Di identità digitale: SPID, BankID e Freja

In qualità di iscritto all’AIRE, e comunque con situazioni diverse in Italia, mi sono ritrovato ad utilizzare più volte lo SPID, il sistema di identità digitale italiano. Personalmente, devo dire di averlo trovato un po’ macchinoso e con un’interfaccia non particolarmente riuscita (probabilmente dipende anche dal fornitore scelto), ma comunque estremamente utile.
Da qualche tempo leggo affermazioni stupefacenti di rappresentanti del governo che parlano di “spegnere” lo SPID e sostituirlo con l’autenticazione tramite carta d’identità. Leggo anche gli sproloqui deliranti dei soliti deficienti complottari che, senza neanche capire cosa sia lo SPID, lo descrivono come uno strumento di controllo governativo, uno dei tanti mali della società moderna alla pari del 5G, il green pass, i vaccini e le scie chimiche.

In Svezia, invece, utilizziamo da anni il BankID. Ma lo utilizziamo davvero, e lo utilizziamo per tutto. Nato come sistema di autenticazione per le banche nel 2003 (originariamente come sistema crittografico per PC e Mac), è letteralmente esploso a partire dal 2011 quando è stata sviluppata l’app per cellulare. Quando dico che lo utilizziamo per tutto non scherzo: dalla pubblica amministrazione, alle Poste, ai supermercati, a qualunque sito che venda prodotti online… è difficile trovare qualcuno che non adotti BankID come fornitore di identità digitale. Posso utilizzarlo per autenticarmi preventivamente sull’app delle post per andare a ritirare un pacchetto o una raccomandata (dovrò solo far vedere il codice QR per ritirarlo), per guardare il mio resoconto sanitario, per accedere al sito della banca, per trasferire soldi in maniera istantanea a qualcun altro tramite il sistema Swish… posso persino utilizzarlo per entrare dentro al supermercato in orario notturno, quando non c’è personale, e fare la spesa autonomamente. L’interfaccia è semplicissima (si può anche integrare con il sistema biometrico del cellulare, facilitando l’autenticazione) ed estremamente pratica: BankID è usato senza grossi problemi quotidianamente anche da molte persone anziane.

La notizia di questi giorni, e che sull’app del BankID si può ora anche avere anche la carta d’identità in formato digitale.
Io sono fra quelli che è molto felice della cosa: già adesso utilizzo pochissimo carte e tesserini di ogni tipo, facendo quasi tutto (incluso pagare) col cellulare o lo smartwatch. Ora eviterò di tirare fuori il documento, cercandolo fra le varie altre carte, anche per quelle poche occasioni in cui ancora dovevo farlo, come per una visita medica o controlli casuali per l’acquisto di beni (come alcool o energy drink) che richiedono la maggiore età. Si è parlato anche della digitalizzazione della patente, ma non ci siamo ancora, e in questo caso altri paesi (come Danimarca e Finlandia) sono arrivati prima di noi.

La Polizia stessa si augura che prenda sempre piede la carta d’identità informatica, in quanto più sicura e più difficilmente falsificabile rispetto al documento fisico.

Foto presa dal sito del BankId © 2023 Finansiell ID-Teknik BID AB

Sia chiaro: anche il BankID non è esente da critiche. Ad esempio, il fatto che sia nato in ambito bancario, lo rende esposto alle obiezioni di chi vorrebbe un sistema non legato al mondo finanziario. Anche per questo, sotto l’egida di un’azienda informatica svedese, è nata Freja eId, una meno nota alternativa che viene riconosciuta dalla pubblica amministrazione e che comunque sta prendendo sempre più piede anche nel settore privato. Fra le altre cose, Freja ha battuto BankID nella creazione di una carta d’identità digitale (al momento accettata da una dozzina di aziende, fra cui le poste e DHL)!

La carta d’identità di Freja
© 2023 Freja eID Group AB

Per me questa conversione al digitale è assolutamente comoda ed auspicabile, e le notizie neoluddiste che arrivano dall’Italia mi lasciano sempre più perplesso. Come sia possibile pensare di sostituire un sistema avanzato con uno decisamente più primitivo (qui avevamo l’autenticazione tramite carta d’identità elettronica già nel 2009 quando sono arrivato) è una di quelle cose che mi lasciano senza parole. Per noi italiani all’estero, poi, la cosa è ancora più comica: per chi vive lontano dalle grandi sedi consolari, la carta d’identità elettronica è una chimera.

Sperando che il buon senso prevalga e vadano avanti i progetti di integrazione europea per un sistema di identificazione digitale comune a tutti i cittadini dell’Unione!

Di elezioni, mancate (?) elezioni e atti di guerra

Come preannunciato qualche giorno fa, torno ad avere un ruolo più attivo sul blog, cominciando con un piccolo riassunto di alcune cose importanti di questi giorni.

Con colpevole ritardo, vi racconto della mia prima esperienza come elettore svedese con cittadinanza. Per la prima volta, infatti, lo scorso settembre ho potuto votare non solo per le amministrative, ma anche per il Parlamento.
Rispetto a quanto scritto in passato per altre consultazioni, è cambiata solo una cosa: ho votato in anticipo. In Svezia, infatti, è possibile decidere di andare a votare per parecchi giorni, prima del giorno effettivo delle elezioni. Il mio voto è avvenuto il 12 settembre, nel centro commerciale di Caroli. L’unica differenza rispetto al passato (vedi anche il mio primo post sulle elezioni) è appunto questa: per il resto, assolutamente uguali il senso di informalità e apparente mancanza di segretezza (ho persino espresso il voto in una cabina senza tendina, perché non avevo voglia di aspettare che se ne liberasse un’altra).
Del risultato, forse avrete saputo: dopo otto anni di centrodestra, hanno vinto i Socialdemocratici, ma con una maggioranza decisamente minore rispetto alle europee di primavera. Il primo passo è stato di scaricare i compagni del Partito della Sinistra per formare un governo (di minoranza, come il precedente) con i soli Verdi, più flessibile e disposto a negoziare con i partiti di centro.
I veri protagonisti delle elezioni sono, però, i soliti Sverigedemokraterna, ormai divenuti il terzo partito di Svezia. Questa vittoria sembra però essere costata cara a Jimmie Åkesson, che pochi giorni fa si è sospeso a tempo indeterminato dalla guida del partito per via di un esaurimento nervoso.
Per il nuovo primo ministro Stefan Löfven si preannunciano però tempi duri: mentre il suo predecessore Reinfeldt aveva potuto contare spesso sull’appoggio esterno di Sverigedemokraterna, per lui non sarà così.

Decisamente più sfortunata, a quanto pare, l’esperienza elettorale italiana legata ai Comites. Questi ultimi, originariamente istituiti a metà anni ’80, sono un’istituzione che ha assunto via via un’importanza sempre maggiore a seguito dei tagli sulle spese di rappresentanza consolare e allo smantellamento di buona parte dei consolati. In pratica, un modo del governo per risparmiare, affidando a cittadini non retribuiti il compito di fare da intermediario fra gli altri cittadini e i consolati. Il problema è che la procedura per costituire una lista per le elezioni dei comitati ha dell’assurdo, se pensiamo che siano nel 2014. In pratica, cento persone devono firmare di fronte al console o suo rappresentare sottoscrivendo la lista di candidati. Ora, viste le questioni geografiche, la scarsa disponibilità dei consoli e la poca informazione, questa impresa è parecchio difficile, e il risultato è che la FAIS ha dovuto rinunciare a presentare la sua lista. Non so, a questo punto, se qualcun altro riuscirà a farlo: in assenza di liste non si tengono le elezioni, ed ecco che gli Italiani in Svezia finirebbero col non avere un loro comitato di cittadini.
Oltre al danno (una rete consolare pessima), la beffa.

Infine, chiudiamo con la grande notizia di questi giorni. L’esigua Marina Militare svedese è interamente impiegata da venerdì pomeriggio in una grande operazione di intercettazione fra i fiordi dell’arcipelago di Stoccolma. Pare che una “potenza straniera” abbia infatti inviato dei sottomarini a fare operazioni nei fondali svedesi. Forse una semplice provocazione, forse un intervento per rimpiazzare, aggiornare o riparare le armi e dispositivi di spionaggio che si sospetta essere segretamente installati dai tempi della guerra fredda. Una delle cose degne di nota è il codice deontologico della stampa: dato che non c’è una conferma ufficiale, anche se è chiaro a tutti di chi si tratti, il nome della “potenza straniera” non viene quasi mai riportato apertamente, se non con trucchetti vari (del tipo “i giornali russi non fanno nome della Russia negli articoli sulla caccia al sottomarino”). Dopo diverse provocazioni coi caccia e addirittura una simulazione di attacco nucleare, pare che lo Zar ci stia prendendo gusto e, sicuramente, nei prossimi mesi si riaccenderà il dibattito fra la minoranza che vorrebbe la Svezia nella NATO e chi spinge per ricostruire un esercito e una marina degne di questo nome.

Da DN.se
Da DN.se

Tecnologia consolare

Ieri ho mandato una mail all’indirizzo della Cancelleria Consolare di Stoccolma.
Mi è tornata indietro con questo errore:

Delivery has failed to these recipients or distribution lists:

consulate.stockholm@esteri.it
The recipient’s mailbox is full and can’t accept messages now. Microsoft Exchange will not try to redeliver this message for you. Please try resending this message later, or contact the recipient directly.

Ho riportato la cosa con una battuta sul gruppo Facebook Italiani in Svezia e mi hanno segnalato (grazie Marco!) che è così almeno dal 16 giugno.

Insomma: la casella di posta di un importate consolato è irraggiungibile da almeno due mesi perché è piena.
E nessuno la svuota.

Il Consolato d’Italia a Malmö

Momento MagicoIn seguito ad eventi che non vi sto a spiegare (anche perché non li ho capiti appieno pure io :-P), il Consolato Italiano a Malmö si è appena trasferito all’interno dei locali di una piccola boutique dal nome Italiano e dall’iconografia Francese, dedicata in particolare a vendere articoli da regalo d’ispirazione mediterranea.
Insomma, se avete bisogno di sbrigare pratiche burocratiche a Malmö, date un’occhiata in giro. 😉

Auto = Bil

Fino a ieri, Malmö è stata graziata per una settimana abbondante da quella che, da queste parti, si chiama brittsommar, l’equivalente (anticipato di un mese abbondante) della nostra Estate di San Martino. In pratica, per un po’ di giorni, abbiamo potuto mettere da parte giacchette e camicie e tornare a girare in maniche corte. La pacchia sembra però finita, e la pioggia e la foschia di questa mattina non mettevano certo di buon umore, anche se poi la situazione si è parzialmente risistemata.

Il bel tempo, mi ha portato ieri a completare un’operazione che avevo lasciato in sospeso per qualche settimana, un po’ per pigrizia un po’ perché avevo bisogno di mettermi a trovare un’assicurazione: la “svedesizzazione” dell’auto.
Come qualcuno ricorderà, qualche mese fa avevo fatto richiesta di reimmatricolazione dell’auto: dopo avere pagato una tassa, mi è stato fissato un appuntamento per i primi di settembre presso un’autofficina.
Dato che quel giorno lavoravo, mia moglie si è occupata di portare la macchina per me: tutto è andato liscio, a parte il fatto che l’officina ci ha fatto pagare, e neanche poco, il controllo, mentre noi eravamo convinti che il costo fosse già coperto dalle tasse pagate.

In ogni caso le targhe nuove sono arrivate in tempi brevi assieme al libretto di circolazione svedese. Prima di montarle, ho però dovuto procedere a trovare un’assicurazione temporanea (a giorni mi arriveranno a casa le condizioni, avrò due settimane per disdirla nel caso non mi soddisfino), dato che quella italiana non sarebbe più valida.
Ieri abbiamo proceduto all’operazione di sostituzione vera e propria che, un po’ perchè non avevamo gli attrezzi giusti, un po’ perchè le vecchie viti erano completamente arrugginite, ha richieso molto più tempo del previsto. Comunque, ora l’operazione è conclusa, e la mia Ypsilon mostra orgogliosa la nuova targa con la piccola S bianca in campo blu.

Più complicata la questione della restituzione delle targhe italiane…
In pratica devo rispedire all’ambasciata italiana il certificato di proprietà (o foglio complementare che dir si voglia), le targhe vecchie e la ricevuta della tassa di radiazione.
Il problema è che, per un eccesso di zelo mio, avevo spedito il primo in versione originale al Transportstyrelsen, al momento di fare la richiesta di immatricolazione. Un paio di settimane fa li ho chiamati per chiedere se potessero farmelo riavere e la risposta è stata sorprendente: “certo, lo spediamo oggi stesso!”.
Quando, però, non finisci mai di stupirti di certe cose, ecco il pasticcio, per colpa delle solitamente impeccabili Poste svedesi. La lettera è stata spedita al mio indirizzo di Väsby, ma… invece di essere inoltrata all’attuale residenza di Malmö (servizio che pago), è finita all’abitazione estiva di alcuni miei vicini di Väsby, addirittura nell’isola di Öland! Loro, che gentilmente mi hanno contattato in mail, dicono di avere provveduto a farmela riavere, fatto sta che sono passati dieci giorni e non ce n’è ancora traccia…

Carte d’identità e Referendum

Dato che la mia carta d’identità italiana è scaduta a gennaio, ho provveduto adesso a rinnovarla, presso il solito prefabbricato verde dell’Ambasciata. Dopo qualche settimana ho avuto finalmente conferma che il mio documento era pronto.
La prima considerazione è di tipo generale: avrei potuto prolungare gratuitamente la durata della vecchia carta (da 5 a 10 anni), ma sinceramente non mi è sembrato il caso. In pratica mi avrebbero dato un fogliettino aggiuntivo, che avrei dovuto portarmi dietro assieme al vecchio documento. Per 92 corone ho preferito quindi avere una nuova carta, piuttosto che un’aberrazione simile. Inoltre volevo un documento che indicasse chiaro e tondo il mio status di residente all’estero iscritto all’AIRE, per godere di quelle pochissime agevolazioni che ne conseguono.

Anche qui la cosa ha del ridicolo: nel maggio 2011 la moderna Italia del G8 rilascia ancora carte d’identità solo in formato cartaceo. Scomode da portare in giro, fragili e persino insicure (vedi la foto “spillata” sul documento).
Per intenderci: la mia carta d’identità svedese, rilasciata da Skatteverket, è un tesserino modello bancomat, molto comodo, utilizzabile per il riconoscimento elettronico online e che mi permetterebbe quindi, fra le altre cose, anche di fare la dichiarazione dei redditi (ne avessi uno) da casa.
C’è da dire che la legislazione sulle carte d’identità in Svezia è molto diversa da quella italiana: innanzitutto non è obbligatorio avere il documento, inoltre le carte rilasciate da vari enti pubblici (come Skatteverket) o banche (anche loro hanno l’autorità per farlo e anche quelle sono valide per il riconoscimento online) non sono valide per l’espatrio (se non per i paesi del Consiglio Nordico). Molti svedesi, quindi, non hanno proprio la carta d’identità, e si limitano ad utilizzare la patente ed il passaporto. Fanno ovviamente eccezione i giovani che ancora la patente non ce l’hanno, e che hanno bisogno della legitimation per entrare in pub e locali o comprare alcool. Anzi, non sono in pochi ad avere un documento falso, per poter mentire al riguardo dell’età.

A partire dal 2005, esiste anche una Nationellt identitetskort, rilasciata dalla Polizia esclusivamente ai cittadini svedesi che vogliano averla, del tutto equivalente alla nostra. Il formato, è, ovviamente, quello del tesserino con chip.

La mia nuova carta d’identità italiana è quindi una normalissima carta vecchia stampo, anche se ha qualche caratteristica particolare. Invece di riportare, sul fronte, l’indicazione “COMVNE DI”, c’è invece l’indicazione “Ufficio Consolare” (seguito da “Ambasciata Stoccolma”). Sul retro, oltre alla scadenza, è riportato che sono iscritto all’A.I.R.E. di Milano.
Questa è stata una sorpresa: avevo infatti richiesto di essere spostato sull’A.I.R.E. di Genova, e, durante la mia ultima visita all’Ambasciata mi era stato detto che il trasferimento era risolto con successo. Invece, adesso, non c’è traccia della mia pratica e non mi hanno saputo dire nulla di se e quando questa andrà a buon fine.

Già che ero lì, ho chiesto un’informazione importante: come funzionano le cose per poter votare ai referendum di giugno. La risposta è stata una non risposta: mi è stato chiesto da quanto sono iscritto all’A.I.R.E. (“da dicembre”), e, a quel punto, mi è stato detto che, sì, probabilmente dovrei ricevere tutto a casa per votare a distanza, ma che non c’è nulla di certo al riguardo.
In pratica non so, al momento, se potrò votare o meno per i referendum (perdendo quindi eventualmente un diritto fondamentale), non so se la pratica per il trasferimento influirà sulla cosa e non so, addirittura, se proprio esista una pratica per il trasferimento.
A questo punto dovrò chiamare l’A.I.R.E. di Milano per sapere se e quando mi spediranno il materiale per votare, e rimandare la documentazione per il trasferimento dopo il referendum stesso (giusto per non rischiare).