso di fronte a un utilizzo così anticipato dei temi festivi, per una volta non mi lamento proprio: qualunque cosa dia vitalità a questo autunno deprimente è solo benvenuta, e passeggiare per l’area dello, Strøget o il mercatino allestito in Højbro Plads è stato un gran piacere.

Alla fine del pomeriggio, abbiamo colto l’occasione per cenare alla Vecchia Signora, posto che, nonostante il nome e l’atmosfera da gobbi, è sicuramente uno dei migliori ristoranti italiani in cui abbia mai mangiato all’estero. La pizza è sicuramente di altissimo livello!

In compenso, su Malmö e Lund è tornato oggi a splendere il sole. Ci eravamo quasi dimenticati di lui!

La petizione

Per noi residenti nello Skåne (ma la questione si può probabilmente allargare anche alle altre regioni del sud della Svezia) è attualmente in corso una petizione per richiedere di potere utilizzare i servizi consolari danesi.
Se vivete anche voi qui o se anche solo simpatizzate per noi, potete firmare al link qui sotto e/o condividere la petizione. Ovviamente, se a qualche altro blogger italo/svedese (e non) va di dare una mano, la cosa ci farebbe un gran piacere.

Petizione | Possibilità per gli Italiani residenti in Scania sud della Svezia di utilizzare i Servizi consolari di Copenhagen. | Change.org.

All’attenzione di:
Ambasciata Italiana di Stoccolma
Ambasciata Italiana di Copenaghen
Ministero degli Affari Esteri

In Scania, la regione meridionale della Svezia, risiedono migliaia di cittadini italiani.
Questi cittadini dipendono in tutto e per tutto dai servizi consolari di Stoccolma, città distante parecchie ore di auto o treno.

Un cittadino italiano residente a Malmö (capoluogo della Scania) che debba svolgere pratiche per cui il consolato onorario non è sufficiente è costretto a prendere giornare di ferie e sostenere costi elevati per recarsi nella capitale.

Copenaghen è a mezz’ora da Malmö, ed è quindi molto più facilmente raggiungibile, con costi contenuti.
I cittadini italiani residenti in Svezia vengono però regolarmente respinti dalla cancelleria consolare della capitale danese in quanto “non di competenza”.
Accettare quantomeno i residenti della Scania sarebbe invece doveroso. I cittadini di Regno Unito, USA, Francia, Germania – e tante altre nazioni – che risiedono nel sud della Svezia vengono regolarmente accettati dalle rispettive cancellerie consolari di Copenaghen senza dovere fare viaggi assurdi. Non si capisce perché, nel 2014, non sia possibile organizzare qualcosa di simile anche per i cittadini Italiani.

Richiediamo quindi di potere utilizzare i servizi consolari a noi più vicini, perché l’apparato statale sia al servizio del cittadino, e non viceversa.

Il ponte

Per chi mi chiede cosa ci sia di bello da guardare sulla televisione svedese, segnalo una serie che mi ha folgorato di recente: una spettacolare coproduzione poliziesca svedo-danese intitolata Bron/Broen (“il ponte”).

Nonostante sia ambientata fra Malmö e Copenaghen, e quindi praticamente a casa mia, l’avevo inizialmente snobbata: mi era capitato di vedere uno spezzone di episodio a serie iniziata e avevo avuto l’impressione di trovarmi di fronte a qualcosa di terribilmente deprimente.
Nulla di più sbagliato! Riscoperta tramite Netflix, e vista dall’inizio, la serie ti cattura da subito con una tensione incredibile, una trama avvincente e grandi personaggi.

Bron

I protagonisti sono tre: una detective svedese fiscale ed asociale (si intuirà in fretta essere colpita dalla sindrome di Asperger), la sua controparte danese (un poliziotto amichevole e umano, ma chiaramente disastroso nella gestione della vita sentimentale) e, ovviamente, il gigantesco e silenzioso ponte di Öresund, che dà il titolo alla serie ed è teatro di molte scene cardine.
La prima stagione è davvero d’alta scuola: pochissimi effetti speciali, nessun imbellimento, suspence e colpi di scena determinanti.
La seconda ha un impatto iniziale minore (e, forse, qualche incongruenza) ma è comunque notevole nel crescendo.
In ogni caso, roba da tenerti inchiodato di fronte allo schermo!

La serie gioca talvolta sugli stereotipi delle differenze fra i rigidi svedesi e i libertini danesi, ma lo fa senza indulgervi, ed anche per questo è estremamente godibile, grazie anche all’ironia di certi dialoghi e situazioni.
In ogni caso, non aspettatevi solarità e lieto fine a tutti i costi.

L’unica cosa poco credibile di Bron è il parlato: non solo non c’è quasi traccia dello skånska, ma svedesi e danesi comunicano nella rispettiva lingua senza mai alcun problema di comprensione (salvo una scenetta nel primo episodio, messa lì per sbarazzarsi della questione).
D’altronde si è trattato praticamente di una scelta obbligata: le alternative sarebbero state di recitare in inglese (scelta fattibile ma poco “nazionale”) o moooooolto lentamente e con continue ripetizioni. Per fortuna ci sono i sottotitoli!

E, a proposito di sottotitoli, la serie è stata trasmessa dalla BBC con il titolo The Bridge, quindi si trova senza problemi con testo inglese.

Bron è talmente bella che gli americani ne hanno fatto un remake, chiamato anch’esso The Bridge e ambientato fra Texas e Messico: non l’ho visto e non ho, in tutta sincerità, troppe intenzioni di farlo; purtroppo sospetto che in Italia sia arrivato quello e non l’originale, ma forse è bene così: l’ottima interpretazione di Sofia Helin e Kim Bodnia risulterebbe probabilmente uccisa dal doppiaggio. Anche inglesi e francesi hanno fatto un remake di Bron, intitolato, con molta fantasia… (The) Tunnel.
Magari nel frattempo sarete fortunati al punto di avere un rifacimento italo-austriaco a titolo Broennero; personalmente, mi tocca aspettare fine 2015 per la terza stagione dell’originale!

Il continente

Mi ha sempre fatto impazzire il fatto che gli svedesi si riferiscano a Copenaghen come “continente”, quando la capitale Danese è posta su un isola, mentre la Svezia è parte di una penisola che, del continente Europeo, fa parte sul serio.

La recente visione di un documentario (in svedese) del 2006 sul dialetto scanico, mi ha permesso di capire veramente il modo di pensare degli Svedesi. Il documentario (purtroppo non ho trovato sottotitoli di alcun tipo) è davvero interessante, e porta avanti una tesi importante per cui il “confine continentale” non sarebbe quello marino dello stretto di Öresund, ma andrebbe invece identificato all’interno del territorio svedese.

Immagine presa dal documentario della tv di stato Svenska dialektmysterier
Immagine presa dal documentario della tv di stato Svenska dialektmysterier

Ci sono alcune differenze fondamentali che, ancora oggi, separano lo Skåne dal resto della Svezia. Le più evidenti sono nella lingua e nell’architettura, ma anche in certe situazioni pubbliche.
Il giornalista autore del servizio fa infatti notare come nei caffè e nelle Konditori del sud si venga talvolta ancora serviti ai tavoli, cosa che gli Svedesi associano allo stile di vita continentale. Nel resto del paese bisogna portarsi da soli cibo, caffè e tazze dal banco o da grosse tavolate appositamente predisposte.
Ed effettivamente, a pensarci, anche la mia pasticceria preferita di Svezia, la suggestiva ed elegante Sundbergs a Stoccolma, è basata sul “self service”.

Sulla lingua ho già fatto qualche accenno in passato: gli svedesi trovano ostico il dialetto skånska, le cui due peculiarità principali sono la erre arrotolata (presente anche nel danese e di origine francese) e i particolari dittonghi (minuto 17:40 del documentario). Questi ultimi sono invece una caratteristica unica condivisa solo con i danesi dell’isola di Bornholm, la sola zona in cui si parla ancora il “danese orientale” che è alla base, appunto, dello skånska.

Ma è con l’architettura che le cose si fanno più interessanti anche per chi non coglie le sfumature del parlato: uno degli elementi simbolo dei panorami svedesi sono infatti le celebri case di legno colorate in Rosso Falun, diffusissime in tutta la nazione. Tutta la nazione tranne lo Skåne.

Da Wikipedia - foto di Susann Schweden. Licenza Creative Common
Da Wikipedia – foto di Susann Schweden.
Licenza Creative Common

Abitazione a Mullhyttan
Abitazione a Mullhyttan

Qui nel sud è infatti molto più tipico il mattone con intelaiatura a traliccio (Korsvirke in svedese), in forme simili a quelle molto diffuse, appunto, nel continente e Inghilterra (le cosiddette “case Tudor”).
Abitazioni di questo tipo sono molto frequenti nelle campagne, ma se ne trovano spesso anche in città, come nel caso di Lilla Torg a Malmö, o di buona parte del centro storico di Ystad.

Case in korsvirke ad Ystad
Case in korsvirke ad Ystad
Da Wikipedia – foto di Jorchr.
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Lilla Torg
Lilla Torg

I motivi di queste differenze sono soprattutto storici e geografici. Lo Skåne apparteneva infatti alla Danimarca fino al 1658, anno in cui, durante una delle molte guerre del periodo, l’esercito Svedese marciò dalla Polonia fino alla Danimarca del sud per poi attraversare (a piedi e cavallo!) i tratti di mare ghiacciato del Piccolo e del Grande Belt, arrivando a sopresa alle porte di Copenaghen. Nonostante le promesse iniziali, secondo cui l’allora Danimarca dell’Est avrebbe conservato lingua e leggi originali, ci fu una spietata assimilazione, con il divieto di parlare danese e il rogo di tutti i testi che non fossero in svedese. Quello che resta di questa operazione di pulizia è, appunto, lo skånska, la versione svedesizzata del vecchio danese dell’est.
Ma anche la geografia ha avuto il suo ruolo: la Scania è situata nella penisola Scandinava, ma è, in realtà, separata dal resto della Svezia da paesaggi aspri e fitte foreste che rendevano piuttosto complicati gli scambi, mentre lo stretto di Öresund poteva, invece, essere percorso agevolmente da imbarcazioni. Insomma, la cultura continentale riusciva ad arrivare piuttosto facilmente a Malmö e dintorni, ma si fermava sulle foreste che separano lo Skåne dal resto della Svezia.

Il giornalista di SVT ha fatto un semplice esperimento: è risalito lungo le campagne da Malmö per cercare il punto in cui le case in korsvirke vengono rimpiazzate da quelle in legno rosso. Lo ha trovato (minuto 21:07) in Örkelljunga, cittadina in cui le due tipologie abitative coesistono.
A fare da controprova, l’area di diffusione dei dittonghi dello svedese del sud coincide, più o meno, con lo stesso territorio.
La conclusione del servizio è quindi che il confine fra il “continente” e un non specificato “non continente” (il “Nord”?) sia da trovare proprio a Örkelljunga e nei paesi che fanno parte della stessa fascia.

Personalmente, non so come reagire a questo tipo di pensiero. Devo dire che il sud è la zona del Regno che ho visitato per prima, e quindi, per me, è quasi naturale associare questo tipo di architettura alla Svezia. Per mia moglie, invece, non è proprio così: sin dalla prima volta che siamo scesi assieme al sud non ha mai mancato di farmi notare come tutto per lei fosse “danese” o, appunto, continentale. Ed, effettivamente, le sensazioni ambientali che ricevi da una città come Lund sono decisamente diverse da quelle che hai da Uppsala, giusto per citare due località paragonabili: lo Skåne è sicuramente il ponte culturale che unisce la Svezia alla Danimarca, così come la Danimarca è il ponte fra il Nord e la Mitteleuropa. Pur con questo assunto, devo dire, però, che trovo davvero difficile pensare che il continente finisca ad Örkelljunga…

Du Gamla, Du Fria

L’inno nazionale svedese ha una doppia particolarità: Du Gamla, Du Fria (“Tu Antico, Tu Libero”) non è riconosciuta ufficialmente come inno e il suo testo, almeno nella versione originale, non è dedicato alla Svezia.

Nonostante sia eseguita pubblicamente in occasioni ufficiali sin dalla fine dell’800, la nationalsång non è citata nè nella carta costituzionale nè nei vari corpi di legge, e non ha mai avuto la legittimazione scritta del parlamento, del governo o della famiglia reale. Semplicemente, non ce n’è bisogno: tutti sanno che l’inno è quello e si ritiene non necessario avere un pezzo di carta che lo dica.

Du Gamla, Du Fria ha radici medievali: la sua melodia deriva infatti da quella di una ballata folkloristica intitolata Kärestans död; nel 1844 l’autore Richard Dybeck scrisse un nuovo testo per quella melodia, testo in cui dichiarava il suo amore per il “nord”. La particolarità dell’inno è proprio qui: Dybeck, che era uno scandinavista (ovvero sostenitore di quel movimento che mirava all’unione politica di Svezia, Norvegia e Danimarca), non parla mai della Svezia, ma si riferisce in maniera generica proprio al nord.

Tu antico, tu libero, tu montuoso Nord
Tu silenzioso, tu bello e ricco di felicità!
Io ti saluto, terra più adorabile del mondo,
Il tuo sole, il tuo cielo, i tuoi prati verdi
Il tuo sole, il tuo cielo, i tuoi prati verdi.

Tu siedi su un trono fatto di memorie di giorni antichi,
Quando il tuo nome volava con onore su tutto il mondo.
Io so che sei e rimarrai ciò che tu eri.
Si, io voglio vivere io voglio morire nel Nord,
Si, io voglio vivere io voglio morire nel Nord.

La nuova canzone, riarrangiata dal compositore Edvin Kallstenius, divenne in breve molto popolare, e ottenne un riconoscimento informale quando il Re Oscar II si alzò durante una sua esecuzione nel 1893.

Il progetto scandinavista fallì definitvamente con la dissoluzione dell’unione con la Norvegia (1905) e da allora sono stati fatti diversi tentativi di rendere Du Gamla, Du Fria un po’ più nazionale: autori differenti hanno creato delle strofe aggiuntive dedicate alla Svezia e la variante che ha avuto più successo è quella di Louise Ahlén (1910). Un successo relativo, però, dato che, nelle occasioni pubbliche, si cantano generalmente solo le prime due strofe originali, quelle dedicate al Nord.

Personalmente, all’inizio avevo un po’ difficoltà a capire questo inno, visto che, ascoltato alle manifestazioni sportive, mi sembrava mancare dell’impatto degli inni più celebri (Russia, Germania, Francia, Inghilterra, USA e persino il discusso Fratelli D’Italia), ma, col tempo, è cresciuto in me e ora mi piace parecchio. Ne apprezzo, in particolare, la versalità della melodia, che può essere eseguita in maniera semplice e sognante (grazie alla sua radice folk) o solenne, senza mai perdere di intensità.

Svezia: finalmente arriva l’Euro!

A lungo pressata dalla Germania, che, nelle scorse settimane, ha presentato una serie di proposte irrifiutabili, la Svezia ha finalmente ceduto, ratificando nelle ore passate il trattato di ingresso nella moneta unica. Neanche la Pasqua è infatti riuscita a fermare trattative febbrili, che hanno visto momenti di grande tensione sfociati poi in una gaudente fumata bianca finale.
La scelta può apparire sorprendente, soprattutto in questo periodo particolare: gli Svedesi sono sempre stati scettici nei confronti dell’Euro e i sondaggi danno ancora adesso un ruolo maggioritario rilevante agli oppositori. Il capo dell’esecutivo Reinfeldt e, con lui, il Parlamento che ha votato compatto (con l’eccezione dei Demokraterna) hanno però al loro arco frecce importanti per giustificare una decisione così impopolare.
Innanzitutto c’è il fatto per cui la Svezia, aderendo all’Unione Europea, aveva sottoscritto un patto per cui, prima o poi, avrebbe abbandonato la Corona in favore della moneta unica. Nessuna data limite è mai stata prevista, ma l’esecutivo conterà sul senso di responsabilità e di lealtà degli Svedesi (cui non piace trasgredire la parola data) per addolcire la pillola: l’adesione all’Euro era infatti necessaria in questo preciso momento per salvare l’intera Unione di fronte a prospettive di disfacimento. Con questo gli Svedesi si potranno, peraltro, certamente compiacere del loro nuovo ruolo di “salvatori” dell’Europa.
Ancora più importante, nel fare questa controversa scelta, si è rivelata però la situazione economica nazionale, parecchio penalizzata da una Corona maledettamente forte che ha messo in ginocchio le esportazioni e l’economia delle regioni di confine, come lo Skåne e il Norrbotten: se, un tempo, era abbastanza comune vedere Danesi che venivano a fare shopping a Malmö, ora sono decisamente di più gli Svedesi che approfittano del cambio favorevole (ricordo che la Danimarca mantiene la sua Corona ma ne ha legato il valore a quello dell’Euro) per godersi lo Strøget di Copenaghen.
Per l’economia svedese, quindi, si prevede una serie di benefici tanto a breve quanto a lungo termine: in particolare, il tasso di ingresso negoziato dal governo con la BCE, decisamente più vantaggioso di quello attuale, porterà ad un immediato recupero di competitività, senza per questo impoverire particolarmente i conti dei cittadini svedesi rispetto a quelli degli altri europei. Secondo le previsioni dell’economista Sur Strömming, capo della task force operativa che coadiuvato il ministro Anders Borg, l’ingresso nella moneta unica porterà, con il rilancio economico, ad un incremento del PIL tale da contrastare positivamente, già nel giro di un anno, gli effetti della svalutazione virtuale.
Ai dubbi sulla tenuta di una moneta unica in grande crisi, si risponde che proprio l’ingresso di un super partner come la Svezia rappresenterà un elemento consolidante decisivo che renderà molto più resistenti le fondamenta comunitarie.

Euro & Sweden

L’altro grande vincitore di questa operazione è, ovviamente, la Germania. L’arrivo della solidità svedese permette a Berlino di lanciare un chiaro segnale ai paesi del Sud Europa: “Non abbiamo più bisogno di voi, ma voi ne avrete sempre più di noi”. È palese, infatti, che con la confluenza della Corona nell’Euro, la valuta europea si rafforza ad un punto da rendere decisamente più tollerabile la perdita di quelle economie devastate che, negli ultimi anni, hanno creato scompiglio nell’Unione. Al tempo stesso, un Euro un po’ meno tedesco e un po’ più Europeo sarà decisamente più allettante per i paesi in crisi, che dovranno ora impegnarsi ancora di più per ottenere quei risultati virtuosi richiesti in maniera incondizionata dalla Troika.
È chiaro, in ogni caso, che, pur ottenendo il risultato prefissato di mettere in stabilità la moneta unica, la Germania e la BCE hanno dovuto sicuramente cedere molto alla Svezia. I dettagli dell’operazione non sono ancora del tutto noti, dal momento che non esiste diretta streaming di certi incontri diplomatici, ma possiamo ipotizzare che Stoccolma abbia chiesto uno spostamento verso nord dell’asse monetario, richiesta che sarà rinforzata dalla (a questo punto molto probabile) conversione totale della Danimarca all’Euro e da un possibile ingresso futuro dell’Islanda. Con questi nuovi scenari, in particolare con una BCE rivista e meno in mano a Berlino, è sicuramente inevitabile chiedersi cosa voglia fare Londra, anche se la risposta non appare per nulla scontata.

In termini pratici, cosa cambierà nei mesi a venire? Le procedure saranno decisamente veloci, segno del fatto che i governi svedesi covavano da tempo un piano di ingresso, lasciato a decantare in attesa del momento giusto. Il grande €-day è previsto per venerdì 21 giugno, per un decisamente simbolico giorno di Midsommarsafton: l’introduzione festiva favorirà un’impatto smorzato, in attesa della riapertura del business del lunedi successivo. Inutile dire che le due valute coesisteranno per un breve lasso di tempo: già il primo ottobre, infatti, la Svezia darà il solenne addio alla Corona, con una grande festa nazionale prevista alla Friends Arena di Stoccolma. Anche il resto sembra già indirizzato sulla strada giusta: già da anni i produttori di distributori automatici, bancomat e compagnia monetante hanno costruito apparati in grado di gestire senza traumi la doppia valuta, e il passaggio vedrà, nel peggiore dei casi, solo dei semplici interventi di manutenzione.
Persino le zecche svedesi si sono dichiarate pronte al compito, e non possiamo che chiederci se si tratti di semplice organizzazione nordica o se tutto fosse già predisposto in attesa del momento giusto.

Fra gli scontenti per il passaggio alla moneta europea dobbiamo sicuramente annoverare il Centro Culturale Astrid Lindgren, dedicato a preservare lo spirito della celebre autrice di Pippi Calzelunghe (e mille altri amatissimi personaggi): alla famosa scrittrice era infatti concesso l’onore di apparire sulla più diffusa delle banconote svedesi, quella da 20 corone, ma il nuovo piano monetario blocca questa operazione. Pare che persino Re Carlo Gustavo, ammiratore della scrittrice, abbia dato la disponibilità a che, su una delle nuove monete, la sua effige sia rimpiazzata da quella della Lindgren. Per questo attendiamo un annuncio ufficiale nelle prossime ore.

Insomma, ha quasi del clamoroso il fatto che quella stessa nazione che, solo un anno fa, sembrava sul punto di abbandonare in toto l’Unione Europea si erga ora a salvatrice della moneta unica. Gli Svedesi, da sempre orgogliosi della propria “autorità morale”, avranno sicuramente di che vantarsi.
D’altronde, per citare le parole dello stesso economista Sur Strömming, “Och den som inte helan tar, han heller inte halvan får… Helan går!”

Studenten

In questi giorni Malmö, come praticamente tutta la Svezia, è travolta dalle celebrazioni per Studenten, ovvero la conquista del diploma di scuola superiore.
Per le strade si riversa una marea di teenager vogliosi di festeggiamenti e di casino, rigorosamente agghindati con la divisa ufficiale di Studenten (cappello e abito bianco per le ragazze, cappello e vestito elegante per i ragazzi) e simpaticamente, e spesso in maniera autoironica, “orgoglioni”.
Dopo l’adunanza iniziale, a cui partecipano anche i genitori (spesso brandendo cartelloni che mostrano i propri “piccoli” quando erano piccoli sul serio), si da il via ai festeggiamenti in giro per la città.

A seconda del budget, ecco quindi scorrazzare auto di lusso o mega camion scoperti pieni di giovani schiamazzanti e a tasso alcolico decisamente elevato (in questo caso guida un genitore o un amico astemio), prima di finire le celebrazioni con una serata fuori ad un party!
Purtroppo le foto che ho scattato, di bassa qualità, non catturano i momenti migliori, spero che possiate accontentarvi comunque. 😀

P.S.: Mi rendo conto di non aver scritto nulla per oltre due mesi, ma un po’ per mancanza di ispirazione, un po’ per impegni vari, mi è risultato difficile concentrarmi sul blog. In ogni caso, sono successe un po’ di cose interessanti su cui vi aggiornerò nelle prossime settimane.


Aggiornamento del 2 luglio: nel fine settimana me li sono ritrovati tali e quali anche a Copenaghen. Le ultime due foto della galleria qui sopra vengono dalla capitale danese.