Sceneggiate

Premesso, sono da qualche decennio un lettore di Repubblica, un tempo della versione cartacea, poi di quella web. Sono anche da tempo abbonato pagante di REP.

Posso dire senza problemi che Repubblica è il primo giornale italiano che leggo quando ho un attimo di tempo, e quello che leggo più spesso.

Proprio per questo motivo, per il mio essere un affezionato cliente pagante, mi aspetto che il giornale che acquisto rispetti gli standard di quella che dovrebbe essere la missione sacra del giornalismo: la ricerca della Verità.

Nel caso della copertura della gestione svedese della crisi da covid-19, questa ricerca non c’è stata: sono stati pubblicati articoli che hanno disinformato, con notizie false e dati incorretti, e la sensazione di una totale mancanza di oggettività da parte di chi li ha scritti.

Probabilmente Repubblica non è stata la sola ad agire così: se me la sono presa con loro, e non con altri giornali, è perché quegli altri giornali li leggo molto meno spesso, e quindi noto meno certi errori.

Fatto sta, che la situazione non poteva non saltare all’occhio, ed ora ha iniziato a fare scalpore.

In Svezia, la giornalista Jennifer Wegerup ha attaccato su Expressen i servizi della stampa italiana, Repubblica e Corriere in primis. I due quotidiano vengono descritti, in generale, come esempi di buon giornalismo, ma non in questo caso specifico.

Voglio essere chiara, io non prendo posizione contro o a favore della linea svedese di questa crisi. Ce l’ho invece con il giornalismo di parte e menzognero.

In una prospettiva più grande è importante in questo momento il fatto che noi giornalisti dei media tradizionali abbiamo una responsabilità molto più grande. Dobbiamo avere un atteggiamento critico sì, ma obiettivo, in un’epoca in cui le bufale abbondano. E non si tratta più solo di agenti solitari, ma di forze più grandi che vogliono destabilizzarci e creare divisioni fra le nazioni.

L’atteggiamento di certa stampa è stato notato anche nello stivale da parte di Giap, che ha pubblicato un pezzo a titolo Gli eretici di Stoccolma. Come e perché la stampa italiana disinforma su Svezia e coronavirus. Se pure non mi sento di condividere con certezza le conclusioni finali, i fatti riportati sono comunque corretti.

Infine l’ambasciata. Sì, si è dovuta scomodare persino l’ambasciata di Svezia in Italia che ha dovuto critica Repubblica e Corriere con questo comunicato su Facebook:

Come l’ha presa l’eroe di Repubblica che ha scritto i pezzi incriminati?

Lo ha fatto attaccando la sua collega svedese (“filogovernativa”), l’ambasciata svedese (“verità ufficiali di odore sovietico”) e tutti gli italiani in Svezia che gli hanno fatto notare l’inaccuratezza dei suoi post (“non ebbi paura in prigioni comuniste a Praga nè a Bucarest sotto i cecchini della Securitate, voi e le verità ufficiali svedesi non mi fate paura”) e sempre ripetendo ad nauseam il mantra “Repubblica fa informazione, le parole di Löfven sono state riportate in maniera corretta”.

Talmente corretta, che, alla faccia del presunto “Mea Culpa” ieri Löfven ha ribadito il suo supporto alla strategia svedese: “sta tenendo”.

Marcus Birro e Mehmet Kaplan: di pranzi e cene

L'articolo di Aftondbladet che raccontò dell'incidente diplomatico fra Birro, allora scrittore di Expressen, e l'ambasciata italiana.
L’articolo di Aftondbladet che raccontò dell’incidente diplomatico fra Birro, allora scrittore del diffuso tabloid Expressen, e l’ambasciata italiana.

Marcus Birro è un giornalista e scrittore italo-svedese. Autore di popolari libri e serie tv, grande appassionato ed esperto di calcio, è noto pure per non avere paura ad esporsi anche in maniera non sempre diplomatica.
Nel 2012, un suo articolo su Expressen, in cui affermava che i politici italiani sono tutti in qualche modo collusi con la mafia, causa un piccolo incidente diplomatico con l’Italia, che coinvolge anche l’allora ambasciatore Stefano Persiani (che alla fine dovrà scusarsi con Birro per avere reagito in maniera esagerata). Ma i veri problemi iniziano nel novembre 2014, a seguito di un podacast pubblicato sul sito di estrema destra Exponerat in cui Marcus si permette, cosa che nella politically correct Svezia è quasi un tabu, di criticare l’islam. Birro viene immediatamente crocifisso da gran parte della rete, minacciato di morte, e finisce con il perdere il posto ad Expressen, ufficialmente per avere criticato il quotidiano. Poco meno di un paio di mesi dopo, il secondo evento di questa storia: per dimostrare di avere fatto bene a cacciare Birro, Expressen pubblica una notizia “sconvolgente”. Il giornalista viene pescato in un “pranzo segreto” assieme a due rappresentanti di Sverige Demokraterna, il partito di “estrema destra” (in realtà, come dico spesso, su posizioni ufficiali più moderate rispetto a quelle di un Salvini qualunque). E poco importa che il pranzo sia avvenuto assolutamente alla luce del sole in un ristorante frequentato da giornalisti e politici della città vecchia: per molti questa riunione “segreta” è solo la conferma del razzismo di Marcus, che ora perde anche il posto di redattore del blog dedicato al calcio italiano “Solo Calcio” e diventa un “paria” rinnegato da molti amici e colleghi. Reazione esagerata? A mio avviso nella maniera più assoluta: pur avendo opinioni politiche diverse, trovo che Birro sia tutto fuorché un esagitato estremista o razzista.

Ma andiamo oltre.

Mehmet Kaplan è il Ministro dello Sviluppo Urbano.  È il primo ministro svedese ad essere un musulmano praticante, è stato il leader e fondatore di più associazioni musulmane ed appartiene al partito dei Verdi, al governo dalle elezioni del 2014. Kaplan è una figura controversa: poco prima di diventare ministro afferma che i jihadisti che vanno a combattere in Siria sono come gli Svedesi che andarono a combattere in Finlandia durante la Guerra d’Inverno (dirà poi di essere stato frainteso e di avere scelto male le proprie parole). Molte delle critiche che gli arrivano addosso, però, non giungono dalla destra, ma anche dalle comunità di immigrati e dai suoi alleati di governo. Per i kurdi, gli armeni e anche per molti turchi progressisti, Kaplan è nulla più che un lacchè del presidente turco Erdoğan e la chiave di grimaldello per fare affermare la sua politica anche in Europa, nonché un islamista in maschera. Fra i detrattori di Kaplan, c’è ad esempio l’ex parlamentare socialdemocratica Nalin Pekgul, che non ha esitazioni ad utilizzare il termine “islamista”. Per gli estimatori, come il responsabile dei Verdi, Gustav Fridolin, invece, Kaplan è un democratico, progressista e femminista, una persona di cui fidarsi.

Keplen con la moglie. Foto ddi Johan Fredriksson, pubblicata su Wikimedia su licenza Creative Common
Keplen con la moglie.
Foto di Johan Fredriksson, pubblicata su Wikimedia con licenza Creative Common

Ma per Kaplan è un momento difficile: il 14 aprile Aftonbladet ha pubblicato le foto di una cena di fine Ramadan in cui il ministro si è ritrovato a sedere a fianco di persone decisamente scomode, come esponenti dei Lupi Grigi turchi, un gruppo responsabile di atti di terrorismo, e con Barbaros Leylani: un tipino per bene noto per avere tenuto comizi in Sergels Torg (la piazza principale di Stoccolma) in cui invitava i turchi a svegliarsi e uccidere “quei cani degli armeni”. Kaplan, si è appurato, ha anche incontrato a più riprese gli esponenti dell’organizzazione di estrema destra Milli Görüs, un gruppo islamico-fascista con base in Turchia.

Inutile dire che queste situazioni hanno fatto scalpore, scuotendo non poco quella stessa maggioranza in cui crescono i malumori verso il ministro. Kaplan si è difeso dicendo che alla cena è stato invitato, e che non poteva sapere chi sarebbero stati gli altri ospiti, mentre deve essere “tollerante” nei confronti di Milli Görüs in quanto rappresentanti di una parte della minoranza turca in Svezia. Nonostante le polemiche (esterne ed interne alla maggioranza), Fridolin resta deciso nel difendere Kaplan. In queste ore, però, sempre più elementi oscuri emergono dal passato del ministro, incluso un discorso del 2009 in cui paragonava Israele ai nazisti (cosa che ha immediatamente fatto scattare le proteste dell’ambasciatore israeliano). Kaplan resta per ora al suo posto, ma in un paese in cui ci si dimette per scandali molto minori, il sospetto è che abbia i giorni contati.

Fra le voci più forti nel chiedere le dimissioni c’è, ovviamente, quella di Marcus Birro, che si chiede apertamente se Kaplan sarà punito in maniera tanto dura quanto lo è stato lui, che ha perso amici e lavoro per un pranzo con rappresentanti di uno dei partiti più votati di Svezia.
Per Stefan Löfven una Kobayashi Maru senza via di uscita. Se, come è lecito attendersi, Kaplan perderà il posto, sarà un’ulteriore porta che si chiuderà nei confronti di quella comunità islamica che, come sempre, ritiene di non avere alcuna reale possibilità di integrazione nella società svedese. Ma permettere al ministro di continuare sarebbe, chiaramente, una follia.

AGGIORNAMENTO: In una conferenza stampa del 18 aprile, ore 12:30, Stefan Löfven ha annunciato le dimissioni di Kaplan.

 

L’Accordo di Dicembre: niente elezioni a Marzo!

Come scritto poche settimane fa, il 29 dicembre ci sarebbe stato, da parte del primo ministro Stefan Löfven, l’annuncio ufficiale dello scioglimento delle camere, per indire, per la prima volta in cinquant’anni, delle elezioni anticipate.

Invece, non se ne farà nulla.

In questi giorni, i due grandi blocchi (i Rossoverdi e l’Alleanza) hanno infatti tenuto fitti colloqui per risolvere la crisi. In una grande conferenza che ha riunito tutti i partiti del parlamento, esclusi Sverigedemokraterna e la Sinistra, è stato appena annunciato quello che è stato definito come Decemberöverenskommelsen, l’Accordo di Dicembre.

Questo accordo porterà a questa situazione:

  • i due gruppi non si pesteranno i piedi: in primavera ci sarà una nuova votazione sul budget, e l’Alleanza si asterrà. La cosa permetterà al budget di centrosinistra di passare.
  • ci sarà un cambio delle regole. Dal momento che, con l’ingresso in Parlamento dell’estrema destra, il sistema proporzionale puro non garantisce più governabilità, si troverà un sistema per permettere ad un governo di minoranza di poter durare.

L’accordo è stato accolto con molta soddisfazione dalle due parti e, con più moderazione, anche dalla Sinistra, che appoggerà il nuovo budget primaverile.
Meno contenti, ovviamente, i Demokraterna, che hanno annunciato una mozione di sfiducia verso il governo. Inutile dire che non passerà.

Cosa c’è dietro quello che in Italia verrebbe chiamato “inciucio”? L’aspetto fondamentale è quello della governabilità: gli svedesi hanno sempre voluto (e avuto) una situazione di stabilità. Qui è praticamente un dogma: si accetta la vittoria degli altri, si protesta, ma li si lascia governare, nel rispetto delle regole democratiche.
Più realisticamente, c’è poi la paura che i Demokraterna continuino a fare il pieno di voti, confermandosi forza di ricatto che possa pregiudicare il governo di ciascuna delle due parti.
I due grandi blocchi hanno annunciato di avere trovato un accordo sulle politiche dell’immigrazione, ed è da vedere se questo contribuirà a ridurre il successo dell’estrema destra.
Ne riparleremo, però, fra quattro anni.

Non poteva durare

Come previsto, il neonato governo minoritario di centro sinistra, non è durato e, per la prima volta in cinquant’anni la Svezia andrà incontro a delle rielezioni lampo.

Cosa è successo? Prima di tutto bisogna capire come funziona il sistema del budget di governo. Semplificando di molto le cose, alla fine di ogni anno le differenti forze politiche propongono il loro budget per l’anno a venire, che stabilisce quanto soldi verranno stanziati e, in linea di massima, in quali campi. Una cosa simile alla Finanziaria italiana, con la differenza fondamentale che ogni coalizione propone la sua.

Il sistema svedese, basato su un proporzionale con sbarramento, funzionava bene finché i grandi gruppi erano due ma, ora che sono tre (con gli Sverigedemokraterna a fare da ago della bilancia), tutto è diventato molto più instabile.
E, quello che è successo è questo: il partito di estrema destra ha “violato” la regola non scritta per cui una forza politica o vota il budget della propria colizione o si astiene. Dando il loro appoggio al budget dell’Alleanza di centrodestra, che diventa così maggioritario, hanno messo nei guai il governo socialdemocratico.

Löfven, si è ritrovato di fronte a scelte difficili: governare per come possibile con gli stanziamenti decisi dall’opposizione; rielaborare profondamente la propria proposta per renderla appetibile anche ad alcune forze di centrodestra in una sorta di Große Koalition alla tedesca o (orrore!) negoziare con gli Sverigedemokraterna. Vista la forte convinzione nella necessità di fare riforme che rinforzino il welfare, ha deciso invece di rischiare il tutto per tutto e provare a conquistare una maggioranza più solida a marzo, facendo cadere il parlamento (come da sua prerogativa). Il 29 dicembre ci dovrebbe essere l’annuncio ufficiale delle nuove elezioni.

Inutile dire che, come in tutte le situazioni simili, è partito il prevedibile teatrino delle accuse: l’Alleanza è stata accusata di irresponsabilità di fronte ad una situazione difficile che pregiudicherà la stabilità del paese; i Demokraterna di essere i soliti razzisti che badano solo a quello che interessa a loro; Löfven stesso (un sindacalista con poca esperienza politica ad alto livello) di essere un intransigente purista che ha rotto ogni dialogo con l’opposizione; SD dice che non si asterrà mai di fronte ad un governo che comprenda anche i Verdi e che non faccia abbastanza sforzi per ridurre i costi dell’immigrazione.

Ma che senso ha la scelta di Löfven? E se a marzo si presenterà lo stesso scenario? Löfven spera di no, per una serie di motivi.
Da un lato conta nel fatto che gli svedesi ritengano le proposte dei socialdemocratici effettivamente necessarie; dall’altro conta di un indebolimento dei Demokraterna, tacciati come forza irresponsabile (in Svezia le crisi di governo sono una cosa seria), e privi del loro leader carismatico Jimmie Åkesson, al momento fuori dalla vita politica a causa di un esaurimento nervoso. Il suo vicario, il più rude, Mattias Karlsson potrebbe non avere la stessa capacità di convincere gli elettori meno estremisti.
Una scommessa all’insegna del purismo, quindi: se pagherà è tutto da vedere!